Liberalismo cercasi   e speranza nel domani

L’Opinione è certamente l’organo d’informazione più autenticamente liberale che esista nel nostro Paese, perché è tra i pochissimi quotidiani ad esprimere una cultura liberale e garantista purtroppo ancora minoritaria in Italia e che, nonostante i faticosi tentativi dal dopoguerra ad oggi e i piccoli traguardi raggiunti negli ultimi vent’anni, non è ancora parte dell’identità e della cultura nazionale.

Nonostante siamo uno dei Paesi con la maggior pressione fiscale e con uno dei peggiori sistemi giudiziari al mondo, gli italiani ancora non hanno imparato a comprendere fino in fondo il liberalismo. Pur odiando le tasse, preferiscono evaderle che pretendere un cambio di rotta attraverso le urne o con manifestazioni popolari significative, e preferiscono il tintinnio delle manette al garantismo; seppur considerino, stando ai sondaggi, la Magistratura inaffidabile e di parte.

Siamo da sempre il popolo delle contraddizioni e con l’avvento di Renzi lo siamo ancora di più. “Abbiamo” votato un leader che sta a sinistra, perché non è di sinistra e non dice cose di sinistra. Siamo davvero un Paese strano e poco maturo, ma non dobbiamo abbatterci.

Nell’ultimo periodo sono quattro le questioni che mi hanno colpito particolarmente, anche se possiamo sintetizzarle a tre, perché tre sono i temi che invadono, due dei quali mi hanno anche in qualche modo causato dispiacere e amarezza. La prima riguarda il famoso garantismo di cui accennavo poc’anzi, in riferimento a due episodi giudiziari importanti che hanno riempito negli ultimi giorni intere pagine di cronaca. Il primo episodio in qualche modo mi tocca, perché riguarda un amico, un liberale sincero e politico capace, che ho conosciuto quale persona corretta ed onesta, ma soprattutto persona che ho da subito stimato e individuato quale uno dei pochi riferimenti in politica per noi liberali. Pochissimi ormai, anche nel mio partito, i liberali veri, superstiti. Quell’uomo di cui parlo ha amministrato molto bene per circa vent’anni una delle locomotive produttive d’Italia, il Veneto.

Sto parlando infatti di Giancarlo Galan. Non ho alcun tipo di elemento per poter entrare nel merito dell’inchiesta sul Mose che lo vede coinvolto, ma non ho sentito alzarsi voci da Forza Italia che lo abbiano difeso e tutelato mediaticamente, come accade invece di consueto. Ricordo anche che Giancarlo, come ogni indagato e/o imputato in qualsiasi processo, è innocente fino a prova contraria. Probabilmente Galan, noto criticone e personaggio scomodo, che voleva tornare alla Forza Italia delle origini - il partito liberale di massa sognato - non essendo mai piaciuto alla nomenklatura del partito, non merita di essere tutelato come tutti gli altri imputati forzisti? Questa mancanza di vicinanza, anche soltanto umana, ma pubblica, nei confronti di Giancarlo mi ha causato un dispiacere vero. Tutti hanno paura di solidarizzare con gli indagati e gli imputati, ma in Forza Italia si è sempre fatto, anche quando non si credeva realmente nell’innocenza del collega. Le persone non sono amiche o colleghe soltanto quando utili o potenti, ma se lo sono state lo sono sempre; per questo, pur avendolo già fatto privatamente, ci tengo ad inviare nuovamente un mio affettuoso abbraccio ad un uomo nel quale politicamente ho creduto e ancora credo, convinto e speranzoso che riuscirà a discolparsi di ogni accusa. Dov’è il partito garantista di cui mi sento parte 365 giorni l’anno e non a giorni alterni?

Cambiando radicalmente episodio, ma restando sullo stesso tema, la gogna mediatica nei confronti dell’indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio, Massimo Giuseppe Bossetti, già condannato dai media e dall’opinione pubblica, mi fa davvero orrore. L’annuncio del ministro dell’Interno Alfano mi ha fatto vomitare. Come possiamo auspicarci un Paese diverso, dove viga la presunzione d’innocenza, se anche l’ex Guardasigilli twitta: “Abbiamo individuato l'assassino di Yara!”. Il tutto senza nemmeno concedere il “lusso” al Bossetti di essere per ora “il presunto” o “ipotetico” assassino. Tutto quanto sopra detto perché allo stato attuale quel muratore bergamasco è innocente, come ogni indagato o imputato. Le prove non contano nulla se non passano prima per un processo, perché come stiamo scoprendo in questi giorni possono anche essere debolissime; e quindi se si tratta di elementi indiziari questi non sono probatori e non sono pertanto assolutamente sufficienti per una condanna. Infatti di giorno in giorno scopriamo che esistono elementi debolissimi che potrebbero essere considerati coincidenze o casualità. Ma comunque l’Italia, o gran parte di essa, lo ha già condannato per sete di giustizia (sommaria). Io non mi sono fatto un’idea del caso, perché non ho accesso a tutti gli atti e pertanto non dico nemmeno che Bossetti si rivelerà non colpevole, anche se potrebbe esserlo, e per il momento resta innocente. Trovo sia indegno per il Paese di Cesare Beccaria reagire con urla e schiamazzi da incivili nelle piazze, chiedendo la testa di chiunque ogni qualvolta che vi siano alla cronaca casi giudiziari che ci colpiscono tutti emotivamente, come quello di Yara. Se il povero Bossetti oggi fosse stato liberato, la folla lo avrebbe linciato molto probabilmente e senza alcun processo.

L’ultima nota negativa dell’ultimo periodo, che aggiunge delusione e amarezza alla mia passione civile e politica, è stato sapere che Antonio Martino, fondatore ed ideologo di Forza Italia, nonché padre del neoliberismo in Italia, non riesce a parlare con il presidente Silvio Berlusconi da mesi. Un ulteriore allontanamento per noi forzisti dalla purezza di quei valori e di quei principi su cui si dovrebbe basare il centrodestra italiano. Se non ascoltiamo Martino, chi ascoltiamo? Come facciamo a definirci partito liberale? Qual è l’interlocutore migliore? Lo dico avendo avuto anche l’onore di conoscere quell’uomo straordinario che è Silvio Berlusconi. La certezza è che così non si possa andare avanti, ma che bisogna ripartire dai temi e dalle idee e non dalla forma, questa volta tralasciamola ed occupiamoci seriamente della sostanza, il resto verrà da sé.

Ripartiamo dalla passione e dall’autenticità. A questo proposito appunto, unica nota di gioia, è stato il libro di Michaela Biancofiore, deputata forzista, valchiria azzurra, con cui ho avuto l’onore ed il piacere di affacciarmi alla politica e di appassionarmi per l’Italia. “Il cuore oltre gli ostacoli” (ed. Mondadori) è formalmente la biografia dell’amica Michaela, ma in realtà è molto di più: è un monito per noi giovani e per tutti coloro che vogliono fare e fanno politica. Un manuale di coerenza e passione civile oltre che di tutta una gamma di valori che oramai si stanno sempre più dissolvendo in politica. La deputata altoatesina racconta un Berlusconi determinato, ma anche tenero nel privato, che in pochi hanno conosciuto e che risulta essere lontano anni luce da quello descritto dai media. Michaela racconta le più svariate difficoltà che ognuno di noi, lei in prima persona, incontra ed ha incontrato nel corso della sua vita, nonché la crisi interiore che ci affligge in questo momento. Alla fine però ci motiva a non abbandonare le nostre lotte, a non mollare mai ciò in cui crediamo, come ha fatto sempre lei. Insomma, il suo libro in questo momento per me è stato una nota positiva e di speranza. Ci serve la speranza di tornare a sognare in un Paese diverso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:17