Consigli per gli acquisti

Intervistato dalla Cnbc il mese scorso a Davos, Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, uno dei maggiori fondi esistenti (160 miliardi di investimento), ha fatto un’affermazione perentoria: Cash is trash, la liquidità è spazzatura. Dalio ritiene che essere “liquidi” sia, al momento, uno dei peggiori errori che un investitore possa fare. Il fiume di denaro che le banche centrali riverseranno nei prossimi anni, ridurrà significativamente il potere d’acquisto di qualsiasi valuta. Pertanto l’invito è di investire diversificando il più possibile. La posizione di Dalio contrasta con quella di un altro grande investitore, Warren Buffett la cui holding, la Berkshire Hathaway, detiene oltre 124 miliardi in cash. Poiché le opinioni antitetiche di questi due guru influenzano a livello globale le decisioni di investimento, bisogna capire chi ha ragione.

Innanzi tutto va precisato che mentre Dalio è orientato all’investimento al dettaglio quindi al risparmiatore medio, Buffett, invece, seduto su un’enorme massa di denaro aspetta di acquistare aziende al prezzo e momento giusto. Ma alla fine, per entrambi, si tratta sempre di prevedere cosa accadrà nei mercati. Dunque chi ha ragione? Nessuno dei due. Non si creda infatti che investitori di questo calibro siano infallibili. Entrambi hanno preso delle batoste e molto probabilmente ne prenderanno ancora. Nel 2019, il fondo di Dalio ha reso lo 0.5 contro il 31.5 per cento dell’indice Standard & Poor’s 500 (compresi dividendi reinvestiti). Dalio ha quindi completamente perso il mercato azionario rialzista. Idem per Buffet, la cui strategia di investimento vecchio stile di buy & hold, comprare e tenere in portafoglio, funziona in un’economia con tendenza inflazionistica e non deflazionistica come l’attuale. Così nel 2019 Buffet ha perso ben 4,3 miliardi di dollari in un solo giorno. Buffett e Dalio non hanno creduto al rally di borsa perché, come la maggior parte che non ha tenuto conto di trend cruciali, si aspettavano un tonfo, mentre il rialzo dei mercati si è rivelato il più lungo della storia (11 anni).

Torniamo a Ray Dalio che, pentitosi di non aver compreso il trend in atto, esorta ora a eliminare la liquidità e a diversificare, consiglio che è arrivato al momento meno opportuno visto che all’epoca dell’intervista il cigno nero del coronavirus cinese era già arrivato. I mercati contengono sempre elementi di incertezza e siamo in una delle fasi più incerte dal 2008. La crescita rallenta, i debiti aumentano, le banche centrali sono disorientate, lo stress politico è al massimo, i sistemi pensionistici al collasso, le ripercussioni della pandemia cinese ancora incalcolabili, e pertanto le previsioni di mercato devono essere poste in un contesto di crescente incertezza politica ed economica. I punti di stress includono anche problemi valutari, guerre commerciali, elezioni statunitensi e vari punti caldi internazionali. Qualche frana imprevista in una di queste arene potrebbe provocare turbolenze o innescare crisi di liquidità assai peggiori di quella del 2008.

Questi sono i motivi per avere della liquidità nei portafogli, non per eliminarla. Se la liquidità viene denigrata per mancanza di rendimento non bisogna dimenticare che per ottenere rendimento, bisogna anche correre dei rischi. La qualità della liquidità è di essere anti deflazione perché se è vero che con l’inflazione il denaro si deprezza, con la deflazione si apprezza e tende ad apprezzarsi sempre di più man mano che si rafforza l’aspettativa di maggiore deflazione. Ma, soprattutto, la liquidità riduce la volatilità del portafoglio di investimento perché limita le perdite durante i ribassi. Ad esempio, in un portafoglio azionario, un calo del mercato del 20 per cento comporta una perdita del 20 per cento. Ma se una posizione di liquidità del 20 per cento riduce l’esposizione del mercato all’80, la perdita del portafoglio si abbassa al 16 per cento. E, in caso di ribassi, chi è liquido può fare shopping di rottami. La liquidità permette quindi maggior elasticità e evita di rimanere “bloccati” su specifiche classi di attività rischiando di svenderle in caso di necessità.

Quanto alla diversificazione del portafoglio, è efficace solo quando si è in grado di prevedere i trend di mercato. La diversificazione, in sé stessa, è un modo superficiale di investire perché è come distribuire scommesse su vari tavoli sapendo che se si perde in uno, si guadagnerà in qualche altro. Questo approccio ha funzionato fino a quando non è emerso, come oggi, un alto grado di correlazione positiva tra le varie classi di attività finanziarie che difficilmente si verifica. Quando nei mercati tutte le classi di attivi (azioni, immobili, metalli preziosi, monete rare, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, cripto valute) si muovono contemporaneamente nella stessa direzione, vuol dire che qualcosa di importante è cambiato. E infatti il cambiamento, in atto, è stato lo spostamento degli investimenti dal settore pubblico a quello privato che è la conseguenza della crisi irreversibile dei debiti sovrani. Il mercato rialzista in tutte le attività reali riflette la consapevolezza che i governi sono nei guai a livello globale e l’ondata di capitali che abbandona i debiti sovrani per le attività private spiega come il rialzo durerà ancora. Oggi, per un privato, sarebbe pericoloso investire in obbligazioni statali, a meno che non siano quelle statunitensi a brevissimo termine.

Infatti, l’altro importante trend di cui è imperativo tener conto, è il continuo rafforzamento del dollaro, pessima valuta ma ad eccezione di tutte le altre. Come non esiste alternativa al mercato azionario per chi cerca rendimenti, così non c’è alternativa al dollaro nel mercato valutario. Il dollaro è rimasto valuta di riserva perché è solo qui che il denaro istituzionale mondiale viene parcheggiato. La sua forza è dipesa soprattutto dai flussi di capitali che hanno lasciato e lasceranno l’Europa dove l’euro non ha importanza come moneta di riserva in quanto rappresenta tassi negativi, tassazione elevata, bassa crescita e instabilità politica. Gli investimenti nel green deal, poi, accentueranno il disastro europeo. Se scoppiasse una grave crisi mondiale, tutti i capitali si riverserebbero sul dollaro (e dove se no?) Con gravi conseguenze tuttavia. Infatti un dollaro forte è deflazionario poiché la maggior parte dei governi e delle società che sono indebitati in questa valuta, dovranno rifinanziarsi a tassi più alti e in un dollaro sempre più forte e, in caso di inadempienza, mineranno le proprie valute mentre l’offerta in dollari riducendosi, innescherà un ciclo che aumenterà ancora di più la forza della valuta statunitense. Ed è questo ciclo che provocherà un mutamento di paradigma nel sistema monetario e nell’economia mondiali. Non si verificherà, come si dice, domani, ma di certo, dopodomani.  

Aggiornato il 10 febbraio 2020 alle ore 11:41