In un precedente intervento su questo stesso giornale avevamo visto come ai nostri più alti livelli noi Italiani tendiamo a sottoporre al meccanismo che Sigmund Freud chiama della Rimozione anche qualche argomento davvero vitale. Ancora serve tornare su quel tema.

Il nuovo ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha tenuto un’audizione alle Commissioni competenti sopra “L’istituzione del Ministero della transizione ecologica” entrando, fra l’altro, nei seguenti dettagli: “I nuovi ambiti di intervento del Ministero in ambito energetico riguardano: 1) la competenza in materia di autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di competenza statale, anche ubicati in mare, di sicurezza nucleare e di disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi.

A tal proposito dobbiamo riportare una opposta impostazione preliminare da parte francese. Meritevole di nostra attenzione, visto che la Francia è il Paese che di tutto il mondo ha risucchiato il massimo delle nostre delocalizzazioni. Ebbene, questi francesi precisano che ormai la dizione “rifiuti radioattivi” è superata dal fatto che i nuovi reattori li usano come combustibili, quindi è anche superato il problema tanto scabroso in Italia del loro “stoccaggio”. E soprattutto diventa superato l’enorme problema economico e pratico delle rinnovabili, che Cingolani riduce al solo eolico, in quanto il solare dipende da troppe batterie, a loro volta inquinanti; ma ancora sulla stampa francese l’eolico è accusato di trasformare tutti i paesaggi in siti industriali, e di aver assorbito, insieme alle altre rinnovabili, ben mille miliardi per produrre il 2,5 per cento di elettricità nell’Unione europea e l’1,4 per cento in Francia; nella piramide di Maslow, citata dai Francesi, noi Italiani siamo fra quelli che stanno peggio: possiamo infischiarcene di questi calcoli?

Il nostro ministro parla di “energia delle stelle” nel senso del nucleare da fusione, dicendo che richiede dieci anni, ma i tecnici dicono che sempre li richiederà, e comunque dieci anni non li possiamo aspettare. Questi Francesi ci ricordano invece la convenienza anche economica del nucleare da fissione, sia nel link citato che in un altro cui rimanda: un report dell’Oecd. Quindi la competenza ministeriale sulla “sicurezza nucleare”, sulla Sogin, sarebbe ora che proteggesse gli impianti spenti, ma ancora esistenti, contro lo smantellamento, già illegale prima, trattandosi di Spa, ed ancor più pernicioso adesso. Infatti, leggiamo dal link citato “nuclear power will remain the dispatchable low-carbon technology with the lowest expected costs in 2025”. The report also finds that prolonging the operation of existing nuclear power plants, known as long-term operation (LTO), is the most cost-effective source of low carbon electricity”.

Il ministro ammette che i vari Paesi membri partiranno in modo differenziato; appunto: ormai è ora che ci rendiamo conto che noi italiani partiamo con l’inquinamento peggiore di tutto l’Occidente, tanto da avergli rilanciato di qui la pandemia da Wuhan, come ci hanno dimostrato sia le ricerche della Sima, Società italiana di Medicina ambientale, sia l’Economist. Meritevoli di una adeguata attenzione, finalmente, per il loro modo diametralmente opposto di argomentare e documentare. In effetti, durante le celebrazioni dell’anniversario del picco della pandemia a Bergamo, partecipate anche da Mario Draghi, sarebbe stato logico aspettarsi una qualche riflessione sui motivi per cui proprio qui è iniziato il contagio in Occidente.

Serve infatti conoscere e capire almeno due importanti analisi causali di questo nostro infausto primato: in primo luogo la correlazione, rilevata dalla Sima, fra gli sforamenti dei limiti d’inquinamento nelle centraline di alcune località industriali della Lombardia e poi, due settimane dopo di tali sforamenti, l’esplosione di un focolaio in ciascuna delle stesse zone. In secondo luogo, il tracker dell’Economist che, partendo dagli stessi dati, ha attribuito a queste nostre zone inquinate il rimbalzo della pandemia dalla Cina a tutto l’Occidente. Tutto il mondo, quindi, conosce questa nostra responsabilità. Ma non noi. Questa Rimozione della causa ci porta dritti-dritti a subirne un nuovo picco epidemico, ed alla difficoltà di uscirne: data la trascurata connessione con l’inquinamento della nostra attività industriale, il nostro riscaldamento, raffreddamento, cucine ed i nostri pessimi trasporti, sulla nostra economia incombono quindi le peggiori minacce, come tipicamente ed inesorabilmente una patrimoniale. Invece dei minuti di silenzio per le troppe vittime, faremmo meglio a parlare dei due studi sopra cennati: quello della Sima ed il tracker dell’Economist, quest’ultimo nella dinamica della sesta tabella.

Senza questa consapevolezza, le proposte di miglioramento del Pnnr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che al ministro Cingolani abbiamo visto avanzare, ad esempio dal senatore Paolo Arrigoni della Lega, possono partire sì da ottime premesse, citiamole: “Neutralità tecnologica, quindi senza preclusioni; diversificare le fonti; riduzione della dipendenza dall’estero e dei costi delle bollette; abbattimento del particolato in pianura Padana; creare filiere decisive per l’industria nazionale. Ma non possono arrivare a conclusioni diverse dalla permanenza del nostro inquinamento da fossili. Semmai ci stiamo rassegnando a spostarci dalle grandi città a quelle piccole ed ai territori extra-urbani, sinora meno inquinati, ma sino a quando? Sino a tale migrazione biblica, forse, ma dopo?

Un modo tipicamente italiano per evitare di entrare nella valutazione concreta della scelta fra fossili e nucleare, che il nostro Governo sta facendo adesso, è quello genericamente moralistico, che sembra giustificare una certa riluttanza ad entrare nei dettagli espliciti: il nucleare sembra dover puzzare terribilmente di bombe atomiche, di gravissimi incidenti, di innumerevoli morti. Come se le fossili non uccidessero davvero milioni di morti all’anno. E non solo nel modo, apparentemente anodino, dell’inquinamento. C’è ben altro, anche se nessuno mai ne parla qui. Le fossili che importiamo in Italia fanno arricchire quelli che per poter continuare a vendercele massacrano da un decennio la Siria, esattamente da quando quel Paese è stato richiesto di lasciar passare una pipeline sul suo territorio, per far arrivare appunto da noi, alla sua sinistra, anche le fossili estratte alla sua destra.

Gli stessi, essenzialmente oligarchi russi, avevano avviato il cosiddetto incidente di Cernobyl, grazie al quale ora ingozzano di pipelines noi e gran parte d’Europa. Lo stesso dicasi per quasi tutti gli altri Paesi al mondo che sono soggetti a simili disastri e vere guerre guerreggiate. Ne hanno fatto già in molti le analisi geografiche, ed anche meramente cronologiche: prima della particolare situazione creata dalla pandemia, il semplice abbassamento del prezzo del petrolio è stato sempre una diretta causa dello scoppio successivo di una guerra che lo ha fatto regolarmente risalire.

Il crollo attuale del suo prezzo, per il blocco pandemico, non si presta alla solita dinamica bellica, però rende certamente orientati i suoi gestori a quanto di peggio, anche moralmente parlando. Non per niente il dicastero per lo Sviluppo Umano integrale del Vaticano, con il suo libro Energia, giustizia e pace, collega direttamente la caccia agli idrocarburi alle peggiori ingiustizie e guerre. Molti oggi aderiamo ad iniziative caritatevoli anche per fronteggiare il disastro economico collegato alla pandemia, però tanto meno dovremmo restare indifferenti alla scelta che sta facendo adesso il Governo, capacissima di bloccare ulteriormente il nostro lavoro. D’altronde il moralismo, anche quasi silente, era stato capace di bloccare la nostra sessualità un secolo fa. L’analogia fra le due repressioni, alternate, dei due istinti, cioè dell’amare e del lavorare, dimostra ancora una volta la capacità italiana di precedere il resto dell’Occidente in ciascuna delle due repressioni.

La repressione del lavoro è ancor peggio dell’altra: ma anche quest’ultima ormai è disinnescabile dopo Freud. Che bisognerà stranamente citare a Cingolani (e ad Arrigoni), per capire quale idrogeno scegliere, quello da idrocarburi o quello da nucleare. Dell’idrogeno l’Italia ha più bisogno degli altri Paesi: ce lo aveva sbandierato anche la presidente Ursula von der Leyen come sostenibilità per la nostra filiera dell’acciaio che parte da Taranto. Dopo di quell’avviso, ora tutta l’economia italiana, in quanto troppo inquinata, è diventata incompatibile non solo col clima ma pure con la pandemia, a differenza delle altre economie, che funzionano con meno fossili e quindi con meno contagio.

Abbiamo qui in Italia due filoni di ricerca, ben distinti: quelli che rilevano ambienti economicamente funzionanti, che puntualmente confermano la chiarissima ricerca della Sima sopra ricordata, da un lato; dall’altro lato ricerche rigorosamente effettuatea grande distanza… al di fuori da ogni forma di assembramento”, cioè in spazi deserti, incompatibili con ogni forma di economia.

Quella forma di immunità radicalmente distanziata è però completamente inutile all’economia. Senza entrare mai assolutamente nel merito, purtroppo, i nostri decisori tendono a considerare invece superabile questa incompatibilità. E quindi considerano la ripresa e la resilienza compatibili con la sostanziale persistenza delle nostre energie da fossili, insieme ad un po’ di eolico, comunque più debole di altrove. Nessuna attenzione, dal nostro governo, alla flessibilità che invece offrirebbe alla nostra economia il nucleare da fissione: come se potessimo infischiarcene. Ma così non è: da Bergamo e Brescia nascono molte ansiose richieste alle agenzie turistiche di poter passare presto un mese in Russia per vaccinarsi due volte con lo Sputnik (in attesa di autorizzazione russa), e tutte le nostre fabbriche insistono per restare aperte, ed affrontare la pandemia con la vaccinazione sul posto di lavoro, cosa che funzionerà solo fino a quando le mutazioni del virus non saranno ancora capaci di aggirare i nostri vaccini, come è previsto probabilmente quando la vaccinazione è contemporanea alla pandemia stessa.

Sarebbe stato meglio garantirsi con l’alleggerimento generale della trasmissione aerea di smog ed aerosol da inquinamento, cioè con la sostituzione delle fonti fossili. Oltretutto, gli altri danni anche somatici causati dall’inquinamento restano presenti e rilevanti anche nel secondo gruppo di ricerche sopracitate, quelle non inclini a riconoscere il trasporto diretto del contagio per via dello smog. È assurda questa nostra riluttanza peculiarmente italiana a parlare direttamente del problema che tutti gli altri Paesi si sono già impegnati a risolvere. Si chiama Rimozione, lo stesso meccanismo già analizzato nel precedente intervento su questo stesso giornale, citato all’inizio.

(*) Già presidente dell’Ordine degli Psicologi e del Ceplis, ora consigliere di Astri

Aggiornato il 24 marzo 2021 alle ore 11:54