Ennesimo no cinese sulle indagini sul Covid

Lo scorso 13 agosto il “Quotidiano Nazionale” e “Il Giorno” hanno pubblicato un interessante articolo sul comunicato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità emesso in risposta ad un precedente comunicato del Governo cinese che, ritenendo evidentemente di aver già sostenuto i necessari sforzi per scoprire l’origine del Covid-19, ha respinto la richiesta dell’Oms di un supplemento d’indagine per rivedere le conclusioni dell’inchiesta sul laboratorio di Wuhan che ne ha escluso l’origine “accidentale”.

In effetti, poche ore prima, il viceministro degli Esteri cinese, Ma Zhaoxu, aveva dichiarato ai media internazionali che: “Siamo contrari ad un approccio di tipo politico e chiediamo di non abbandonare le conclusioni del rapporto a firma congiunta pubblicato nel marzo 2021 da un team di esperti cinesi e dell’Oms che ha ispezionato il laboratorio di Wuhan lo scorso gennaio”.

“Sosteniamo una ricerca basata sulla scienza, per cui non permetteremo ulteriori accessi”, ha concluso il viceministro cinese prima di scatenare la risposta dell’Oms poi ripresa nell’articolo del Quotidiano Nazionale. In effetti, nonostante le rassicurazioni della Cina, il sospetto che il Sars-Cov-2 sia fuggito dal laboratorio di Wuhan continua a incombere, in particolare, come osserva anche “Il Giorno”, dopo la notizia di qualche tempo fa diffusa dal Wall Street Journal di New York secondo cui alcuni ricercatori del laboratorio di Wuhan già nel novembre del 2019 erano stati colpiti dai sintomi di una sospetta polmonite di tipo Sars. Quindi, il Wall Street Journal, citando fonti della Cia, ha sostenuto che il Covid-19 circolasse molto prima dell’inizio della pandemia nel gennaio 2020, per cui è ampiamente plausibile che possa essersi trattato di un incidente, anche perché il laboratorio di Wuhan coincide proprio con il più importante centro al mondo per lo studio dei Coronavirus sui pipistrelli, al cui interno venivano regolarmente effettuati pericolosi esperimenti sui virus introducendo, nella cellula, sequenze di altri virus per testarne l’eventuale maggiore aggressività a penetrare in cellule animali che il virus base non era in grado di “perforare”.

Nel Covid-19 sembra “manomesso” il sito di taglio della furina, cioè, una proteina “aggiunta”, di solito assente nei Coronavirus, ma molto diffusa nelle cellule umane che lo avrebbe reso maggiormente infettivo e più facilmente trasmissibile per via aerea con sconcertante contagiosità. Inoltre, il laboratorio di Wuhan ha effettuato sperimentazioni proprio sul recettore Ace-2, cioè, la chiave che permette di entrare nelle cellule umane.

Quindi, come più volte scritto su questo giornale e come correttamente osservato anche dal Quotidiano Nazionale nell’articolo del 13 agosto 2021, l’origine del Covid-19 continua ad essere avvolta nel mistero poiché, nel rapporto a firma congiunta, l’Oms e la Cina sostengono che il virus abbia un’origine naturale trasmessa da pipistrello all’uomo con un passaggio intermedio in un animale rimasto ignoto. Ma proprio al fine di chiarire l’origine del primo focolaio pandemico di Wuhan, l’Oms era stata incaricata di svolgere una delicata inchiesta internazionale rivelatasi un’autentica farsa e non le si può davvero assegnare una diversa aggettivazione visto che sia il capo degli ispettori, Peter Ben Embarek, sia il numero 3 dell’Oms, Mike Ryan, hanno dichiarato all’unisono che le inchieste non sono di loro competenza e che il pool si è dovuto necessariamente fidare dei dati messi a disposizione dal Governo cinese.

Tuttavia, nella citata nota del 13 agosto, l’Oms ha cambiato atteggiamento e ha finalmente “richiamato all’ordine” il suo “vecchio amico” cinese, avendo rimarcato l’esigenza di acquisire nuovamente tutti i dati sul Covid-19 per indagare sul possibile incidente di laboratorio, esortando tutti i paesi, inclusa la Cina, a condividere informazioni sui primi casi in cui la malattia si è manifestata, anche anteriori al novembre 2019. In effetti, la nota dell’Oms, lungamente riportata nell’articolo del quotidiano “Il Giorno” del 13 agosto 2021, contiene alcuni passaggi molto significativi ed inequivocabili perché chiede espressamente di “depoliticizzare” la delicata questione: “Dopo la pubblicazione del rapporto congiunto Oms-Cina degli studi di fase uno sulle origini del virus Sars-CoV-2 nel marzo 2021, l’Oms ha delineato la serie di studi da intraprendere e continua a confrontarsi con Stati membri ed esperti”.

“Per andare avanti – ha continuato la nota dell’Agenzia internazionale – l’Oms invita tutti i governi a “depoliticizzare” la situazione, a cooperare per accelerare gli studi sull’origine del virus e a lavorare insieme per sviluppare un quadro comune per i futuri patogeni emergenti del potenziale pandemico”. Cioè, le famigerate “varianti”.

“Per esaminare l’ipotesi del laboratorio è importante accedere a tutti i dati, consentendo l’effettivo riesame di tutti i campioni, per cui invitiamo tutti i Paesi, inclusa la Cina, a sostenere lo studio delle origini della pandemia in modo rapido ed efficiente” ha concluso la nota dell’Oms che, dopo qualche tentennamento iniziale, ha finalmente invitato il Governo cinese alla massima trasparenza sulla delicata questione, anche se Pechino ha opposto un netto rifiuto perché non ha voluto autorizzare le nuove indagini.

Quindi, in linea con il regime dittatoriale che la governa, la Cina si è opposta al supplemento d’indagine richiesto dall’Oms e così sembra definitamente caduta nel vuoto anche l’autorevole “raccomandazione” del G7 che, lo scorso giugno, aveva ufficialmente chiesto al Governo cinese massima collaborazione per accertare l’esatta origine del virus. I trattati e la consuetudine internazionale non conferiscono né al G7 né all’Oms particolari poteri investigativi in ambito scientifico, per cui questa posizione di totale chiusura del Governo cinese a nuovi accessi potrebbe far calare definitivamente il sipario sulla vicenda impedendo al mondo di conoscere l’origine del Covid-19, con tutte le conseguenze di carattere sanitario e giuridico che questo deficit di trasparenza comporta.

Sovviene, in proposito, una celeberrima frase di Winston Churchill – l’ex primo ministro inglese che, durante la Seconda guerra mondiale, con i suoi discorsi radiofonici tenne alto il morale del suo popolo impedendo la capitolazione del mondo e difendendo Londra dai terribili bombardamenti della Luftwaffe tedesca – secondo cui “non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna assolutamente cambiare”. E ciò è oltremodo vero anche perché, come ha insegnato il grande scrittore americano Robert Anson Heinlein, “una generazione che ignora la storia non ha né passato né futuro”.

Aggiornato il 23 agosto 2021 alle ore 14:10