Qualche giorno fa la trasmissione Report di Rai 3 da svelato un interessante particolare, inedito, e, cioè, che Bill Gates, il fondatore di Microsoft e l’uomo più ricco del mondo da almeno 25 anni, ha fatto, nel 2018, rilevanti investimenti per oltre 500 milioni di dollari nel settore sanitario attraverso un trust a lui riconducibile. Questa notizia è stata analizzata in un’inchiesta giornalistica che l’ha incrociata con un altro fatto, già noto, e, cioè, che il medesimo Bill Gates, stavolta attraverso la Fondazione intestata a Bill e Melinda Gates, risulta, dopo gli Stati Uniti, il secondo finanziatore mondiale dell’Oms, a cui versa un contributo annuale pari a 250 milioni di dollari. L’ingente contributo lo proietta, quindi, al primo posto tra i soggetti “privati” che consentono all’Oms di svolgere le proprie attività istituzionali dirette al raggiungimento del massimo livello di salute della popolazione mondiale. Secondo German Velasquez, un ex membro dell’Oms intervistato da Report, l’importanza del contributo lo avrebbe reso, di fatto, “Il padrone dell’Oms”.
La ventennale filantropia di Bill Gates è ampiamente notoria e ne ha accentuato il prestigio internazionale, tuttavia, tale meritorio profilo umano, per essere seriamente apprezzabile, non deve contenere ombre di “commixtio” con interessi economici o di altro tipo. Da qui l’attenzione di Report sull’incrocio di questi dati giacché, sui conflitti d’interesse, c’è sempre particolare attenzione da parte dei Media e da parte dell’opinione pubblica, anche perché un potenziale conflitto in un settore afferente alla salute delle persone comporterebbe una perdita di credibilità enorme. Questo perché l’Oms, di cui Gates è il primo sostenitore privato, ha poteri decisionali su investimenti strategici del settore sanitario e farmaceutico e, quindi, se l’Oms, solo per fare un’ipotesi, “privilegiasse”, in qualche modo, le malattie da fronteggiare, ciò avrebbe diretta incidenza sui guadagni delle aziende produttrici dei farmaci necessari a curare la malattia su cui s’è deciso d’investire. Da notare che, già nel 2016, era stato accusato da una Onlus britannica, la Global Justice Now, di utilizzare in modo un po’ troppo aggressivo la sua politica filantropica e “di condizionare pericolosamente le scelte di aiuto”, ma tale accusa non risulta che abbia avuto particolare strascico, forse anche di fronte alla secca presa di posizione della sua Fondazione in cui ha accusato la Onlus “di travisare il suo lavoro”.
In effetti, capita spesso che gli “interessi filantropici” vengano sovrapposti ad “interessi personali” che diventano una questione di “sopravvivenza”, soprattutto, per chi la “beneficenza” la fa piuttosto che per chi la riceve, tuttavia, questo non è assolutamente il caso di Bill Gates perché, da almeno 25 anni, è, stabilmente, l’uomo più ricco del mondo ed i suoi recenti investimenti nell’industria sanitaria non hanno minimamente inciso. Inoltre, anche se stiamo parlando di cifre enormi, esse vanno sempre rapportate al singolo “portafoglio”, poiché le effettive disponibilità finanziarie, notoriamente, fanno sembrare le cose più o meno grandi a seconda di chi concretamente le maneggia. Tuttavia, considerato il suo peso all’interno dell’Oms, è assolutamente legittimo scandagliare su di un ipotetico conflitto di interessi, perché, in questa delicata fase, il soggetto che, per primo, riuscirà ad “accaparrarsi” il vaccino contro il Coronavirus, si potrà sedere al tavolo dettando le condizioni con l’autorevolezza propria del vincitore della Terza Guerra mondiale.
I recenti investimenti di Bill Gates nel settore sanitario ed il suo ruolo “finanziatore” dell’Oms vanno esaminati anche alla luce di un singolare accadimento che lo ha visto protagonista 5 anni fa. Infatti, è stato proprio lui ad aver preannunciato, con largo anticipo, il rischio che si potesse verificare la inedita e drammatica situazione che sta sconvolgendo il mondo da qualche tempo. In particolare, nel marzo del 2015, in un Ted Talk a Vancouver, aveva parlato a lungo dei rischi che il mondo avrebbe corso, non da una guerra atomica, come temeva quando era bambino, ma dalla diffusione di un virus altamente contagioso, proprio come il Covid-19, che avrebbe portato il pianeta alla rovina sanitaria, distruggendolo anche finanziariamente. Nel corso del suo intervento, aveva ammonito di temere: “Non missili, ma microbi che si diffondono con grande facilità e che provocheranno 10 milioni di morti, è arrivato il momento di mettere in atto ogni buona idea possibile, dalla pianificazione degli scenari alla ricerca dei vaccini, non siamo ancora pronti alla prossima epidemia perché abbiamo investito troppo negli armamenti e poco nella ricerca sanitaria”.
È stato talmente profetico che è umanamente impossibile non domandarsi come mai una persona dotata di cotanta filantropia e della “moral suasion” propria dell’uomo più ricco del mondo, non sia stata capace di farsi prendere sul serio su una questione così delicata e speriamo vivamente che non ciò sia dipeso dallo sgargiante maglione rosa sfoggiato quel giorno a Vancouver che potrebbe aver negativamente impressionato la platea. Ma, battute sciocche a parte, se una persona del suo calibro, già cinque anni fa, era in possesso di informazioni “privilegiate” sui rischi che un certo tipo di infezione potesse destabilizzare le relazioni interpersonali e, con esse, il mondo intero nel giro di poche settimane, è legittimo chiedersi come mai non sia stato capace di indirizzare gli sforzi dell’Oms e di quella larga parte del mondo politico, finanziario, sanitario e mediatico che lo segue, a disporre i necessari investimenti per prevenire la cronaca di un disastro annunciato con largo anticipo. Sia chiaro che non aveva nessun obbligo morale o giuridico e che non gli si può addebitare alcun tipo di responsabilità, tuttavia, la sua indiscutibile filantropia, l’ampio bagaglio di conoscenze e la sua sconfinata ricchezza, avrebbero potuto condurlo a farsi ascoltare nelle giuste cabine di regia internazionali.
Comunque sia, anche l’uomo più ricco del mondo ha dei limiti che lo rendono più umano e, anche per lui, come per chiunque altro di noi, vale la elementare regola secondo cui, nella vita, ci sono sia amici su cui fare affidamento che nemici da cui doversi guardare le spalle. Tra i suoi amici sicuramente non c’è Donald Trump, avendone sempre criticato le politiche populiste, mentre sembra che Hillary Clinton ne avrebbe fatto volentieri il suo “vice” se avesse vinto le presidenziali americane del 2016, vinte, purtroppo per entrambi, proprio da Trump. È in buoni rapporti anche con il presidente cinese Xi Jinping a cui il 28 gennaio, in piena emergenza, ha donato 10 milioni di dollari. Inoltre, il 10 aprile, in un’intervista a Sky, ha minimizzato sulle responsabilità addossate alla Cina dalla comunità internazionale per il ritardo nella condivisione di elementi importanti per arginare la diffusione del virus, anzi, ha colto l’occasione per elogiare “La serietà delle misure adottate dal governo cinese per fronteggiare l’emergenza sanitaria”. Tra i suoi amici c’era anche Jeff Epstein, l’imprenditore newyorkese morto suicida in carcere lo scorso agosto perché coinvolto in una spiacevole storia di abusi sessuali su minori, “Anche se aveva uno stile diverso dal mio” ha tenuto a precisare il filantropo.
Ottimi rapporti anche con Vittorio Colao, scelto, guarda caso, da Giuseppe Conte per coordinare, da Londra, una task force per condurre l’Italia alla “fase 2” senza, tuttavia, aver mai messo piede in questo paese ne’ in “fase 1” ne’ “in fase 2” e, probabilmente, nemmeno in “fase 3”. Ottimi i suoi rapporti anche con l’Oms e non potrebbe essere diversamente, perché, secondo qualche osservatore, è saldamente in mano sua. In proposito, nonostante i nobili sforzi per finanziarla, l’Oms non ha affatto brillato nella gestione della pandemia, anzi, ha commesso palesi errori che hanno indotto Donald Trump a sospenderne i finanziamenti e ad accusarla di contiguità con la Cina, accusata, a sua volta, da molti Stati di scarsa trasparenza. Gli errori dell’Oms contestati da Trump sarebbero consisti, in particolare, nella predisposizione di linee guida internazionali attinte da report medici cinesi palesemente errati che avrebbero condizionato negativamente la risposta sanitaria globale.
Quindi, come previsto da Bill Gates, il mondo, effettivamente, non era preparato alla “Next epidemic”, tuttavia, la colpevole impreparazione del mondo è stata ulteriormente aggravata sia dai ritardi del governo cinese, che lui ha anche difeso, e sia da quel “carrozzone”, di cui è il primo finanziatore privato e, cioè, l’Oms, il cui intervento, anziché contribuire alla risoluzione di problemi, ne ha inspiegabilmente prodotto di ulteriori. Le accuse contro la Cina e l’Oms sono ancora tutte da dimostrare, tuttavia, appena cessata l’emergenza sanitaria, andrà aperta un’indagine internazionale per accertare eventuali responsabilità e, secondo la Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza può indagare su qualsiasi controversia suscettibile di produrre attriti internazionali, anche con possibile deferimento della questione alla Corte penale internazionale in caso di non infondatezza.
Tornando a Bill Gates, sappiamo bene che la figura del supereroe “salva mondo” esiste solo nella filmografia americana, tuttavia, considerata la sua datata filantropia, il suo immenso patrimonio, il canale di informazioni “privilegiate” ed il suo imponente peso interno all’Oms, avrebbero potuto consentire, almeno ad uno come lui, di provare a fare qualcosa di più, invece, si è limitato, in modo molto più “umano”, a telefonare a Giuseppe Conte per sondare la disponibilità ad una partnership per produrre e distribuire il vaccino. Il nostro presidente, sempre molto educato, lo ha prontamente invitato a Roma e lui, altrettanto correttamente, ha assicurato che verrà presto in Italia e non è affatto da escludere che ciò accada perché la telefonata ha già prodotto un primissimo risultato, in quanto, secondo il quotidiano la Verità del 17 maggio “Nella bozza del Decreto Rilancio, sarebbe pronta un’ipotesi di finanziamento pubblico pari a 150 milioni di euro per l’ente che piazza i bond per Gavi Alliance, il Trust dei vaccini foraggiato da Bill Gates”, per cui è verosimile che possa sbarcare presto. Lo aspettiamo con ansia e speriamo che non porti con se’ il maglione rosa sfoggiato a Vancouver.
Aggiornato il 18 maggio 2020 alle ore 13:38