La costruzione europea si sta sfasciando, perché da un lato aumentano enormemente i debiti italiani, ma dall’altro lato l’Italia non può accettare di essere punita e frenata come sprecona, perché i suoi debiti non derivano affatto da sprechi, bensì dalla fuga delle proprie imprese verso gli altri Paesi (fra cui quelli che ci sgridano) dove il costo dell’energia è troppo inferiore al nostro: senza che questo gli italiani lo sappiano, e tanto meno sappiano che è proibito proprio dai Trattati europei. Il giornalista che per questa rimozione era citato nell’articolo non era un’eccezione, ma la regola. Per verificare sin dove arriva questo nostro blocco, possiamo controllare l’italiano spinto più avanti di tutti nella conoscenza delle regole europee, come presidente della Commissione, e pure supportato da un’ottima agenzia specifica: Romano Prodi.

Verifichiamolo dove si impegna a descrivere proprio il futuro dell’Europa, nella sua Lectio Magistralis al Cnel. Possiamo vedere quanto vi si accalora esaltando magnificamente la nostra visione italiana dell’Europa. Però, sin dal suo inizio, vi troviamo la stessa gravissima rimozione già denunziata nell’articolo citato. Anche Prodi, come gli altri italiani, non ricorda assolutamente uno degli accordi fondativi che, come condizione per poter eliminare le barriere economiche fra gli Stati membri, preliminarmente escludevano divergenze eccessive fra i rispettivi costi dell’energia: il primo, firmato nel 1951 a Parigi per valere mezzo secolo, armonizzava il costo di quella da carbone; il secondo, firmato a Roma nel 1957 senza scadenze, cioè tuttora vigente, doveva armonizzare il costo dell’energia da nucleare, che tutti i Paesi si impegnavano a sviluppare potentemente ciascuno, nessuno escluso, condividendo tutti insieme le relative informazioni, come condizione ineludibile per essere membri.

Prodi invece, proprio come l’articolo de Il Fatto quotidiano ripreso nell’articolo sopra citato, ricorda sì il primo, cioè “gli accordi di collaborazione economica che portarono alla formazione della Ceca, la Comunità del carbone e dell’acciaio”, ma rimuove totalmente il secondo. Anzi, persino del primo rimuove l’evitamento del privilegio energetico, limitandolo al blocco del vecchio duello armato tra Francia e Germania per il possesso di Alsazia e Lorena, le due regioni ricche di carbone e acciaio, come tentazioni del predominio militare! Vedere per credere: “Oggi fa sorridere pensare al carbone e all’acciaio, non c’è quasi più una miniera di carbone in tutta l’Europa! Ma durante la seconda guerra mondiale carbone e acciaio erano state le risorse più preziose per la produzione di armamenti. L’averne posto sotto un controllo sovranazionale le industrie produsse i primi grandi cambiamenti, i primi risultati.

Improvvisamente un continente devastato cominciava a camminare insieme e via via a fare anche progressi: denominatore comune restava la volontà di impedire che l’Europa si riarmasse”. A parte che Prodi qui risulta ignorare che la parziale chiusura delle centrali nucleari tedesche è stata sinora sostituita proprio dall’aumento massiccio di quelle a carbone del peggior tipo, brown coal, lignite, spesso accoppiate a quelle nucleari per usare gli stessi elettrodotti; comunque, Jean Monnet chiamò gli altri Paesi membri a condividere l’accesso libero a carbone e acciaio come premessa per l’eliminazione di tutte le altre barriere alla “comunità economica”, esplicitamente già menzionata come tale nell’accordo di Parigi; citando testualmente: “Si realizzerà così in modo semplice e rapido la fusione di interessi indispensabili allo stabilirsi di una comunità economica”.

Partendo da questa rimozione, la Lectio Magistralis di Prodi evita di passare per i Trattati di Roma-1957, che costituiscono in coppia inscindibile la Cee, Comunità economica europea nonché la Ceea, Comunità europea dell’energia atomica (detta Euratom), coppia poi fusa dal Trattato dell’8 aprile 1965 che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee, noto come “Trattato di fusione” cioè dell’unificazione delle istituzioni prima solo complementari. Come se invece il Trattato Euratom fosse abortito sin dalla nascita, o addirittura mai concepito, Prodi lo ignora totalmente, e dalla Ceca salta direttamente a Maastricht-1992: “Dopo molti anni dalla Ceca, a partire dalle disposizioni del Trattato di Maastricht del 1992 si cominciò a pensare alla moneta unica”. È ora di far notare a Prodi, magari anche attraverso sua moglie docente in materie affini, la micidiale correlazione fra il numero delle delocalizzazioni italiane nei vari Paesi ed il rispettivo costo del loro kwh oppure, sin dalla sua pagina 1, la nostra perdita della tripla AAA l’anno dopo il primo dei due referendum erroneamente ritenuti antinucleari, ed il contestuale crollo disastroso del nostro “prodotto per ora lavorata” rispetto agli altri Paesi: (elaborazioni Ref per Cnel su dati Bureau of Labour Statistics e Istat).

Tutto questo immane disastro di un’Italia “too big to fail”, ormai incompatibile con l’Europa, va notato da un Romano Prodi, che è il più europeizzato degli italiani viventi! Se oggi noi tutti soffriamo il costo terribile dei tagli alla sanità italiana dell’ultimo decennio, a Prodi potremo ricordare che il suo governo li aveva pesantemente anticipati, come abbiamo già visto dalla prima tabella. Non per farne una colpa: la rimozione è materia per la professione degli psicologi, cui tocca analizzare e giustificare, non colpevolizzare, come si fa in politica, ma non in psicologia. Lo sanno anche i giudici: quando dall’Ordine degli psicologi provammo a chieder loro di cancellare il divieto di perizia psicologica nel secondo comma articolo 220 del Codice di procedura penale, loro obiettarono compattamente che, se ci fosse consentita al di fuori del patologico, giustificheremmo integralmente anche i peggiori criminali.

Possiamo dimostrarlo ad esempio ad uno dei nuovi consulenti del Governo Conte, Enrico Giovannini, abituato a tessere l’apoteosi di Aurelio Peccei come fondatore del Club di Roma per i limiti dello sviluppo: quel dirigente Fiat fu messo da Valletta a capo dell’Olivetti nel maggio 1964 per svendere in soli tre mesi agli americani della GE quella che stava diventando la Silicon Valley italiana, “per estirparla come un bubbone”. Adesso tutto il resto della nostra industria è ormai arraffabile per quattro soldi: Giovannini vorrà farci una riflessione? Nella stessa lista vediamo anche la docente di psicologia sociale dell’Università di Milano Bicocca, dove abbiamo portato il XV Congresso europeo di psicologia nel 2015 insistendo ad intitolarlo “Linking technology and psychology”. Insieme potremmo quindi giustificare l’odierna rimozione italiana dell’energia che serve per lavorare paragonandola alla rimozione dell’energia che serviva per amare all’epoca del nostro Concilio di Trento, con l’aiuto di varie pubblicazioni.

In effetti, come allora, anche adesso dall’Italia ci ingegniamo ad espandere gli effetti di quest’altra nostra repressione verso l’Europa, sino a lacerarne e poi ormai sfasciarne la capacità lavorativa comunitaria. Si può dunque giustificare psicologicamente anche la resistenza dei popoli del Nord Europa, che già allora, allo sguardo enigmatico che Leonardo impose a Monna Lisa, contrapponevano quello così apertamente comunicativo che Jan Vermeer consentì alla ragazza con l’orecchino di perla. Ed oggi è comprensibile la loro riluttanza ad abbuonarci in anticipo e senza freni tutti i debiti che inesorabilmente pretendiamo di continuare a fare, non per goderne ma per soffrirne noi stessi, più di tutti gli altri: questo in psicologia si chiama masochismo. Ai popoli nordici, che alla propria dignità tengono molto, non s’addice continuare ancora ad approfittarne per risucchiarci prima il nostro lavoro e poi le nostre tasse. In questa revisione rasserenata possiamo rivedere insieme anche la decisione con cui noi italiani siamo stati tenuti fuori dai progetti Euratom idonei a convincere le popolazioni della convenienza del nucleare. Rispetto a questo loro monopolio è ormai possibile avanzare un obiettivo rilievo alla Corte di Giustizia, utilizzando l’occasione delle varie procedure europee d’infrazione per la nostra incapacità di localizzare un deposito per le scorie radioattive. Comunque adesso bisogna uscire dalla politica inutilmente rancorosa, e lavorare di ricerca, non solo psicologica ovviamente, ma interprofessionale. Solo così potremo uscire in una resurrezione nazionale ed europea.

 

(*) Consigliere di Astri, già presidente dell’Ordine degli psicologi italiani

Aggiornato il 16 aprile 2020 alle ore 12:28