Il Paese del socialismo irreale

Sul piano dei nostri disastrati conti pubblici, penso che una delle sintesi migliori le abbia scritte il mio amico Nicola Porro, quando sostiene che “Siamo dei drogati attaccati alla mammella dello Stato”. Ognuno di noi percepisce qualche piccola elemosina di spesa pubblica. A fronte di 1.700 miliardi di Prodotto interno lordo, 2.700 sono i miliardi del debito pubblico e 1.100 quelli della spesa pubblica. Da Berlusconi al Pd, tutti vogliono finanziare le proprie proposte: dalle pensioni, ai sostegni per cultura e per le imprese, passando per la pubblica istruzione e per gli ospedali. Ma chi li paga tutti questi soldi?”.

A tutto ciò occorre aggiungere che la sola spesa per il nostro Welfare all’amatriciana ha toccato livelli da capogiro, raggiungendo i 615 miliardi di euro nel 2022, con un aumento di 18 miliardi rispetto al 2021. Rispetto al periodo pre-Covid si è registrato un mostruoso incremento del 18 per cento.

In soldoni, al netto degli interessi di un debito pubblico altrettanto mostruoso – esso attualmente ammonta a oltre 2.700 miliardi di euro – lo Stato intermedia e spende qualcosa come il 55 per cento della ricchezza prodotta dal Paese. Di fatto, stiamo viaggiando molto velocemente verso il catastrofico paradigma di un socialismo irreale, con le toppe nel di dietro. D’altro canto, come spesso sosteneva sconsolato il mio compianto amico e mentore Giulio Savelli, in Italia nessuno si pone mai la succitata domanda di Porro su chi paga il conto. L’impressione è che nel fritto misto di propaganda, disinformazione e analfabetismo di ritorno, la maggior parte dei nostri concittadini vivano da tempo nell’illusione secondo cui ci sarà sempre una scappatoia per finanziare ogni spesa elettoralmente desiderabile. Costoro evidentemente ignorano che prima o poi l’amara realtà di un Paese che si ostina da sempre a vivere sopra le proprie possibilità il conto lo farà pagare a milioni di sprovveduti.

Aggiornato il 28 dicembre 2022 alle ore 10:09