Fondi Ue: debito pubblico aggiuntivo, ma per fare cosa?

I ministri dell’Economia Pier Carlo Padoan e Giuseppe Tria, rispettivamente nel 2015 e nel 2018, hanno dichiarato che esiste un grave problema di mancanza di tecnici e competenze all’interno dei ministeri e degli enti locali, in grado di redigere i progetti, i piani di spesa, le rendicontazioni, necessarie per dare corso alle opere pubbliche e relative manutenzioni. Infatti, non è un problema di risorse: ci sono 150 miliardi stanziati nel bilancio statale per i prossimi 15 anni e già scontati dall’indebitamento netto. Il problema consiste nell’incapacità di spendere, nei tempi di esecuzione degli investimenti ed attuazione delle opere pubbliche: l’ultimo rapporto del governo indica che servono mediamente 15,7 anni per realizzare una grande infrastruttura di importo superiore ai 100 milioni. È necessario, quindi, creare le condizioni per favorire la partecipazione dei capitali privati alla realizzazione e gestione di infrastrutture attraverso un partenariato pubblico-privato che può rilanciare l’economia ed, appunto, attrarre capitali privati.

Ma ad oggi nulla è stato fatto per superare questo impasse e nonostante ci siano miliardi già stanziati e disponibili, le opere pubbliche non vengono messe in cantiere per incapacità ed inadeguatezza, mentre i ponti e viadotti crollano; lo stesso vale anche per i fondi europei, di cui 57 miliardi non sono stati utilizzati e, pertanto, “restituiti” per incapacità progettuale. È evidente che in Itala esiste un problema di gestione della cosa pubblica: chi guida la macchina amministrativa non è all’altezza di condurla alla corretta destinazione, Non ha senso prendere soldi in prestito dall’Unione europea se chi li dovrà gestire non è in grado di spenderli in modo fruttuoso: tutti gli ulteriori debiti andranno ad ingrassare sprechi, inefficienze, prebende, dividendi elettorali, sperperi, e finiranno per gravare ulteriormente sulla parte produttiva del paese. Chi ha analizzato la spesa pubblica (vedi Centro Studi Confindustria e Cgia di Mestre) ha potuto verificare che ci sono circa 200 miliardi aggredibili, sprechi e inefficienze superiori al 20 per cento, che hanno un notevole impatto economico negativo:

- burocrazia: 57 miliardi;

- debiti commerciali della Pubblica amministrazione: 53 miliardi;

- infrastrutture: 40 miliardi;

- giustizia: 40 miliardi;

- spesa pubblica: 24 miliardi;

- sanità: 23,5 miliardi;

- trasporto pubblico locale: 12,5 miliardi.

I governi che hanno amministrato l’enorme mole delle entrate dello Stato italiano non sono stati in grado di compiere le giuste scelte per ridurre il debito pubblico e la pressione fiscale e per utilizzare le risorse in modo efficiente e produttivo. I miliardi che servono per questi scopi vanno recuperati nel pozzo nero della spesa pubblica, storica e stratificata. In tempi eccezionali è necessario adottare misure eccezionali in questo caso revisionare la spesa pubblica dando priorità a ciò che è davvero indispensabile: questa potrebbe apparire una soluzione prociclica ma in realtà è l’unica percorribile, anche nel caso si volesse decidere di utilizzare le possibili elargizioni di prestiti della Ue, al fine di evitare di buttarli nel mucchio della spesa corrente improduttiva dei bonus e sussidi clientelari a pioggia ed al contrario destinarli agli investimenti ed alle spese infrastrutturali.

La soluzione è imitare ciò che fanno le aziende attraverso il “budget a base zero” con il quale esaminano e approvano le spese necessarie senza tenere conto dell’andamento dell’anno precedente, riflettendo su come ridurre la spesa tagliando le inefficienze e aumentando, al contempo, la produttività e la competitività sul mercato. L’obiettivo è univoco: ridurre le spese inutili mantenendo alto il valore dell’azienda, che nel caso dello Stato significa preservare unicamente i servizi indispensabili al suo funzionamento e al contempo rispettare il principio liberale di uguaglianza, davanti alle legge, dei cittadini. Per mettere in atto il bilancio a base zero ogni anno si prepara il budget come se le cifre dell’anno precedente non fossero mai esistite; ogni ipotesi di spesa deve essere ripensata da zero e quindi giustificata.

È un metodo che invita la dirigenza ed il governo a rispondere alla domanda: supponendo di iniziare la nostra attività partendo da zero, su quali attività dovremmo spendere i fondi ed a quali dovremmo dare la massima priorità? Preparare il budget come se le cifre dell’anno precedente non fossero esistite: ogni ipotesi di spesa dovrebbe essere ripensata da zero e soprattutto giustificata ex novo. Vi dicono che la spesa pubblica italiana sia incomprimibile e irrevisionabile perché chi arriva al governo si limita a confermare la spesa storica dell’anno precedente e ad incrementarla. Cioè utilizza il metodo del Budget tradizionale con il consuntivo (spesa storica) di un anno precedente come base, con ulteriori importi incrementali cioè nuovi capitoli di spesa aggiunti per il nuovo anno.

Con questo metodo le modifiche sono graduali ed incoraggia la “spesa fino al bilancio” per garantire lo stesso stanziamento di fondi per il periodo seguente e la mentalità “Spendi tutto o lo perderai”. Al contrario con il Bilancio a bilancio a base zero si arresta lo sperpero azzerando ogni anno i costi indicati nel bilancio dello Stato, evitando che costi contabilizzati nel passato continuino per inerzia ad essere inseriti poiché ad ogni anno finanziario è necessario rivalutare la sostenibilità e la inerenza di ciascun costo che deve essere nuovamente esaminato ed approvato: ad esempio, il sostenimento di costi clientelari, come canoni di locazione assolutamente esorbitanti per edifici non utilizzati che in questo caso verrebbero assoggettati ad un nuovo vaglio e non semplicemente riportati dal bilancio dell’anno precedente come avviene ora.

Aggiornato il 04 giugno 2020 alle ore 13:59