Il centenario dell’iperinflazione in Germania: la vera storia

Il 28 giugno del 1919 la Germania firmò il Trattato di Versailles con gli Alleati, ponendo ufficialmente fine alla Prima guerra mondiale. Il trattato, contenente i termini più punitivi che si potessero immaginare, avrebbe posto le basi per la Seconda guerra mondiale e l’ascesa di Adolf Hitler nel 1933. Il Trattato ordinava alla Germania di assumersi la responsabilità della Prima guerra mondiale, di ridurre il suo esercito, di cedere alcuni dei suoi territori e pagare agli alleati risarcimenti esorbitanti: le “riparazioni”. Prima di Versailles ci fu una serie di ammutinamenti da parte di marinai e soldati tedeschi, che minarono il governo del Kaiser Guglielmo II costringendolo ad abdicare il 9 novembre 1918. Seguì un Governo provvisorio per formare la coalizione di Weimar che doveva approvare il Trattato di Versailles e, in seguito, proclamare la Repubblica di Weimar, uno stato federale costituzionale.

Ciò che i libri di storia però non raccontano è che la causa del rovesciamento della monarchia in Germania fu la rivoluzione comunista del 1918 che interferì con quella russa e che fu determinante nella creazione dell’Unione Sovietica. La Germania pensava ancora di poter vincere in Europa, tenendo la Russia fuori dalla guerra mondiale e a tal fine, nel 1917, aveva aiutato il teorico politico Vladimir Lenin a tornare in patria dall’esilio in Svizzera facendolo viaggiare su un vagone ferroviario blindato attraverso la Germania, la Svezia e la Finlandia fino a Pietrogrado. Arrivato in patria, Lenin guidò la Rivoluzione d’ottobre evitando così che la Russia entrasse in guerra come volevano i tedeschi. Pertanto, a seguito del successo della Rivoluzione e il sogno di una nuova utopia marxista in Germania, i tedeschi invitarono Lenin a conquistare anche il loro Paese. La cronaca di questi fatti è reperibile sul New York Times dell’11 novembre 1918.

Tuttavia, i comunisti tedeschi, a differenza dei bolscevichi in Russia, fallirono nel tentativo di cedere il potere ai soviet. Il Partito socialdemocratico tedesco (Spd) rifiutandosi di collaborare con i comunisti, riuscì a scongiurare una guerra civile tra loro e i conservatori tedeschi, evitando così che la Germania cadesse nelle mani dei bolscevichi. Il periodo rivoluzionario tedesco durò pertanto dal 9 novembre 1918 fino all’instaurazione formale della Repubblica di Weimar nell’agosto 1919. Fu sotto il Governo di Weimar che esplose l’iperinflazione, proprio a causa del tentativo di imporre il comunismo. Infatti, la borghesia tedesca e l’élite imperiale superstite, avendo visto ciò che Lenin aveva fatto in Russia, si erano affrettate a trasferire gran parte delle loro ricchezze all’estero, soprattutto negli Stati Uniti (questo è uno dei motivi che concorse a far diventare il dollaro moneta di riserva). In Germania, le riserve auree si dileguarono e il mercato obbligazionario si dissolse: chi avrebbe finanziato un Governo che voleva consegnare il proprio Paese ai bolscevichi? Fu questo drenaggio di ricchezza a costringere la Repubblica di Weimar a stampare denaro per cercare di pagare le indennità di guerra alle potenze vittoriose. È interessante notare che l’iperinflazione raggiunse il culmine dopo il prestito forzoso del dicembre 1922: una vera e propria confisca del dieci per cento del patrimonio della popolazione, che fu la causa del crollo completo della fiducia nel Governo tedesco (i collezionisti possono acquistare il vecchio titolo obbligazionario su eBay).

All’inizio del 1923, il marco cartaceo, avendo perso quasi tutto il suo valore e non potendo più soddisfare il pagamento delle riparazioni, rese inevitabile l’occupazione da parte delle truppe francesi e belghe della valle della Ruhr, la principale regione industriale della Germania, poiché ormai solo il carbone poteva essere accettato come mezzo di pagamento. L’occupazione della Germania fu l’ultimo chiodo nella bara della valuta tedesca. Una pagnotta a Berlino che costava circa 160 marchi alla fine del 1922, costava 200 miliardi di marchi alla fine del 1923. Nel 1925, la Germania emise una nuova valuta, il Rentenmark, che non era garantita dall’oro fisico (perché era fuggito dal Paese) bensì da obbligazioni ipotecarie indicizzate al prezzo di mercato dell’oro.

Qual è la lezione per gli economisti? La chiave dell’iperinflazione non è affatto, come spesso affermano, l’eccesso di stampa monetaria (altrimenti i Quantitative easing seriali contemporanei avrebbero dovuto bruciare le principali valute mondiali) ma il crollo della fiducia pubblica. Quando i privati non acquistano più debito pubblico e spendono la valuta il più velocemente possibile o rifiutano di accettarla, al Governo, per far fronte agli impegni, non resta che stampare moneta. L’iperinflazione è dunque la conseguenza della svalutazione, mai la causa. Non ci sono eccezioni nella storia. L’iperinflazione francese fu causata da una rivoluzione che tagliò le teste ai ricchi e sequestrò anche tutti i beni di proprietà della Chiesa cattolica. Ciò provocò la fuga delle ricchezze in Svizzera e tutto si concluse con una serie di circostanze simili a quelle della rivoluzione comunista tedesca del 1918 che creò l’iperinflazione seguita dall’ascesa di Hitler mentre i francesi mossero attraverso lo stesso schema finendo sotto Napoleone.

Resta da opinare se, oggi, nei Paesi occidentali, l’iperinflazione sia plausibile. Sicuramente, stanno maturando i presupposti di una forte svalutazione, soprattutto nell’area europea abitata da governi con agende socialiste, con bassa produttività e con crescente difficoltà a vendere il debito pubblico a medio e lungo termine. Se poi si pensa che l’iperinflazione sia associata a guerre, disordini civili, elevata tassazione, controlli dei capitali, fuga dai depositi bancari, immigrazione incontrollata a cui può seguire il crollo della fiducia pubblica, è plausibile che, fra qualche anno, l’Europa possa entrare in modalità iperinflattiva. Sospetto che, questa volta, la scintilla potrebbe essere la cancellazione della valuta cartacea e l’imposizione di valuta digitale per aumentare il livello di tassazione, eludendo così la crescente difficoltà di finanziarsi attraverso il debito pubblico.

Aggiornato il 24 novembre 2023 alle ore 12:43