La moria delle ditte individuali

Come riportato dall’Ansa, secondo un rapporto realizzato da Assoterziario-Confesercenti, “il terziario archivia definitivamente la crisi innescata dalla pandemia, ma si trasforma: tra il 2017 e il 2023, le società di capitali sono aumentate di 185mila unità, mentre sono crollate le ditte individuali (-85mila) e le società di persone (-84mila)”. Nello studio ciò viene indicato come un “segnale del progressivo consolidamento del sistema imprenditoriale, ma anche delle difficoltà delle imprese di minori dimensioni, su cui hanno pesato la doppia crisi economica e pandemica e la mancata innovazione. Un ritardo nell’adozione di nuove tecnologie che accomuna – a livelli diversi – tutti i comparti del terziario, riducendone le potenzialità di crescita”.

Occorre ricordare, per renderci conto delle dimensioni del fenomeno, che nel 2023 le imprese del terziario rappresentano oltre il 60 per cento delle attività economiche: 3 milioni e 90mila aziende, con una contrazione di 9mila unità rispetto al 2022. Secondo Nico Gronchi, vicepresidente vicario della Confesercenti con delega alle Politiche del terziario e del credito, dal rapporto si conferma la crescente difficoltà dei piccoli esercizi commerciali, i quali continuano a subire una costante riduzione di quote di mercato. “Di questo passo – sottolinea Gronchi – in prospettiva già dal 2030 le piccole imprese assumerebbero una sostanziale marginalità dei volumi di vendita intermediati, con forti ripercussioni sui livelli di profittabilità delle stesse e con conseguente vivibilità delle aree urbane e cittadine”.

Tra le cause del declino, egli individua un problema di equità concorrenziale in relazione alle attività del commercio on-line, le quali a suo dire tendono a utilizzare basi giuridiche di comodo. In questo senso, Gronchi auspica che la recente introduzione della web tax, che dal 3 per cento è stata portata al 15 per cento nel 2024, “possa garantire pari condizioni concorrenziali”. Infine, l’esponente dell’associazione di impresa indica la necessità “di investire anche sull’innovazione diffusa: ritardi culturali, ridotte dimensioni e mercati circoscritti fanno delle Pmi italiane aziende digitalmente poco strutturate e poco attente alle potenzialità della digitalizzazione dei processi di innovazione e sviluppo.”

Ora, a margine dei significativi rilievi espressi da Gronchi, non bisogna dimenticare il peso non indifferente della fiscalità, spesso occulta, e della burocrazia. Burocrazia che, anche a causa di norme europee in continua espansione, rappresenta un costo e un assillo costante per le piccole e medie aziende. In particolare, non c’è alcuna attività marginale che possa sfuggire al decreto legislativo 81 del 2008 – corposo testo unico che regolamenta la sicurezza sul lavoro – e all’obbligo del ben noto sistema Haccp – usato dalla Nasa negli anni Sessanta per assicurare pasti salubri e sicuri agli astronauti – che viene imposto a chiunque venda prodotti alimentari, anche confezionati. In soldoni, tutto questo comporta la necessità di affidarsi ad almeno un paio di consulenti, oltre a quelli fiscali, nominando altrettanti responsabili della sicurezza tra i propri dipendenti. Questi ultimi, inoltre, dovranno preventivamente seguire un corso e un costante iter per i relativi aggiornamenti.

Ebbene, dal momento che le varie associazioni sindacali appaiono obiettivamente cointeressate al mantenimento di questi fardelli burocratici, in quanto esse offrono un importante supporto ai loro associati, si comprende abbastanza chiaramente il motivo per il quale nelle loro relazioni il tema fiscale e burocratico venga spesso e volentieri rimosso. Si tratta di un micidiale combinato disposto di tasse e di adempimenti burocratici che da decenni rappresenta un convitato di pietra con cui commercianti, artigiani e piccoli imprenditori debbono fare i conti dal primo all’ultimo giorno dell’anno.

Aggiornato il 01 marzo 2024 alle ore 09:59