Il madornale errore politico del governo spagnolo

Sembra incredibile ma il governo spagnolo, guidato dal moderato Mariano Rajoy, ha commesso un errore politico madornale. Al di là della illegittimità costituzionale del referendum sull’indipendenza della Catalogna, aver mandato un esercito di poliziotti a manganellare senza pietà uomini, donne, anziani e bambini ha letteralmente sbalordito gran parte del mondo civile.

Da questo punto di vista mi associo alle parole del presidente della Liguria, Giovanni Toti il quale, commentando su Tgcom 24 le impressionanti immagini provenienti dalla ricca e produttiva regione spagnola, ha detto di essere tornato con la memoria ai regimi autoritari del Sud America di alcuni decenni addietro. In questo senso, se Madrid voleva risolvere la spinosa questione catalana con una tale, insensata prova di forza ha ottenuto un disastroso effetto contrario, motivando ancor più gli indipendentisti e attirando sulla loro causa le simpatie di buona parte dell’opinione pubblica internazionale.

Come ha giustamente dichiarato Vittorio Sgarbi sulla stessa emittente televisiva, “il miglior modo per cercare di neutralizzare un simile referendum, legale o illegale che sia, è quello di non fare assolutamente nulla”. Ed è esattamente questa, a mio modesto parere, la linea che avrebbe fin da subito dovuto adottare il governo spagnolo: consentire il regolare svolgimento della consultazione, ribadendo poi la sua illegittimità. In tal modo, anche con una vittoria del “Sì” alla secessione, si sarebbe aperta un’autostrada per le inevitabili trattative politiche con il fronte indipendentista.

Un fronte, quest’ultimo, che nel corso degli anni è cresciuto molto, pur mantenendo il tradizionale pacifismo che lo ha sempre caratterizzato. Sul piano della sostanza, i catalani che vorrebbero staccarsi da Madrid di ragioni ne hanno parecchie. Essi rappresentano infatti poco più del 15 per cento della popolazione spagnola ma contribuiscono al 21 per cento del Pil nazionale. Il loro reddito pro-capite è significativamente più elevato rispetto alla media nazionale: circa 30mila euro contro i 24mila della media spagnola. Inoltre, dal lato produttivo, la regione mostra un dinamismo assai superiore al resto del Paese, con una incidenza dell’industria sul Prodotto interno lordo del 21 per cento contro il 19 per cento della Spagna. Inoltre la Catalogna da sola attrae il 25 per cento di tutti gli investimenti esteri.

Tutto questo, in estrema sintesi, determina secondo gli indipendentisti una condizione di sfruttamento da parte del sistema politico nazionale il quale, per ragioni di consenso, userebbe la Catalogna come una sorta di bancomat per alimentare il costoso assistenzialismo spagnolo. Ora, quali che siano le effettive dimensioni di un fenomeno che anche in Italia ben conosciamo e che, occorre sottolinearlo, è insito nei moderni sistemi democratici, in cui la tentazione di usare le risorse dei singoli territori ai fini del consenso sembra avere scarsi argini, è inevitabile che esso generi nel tempo fenomeni di malcontento popolare che possono anche sfociare nelle forme più estreme di istanze indipendentiste. Istanze che, per come si stanno mettendo le cose in Spagna, a questo punto hanno due possibili sbocchi: o la realizzazione effettiva di uno Stato catalano indipendente o un accordo politico con le istituzioni centrali per una maggiore autonomia amministrativa e fiscale della regione, tertium non datur. In questo caso il “tertium” sarebbe un conflitto armato che farebbe precipitare l’Europa intera nel baratro di catastrofi del passato, e per questo neppure da prendere in considerazione.

Si spera pertanto che, per parafrasare un grande pittore aragonese del passato, i mostri generati dal sonno della ragione vengano allontanati dal senso di responsabilità di cui, da qui in avanti, sono chiamate a dar prova le più alte istituzioni spagnole.

Aggiornato il 02 ottobre 2017 alle ore 18:42