In Serbia si sono appena concluse le elezioni presidenziali che hanno eletto il conservatore Tomislav Nikolic, leader del Partito Progressista, con uno scarto del 2,5%. I risultati del ballottaggio di Domenica hanno smentito tutti quei sondaggi che davano il Presidente uscente Boris Tadic in testa.
A definire l'esito elettorale è stata soprattutto la bassa affluenza: dei 6,77 milioni di serbi chiamati alle urne, solo il 46,8% degli elettori hanno partecipato alla tornata elettorale. Questa bassa partecipazione ha premiato i determinati elettori di Nikolic e sanzionato i sostenitori di Tadic che davano per scontato il suo successo e non si sono recati in massa a votare. Inoltre, gli elettori avrebbero sentito la necessità di un cambiamento anche per la difficile situazione economica in cui versa il Paese, con il tasso di disoccupazione al 24%, la corruzione diffusa e il salario medio intorno ai 360€. Il nuovo Presidente ha promesso grandi investimenti nel settore agricolo e industriale e un aumento delle pensioni finanziata con nuove tasse patrimoniali.
I due candidati, che si erano già sfidati nel 2004 e nel 2008, avevano assunto durante la campagna elettorale una diversa visione sul futuro ruolo della Serbia in Occidente. Tadic, Presidente uscente e candidato del Partito Democratico (Ds), confermava la propria linea democratica, europeista e liberalsociale e puntava tutto sulla candidatura serba all'Ue. Nikolic - ex primo ministro di Slobodan Milosevic che uscì dal Partito Radicale Serbo (ultranazionalista e filo-russo) nel 2008 per fondare il Partito del Progresso - ha recentemente assunto una politica più moderata, meno radicale e più filo-europea (lo slogan è stato "La Serbia con l'Occidente e l'Oriente"), smorzando la retorica di Tadic che inquadrava le elezioni alla stregua di un "Referendum sull'Ue".
L'ex Presidente si è congratulato con Nikolic, invitandolo a proseguire il dialogo per portare la Serbia in Europa (necessario per far uscire il Paese dalla stagnazione economica e attirare investimenti stranieri); e il neo Presidente ha confermato il suo impegno con Bruxelles pur rimanendo intransigente sulla sovranità serba del Kosovo (la cui indipendenza è stata riconosciuta da molti Paesi europei). È chiaro, allora, che sarà continuato il cammino della Serbia verso l'Ue, ma con un minor entusiasmo; mentre sarà evidente un ulteriore riavvicinamento alla Russia, storica "protettrice degli slavi del Sud".
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:44