Putin, Zar o Duce? Uomo forte, o semplicemente un "pokerista"? Sì, perché c'è da chiedersi davvero quali assi abbia in mano per risolvere la regina delle crisi mondiali attuali: la disgregazione traumatica del Regno di Siria. Ha ragione lui a difendere Assad, come unico baluardo al dilagare delle milizie islamiche? L'unica cosa certa che mi sembra di capire è la seguente: lui (Putin) e il suo apparato militare, Intelligence compresa, sono gli unici, a oggi, ad avere un minimo di polso della situazione di come stiano veramente andando le cose sul campo, nel martoriato territorio siriano. Ovvero: chi comanda e dove. Vorrei proprio vedere la mappa dinamica dell'ex Kgb, con i retini colorati che fanno capire immediatamente, al primo sguardo. le zone realmente controllate dai nemici di Assad, quelle contese e quelle saldamente presidiate dall'esercito siriano (o da ciò che ne rimane!). Senza queste informazioni base, di che cosa vogliamo discutere?
Berlusconi gliel'ha chiesto, al suo amico, nel corso della recente visita in Russia? Temo che ci disinteresseremo molto presto dell'Ucraina (troppo lontana, rispetto alla marea umana di migranti che sta venendo dall'Africa e da un Medio Oriente devastato!): troppo rischioso un eventuale confronto armato con l'espansionismo russo a Oriente. Stiamo, infatti, cercando disperatamente le chiavi di un'alleanza imbarazzante con il nostro gigantesco vicino, in modo che -furbescamente- mandi i suoi parà a morire per noi, al fine di contrastare l'avanzata dei barbari jiahdisti. Lo farà mai Putin? E a quale prezzo per noi? Lo diciamo forte e chiaro? Come dice l'Ambasciatore Sergio Romano, “Washington non vuole Assad, non vuole l’Isis e non vuole Putin nel Mediterraneo”, ma tanto meno sembra volere un’Europa degna di questo nome. Siccome il peccatuccio di Washington sta nell'aver (ma non imparano mai da quelle parti?) armato e indirettamente appoggiato i nemici islamici di Assad nell'attuale guerra civile siriana, allora mi viene il dubbio che la guerra di religione scatenata dall'Isi sia un comodissimo paravento per garantire ancora per mezzo secolo l'egemonia mondiale degli Usa.
Tanto per esemplificare a non addetti ai lavori. Tutti sappiamo e vediamo che le uniche forze anti-Isi davvero alleate all'Occidente sono quelle della guerriglia curda. I curdi che non hanno paura di morire -al pari dei miliziani neri di Al Bagdadi- e godono dell'appoggio incondizionato del loro popolo (pronto ad accettare anche ingenti perdite nelle sue fila) potrebbero farcela, se ben armati e sostenuti politicamente. Ma Washington (stranamente?) non solo ha rallentato il flusso delle forniture di armi ai combattenti impegnati al fronte ma, per di più, non ha mosso un dito per contrastare il suo alleato più fedele, la Turchia, nelle operazioni di repressione della guerriglia curda del Pkk, ben consapevole che Erdogan, per la sua storia e cultura, ha da sempre fatto sponda ai fondamentalisti sunniti dell'Isi. Io, per parte mia, osservo che la guerra in Siria dura da più di 4 anni. Per tutto questo tempo, milioni di profughi hanno atteso speranzosi che il tutto avesse fine, stazionando nei campi di accoglienza a ridosso del confine siriano, in Turchia, in Giordania, in Libano. Oggi, dopo aver perso ogni speranza di far crescere in patria i loro figli, hanno preso la via dolorosa dell'esodo verso l'Europa di Merkel che, appena si è accorta dell'errore dell'apertura delle frontiere tedesche a un esercito di profughi siriani, ha prontamente fatto marcia indietro! .
Se l'interventismo americano può avere effetti disastrosi, come si è visto in Iraq, anche il non interventismo è un ottimo candidato alla destabilizzazione dell'Occidente, come stiamo vedendo in Siria! E il pendolo continua pericolosamente a oscillare tra le due opzioni, perché la politica e la tradizione Usa sono profondamente intrise nella convinzione che spetta all'America la costruzione di un mondo migliore! Far finta di nulla non è un'opzione che gli Usa possano condividere, essendo avvolti in questo concetto di essere il motore della salvezza universale, per cui ogni volta che affiora un conflitto emergente, planetario, l'America si pone il dilemma di fin dove si possa spingere il suo interventismo. Ma è l'indecisione che ci condanna. Soprattutto di un'Europa che si disarma da sola! Ci vorrebbe una moderna Norimberga, per punire coloro (tra i maggiori leader europei e americani!) che hanno aperto il vaso di Pandora delle migrazioni di massa dal Medio Oriente, con la pagliacciata delle "Primavere arabe" fomentate e realizzate, più o meno sottobanco, dai Fratelli Musulmani, come ebbi più volte a denunciare (inascoltato)!.
Ricordate che cosa accadde 30 anni fa in Afganistan, quando i russi intervennero con ben altra forza d'urto, ritirandosi senza gloria nel 1989? Ora, l'Isi ha migliaia di kamikaze pronti a fare a pezzi l'Armata Rossa in caso che i suoi soldati mettano "gli scarponi sul sacro suolo dell'Islam"!. Quanto ci metterà l'opinione pubblica russa, appena rientreranno in Patria migliaia di sacchi neri, a chiedere l'immediato ritiro delle truppe d'occupazione di Putin? Direte voi: e perché gli Usa non si alleano con Putin per battere l'Isi? Risposta mia: storicamente, l'America ha usato talebani e Bin Laden per sconfiggere l'Urss in Afganistan. Ora, qualunque sia l'inquilino della Casa Bianca comandano i militari: se Putin sta con Assad, per umiliare lo "Zar" si foraggia chicchessia (i fondamentalisti, come sempre). L'Isi non è solo Siria, ma soprattutto Iraq e Libia. Questo inferno -va detto!- l'hanno creato Bush e Obama in consecutio temporum. Come si spegne l'incendio? In un solo modo: si legittima l'Iran a fare piazza pulita. Solo che c'è un piccolo particolare: il nemico irriducibile di Teheran è Riad. Quando gli Usa decideranno di sbarazzarsi dei Saud e del loro orribile waabismo, allora avremo risolto tutti i nostri problemi!!!
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:03