“Che fai... li cacci?”, il libro di Di Majo

Un contributo veramente nuovo ed originale nella vastissima letteratura politologica è il libro di Alberto Di Majo, “Che fai... li cacci?” (Imprimatur, 13 euro). L’autore, con sottigliezza e stile linguistico piacevole, descrive criticamente le distorsioni che connotano la vita politica italiana, in tutti i suoi diversi aspetti, ma con particolare attenzione alle minoranze, fino al linguaggio e all’individuazione dei tratti patologici del narcisismo e della ludopatia che connotano la vita politica di oggi.

Il sottotitolo, “I dissidenti e la fine della democrazia”, mette in evidenza la preoccupazione che attraversa tutto il lavoro di Di Majo. La preoccupazione di una democrazia in pericolo che Luigi Bisignani non manca di evidenziare nella sua efficace prefazione.

Di Majo descrive perfettamente quelle che, secondo noi, sono le conseguenze di un sistema democratico dove i partiti non sono riusciti a vivere in equilibrio con il potere economico. Con la fine della guerra fredda e il processo di globalizzazione e di sviluppo tecnologico, che ha ridimensionato il capitalismo di produzione e favorito lo sviluppo del capitalismo finanziario, si è aperta una falla enorme nel sistema liberaldemocratico, che in Italia, nel corso dell’ultimo ventennio ha avuto l’esito, oggi sotto ai nostri occhi, che Di Majo sviscera disincantato.

Emerge un sistema non più fondato su partiti simili a quelli conosciuti nella prima Repubblica, ma su singole personalità che si limitano alla liturgia della vita democratica e non sanno più dare risposte concrete alle angosce e alle inquietudini dei cittadini (che, infatti, in una percentuale pari quasi al cinquanta per cento non si reca più a votare). E ciò, a nostro avviso, perché ha preso il sopravvento una sorta di schmittiano stato eccezionale che implica la restrizione degli spazi democratici dove i rappresentanti del popolo devono perlopiù limitarsi a ratificare le decisioni prese da alcuni potenti fuori dalle sedi istituzionali.

È un contesto dove la degenerazione della vita democratica del Paese colpisce inevitabilmente anche i partiti, che ormai sono essenzialmente simboli per le competizioni elettorale e ad uso e consumo di leader che hanno potere assoluto nel regolare la vita interna della loro formazione politica. È completamente saltato il rispetto per le minoranze e non è più consentito dissenso.

Ma Di Majo affonda il coltello anche nell’anima del politico che oggi fa politica narcisisticamente indotto da un contesto dove, dalla democrazia rappresentativa, si è passati alla rappresentazione della politica.

In effetti, il politico, chi più chi meno, in ogni epoca è sempre stato narcisista, ma oggi ha raggiunto un livello patologico estesissimo, ulteriormente enfatizzato dai mezzi di comunicazione di massa. È, questa del narcisismo, una patologia oggi debordante proprio perché, secondo noi, manca un contesto democratico forte nelle istituzioni del Paese e tutto viene lasciato alla videocrazia, che è l’incipit di quella condizione che Di Majo chiama egocrazia. Di Majo offre un quadro desolante che segnala una grave sofferenza della nostra società e una crisi ormai avanzata della nostra democrazia, che, al momento non sembra ancora trovare un cambio di direzione, che potrà avvenire solo attraverso un sussulto morale di massa degli italiani.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:32