Il garantismo peloso del Pd

La linea garantista del nuovo corso imposto da Elly Schlein al Partito democratico ci sembra piuttosto ondivaga. Se da una parte il Pd, sostenuto dalla grancassa sindacale della Cgil, si mobilita per difendere a spada tratta il sindaco di Bari da una semplice ispezione richiesta dal ministro dell’Interno a causa delle infiltrazioni mafiose (il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha definito tale ispezione “un atto di guerra politica”), di converso per bocca della sua segretaria si invocano le dimissioni immediate di Daniela Santanchè, ministro del Turismo, indagata per truffa. Queste le parole della stessa democratica compagna: “Accuse così gravi non meritano di sentire rispondere che si aspetta la fine di un processo. Siamo tutti garantisti, ma quando una ministra è indagata con l’accusa di avere truffato lo Stato per la vicenda relativa alla Cassa integrazione in deroga questo tipo di accuse mette a rischio l’onorabilità dell’istituzione che rappresenta. Torniamo a chiedere a Giorgia Meloni di agire a tutela dell’onorabilità delle istituzioni e per evitare che questo Governo metta in imbarazzo l’Italia anche nei consessi internazionali”.

Come dire, siamo tutti garantisti, ma basta una accusa mossa da qualunque Procura italiana per mandare a casa un ministro e, all’occorrenza, un premier insieme a tutto il cucuzzaro della sua maggioranza. Evidentemente il caos democratico causato dall’oscura vicenda di Mani pulite, in cui gran parte dei procedimenti intentati contro un’intera classe politica, che di fatto fu eliminata già prima che si concludessero le indagini, non è bastata. Questa evidente nostalgia per i giudizi sommari emessi a mezzo stampa, che tanto piacciono ai sostenitori dal partito trasversale degli onesti autocertificati, risulta dura a morire. Ovviamente, come dimostra l’evidente asimmetria tra il caso di Antonio Decaro e quello di Daniela Santanchè, la presunzione di non colpevolezza vale solo per i compagnucci della loro parrocchietta.

Si tratta evidentemente di un garantismo asimmetrico che sembra perseguitare da decenni la sinistra italiana. Un garantismo a senso unico un po’ troppo manettaro che, sarebbe il caso di ricordare alla Schlein, non ha mai prodotto risultati apprezzabili sul piano elettorale, soprattutto quando tutto questo tende a nascondere malamente un vuoto di contenuti piuttosto desolante.

Aggiornato il 26 marzo 2024 alle ore 10:31