
Il 3 settembre 1989, un velo di silenzio calò sull’Italia, un silenzio denso di incredulità e dolore. Durante la Domenica sportiva, unico momento in cui scoprivamo e vedevamo i filmati dei gol delle partite domenicali, arrivò, devastante e terribile, l’annuncio, pronunciato con la voce rotta di Sandro Ciotti, giornalista sportivo dalla profonda umanità, che scosse milioni di cuori: “È morto Gaetano Scirea”.
Non era solo la scomparsa di un calciatore, ma la perdita di un simbolo, un uomo che aveva incarnato i valori più puri dello sport e della vita. Quel giorno di fine estate, un incidente stradale in Polonia spezzò la vita di Gaetano, all’epoca osservatore della “sua” Juventus, lasciando un vuoto incolmabile. Ciotti, con la sua inconfondibile cadenza, diede voce al dolore collettivo, consegnando alla storia uno dei momenti più strazianti della cronaca sportiva italiana.
CHI ERA GAETANO SCIREA?
Nato a Cernusco sul Naviglio l’8 maggio 1953, Gaetano Scirea è stato molto più di un difensore. È stato l’emblema del libero, un ruolo che ha interpretato con una modernità e una visione tattica uniche. La sua carriera iniziò nell’Atalanta, ma fu con la Juventus che divenne leggenda. Arrivato a Torino nel 1974, vi rimase per quattordici stagioni, vestendo la maglia bianconera per ben 552 volte.
Con la Juventus, Scirea ha vinto tutto: 7 scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Uefa, 1 Coppa Intercontinentale e, soprattutto, la Coppa dei Campioni nel tragico Heysel del 1985. Era il capitano, l’uomo che in quel giorno maledetto cercò con dignità e coraggio di riportare un barlume di ordine e umanità in una notte di follia.
Ma la sua grandezza non si limitava ai trofei. Scirea è stato un pilastro della Nazionale italiana, con 78 presenze e l’indelebile ricordo del Mondiale del 1982 in Spagna, dove alzò al cielo la Coppa del Mondo da protagonista indiscusso, formando con Claudio Gentile una coppia difensiva insuperabile.
L’UOMO DIETRO IL CAMPIONE
Al di là delle prodezze in campo, ciò che rendeva Gaetano Scirea davvero speciale era la sua umanità. Era l’anti-divo per eccellenza: silenzioso, schivo, umile, ma dotato di una leadership naturale e di un carisma che imponeva rispetto. Non fu mai espulso in carriera, un record incredibile per un difensore, testimonianza della sua correttezza e del suo fair play esemplare. Era un uomo di poche parole, ma i suoi gesti parlavano più di mille discorsi.
La sua eleganza in campo si rifletteva nel suo modo di essere: mai una polemica, mai un atteggiamento sopra le righe. Era un esempio di professionalità, dedizione e onestà, un vero gentiluomo del calcio. La sua vita era un inno alla sobrietà, all’attaccamento alla famiglia e ai valori autentici. Gaetano non inseguiva i riflettori, ma la sua luce brillava comunque, limpida e pura, illuminando il mondo del calcio con un esempio raro e prezioso.
PERCHÉ RICORDARLO OGGI?
Ricordare Gaetano Scirea oggi è più che mai necessario. In un calcio spesso dominato dall’eccesso, dalla polemica e dall’individualismo, la sua figura emerge come un faro di speranza e un richiamo ai valori fondanti dello sport. Scirea ci insegna che si può essere campioni assoluti senza mai perdere la propria umiltà, che si può vincere tutto mantenendo la propria integrità, che si può essere leader silenziosi ma potenti. Ci ricorda che il calcio può essere ancora un veicolo di emozioni genuine, di rispetto reciproco e di passione sincera.
La sua morte improvvisa ha privato il mondo del calcio di un allenatore e dirigente di sicuro valore, ma ha consegnato alla storia la leggenda di un uomo e di un atleta che ha saputo elevare il gioco a forma d’arte e la vita a esempio di virtù. Gaetano Scirea non è solo un nome da ricordare, è un’ispirazione da custodire. È il campione che non ha mai avuto bisogno di urlare per farsi sentire, il simbolo di un’eleganza silenziosa che ancora oggi risuona potente nei cuori di chi ama il vero calcio.
Aggiornato il 04 settembre 2025 alle ore 13:26