
È un gioco di colori, rapido e pulsante, come un messaggio cifrato lanciato a oltre 300 chilometri orari. Luci che si accendono e si spengono in una frazione di secondo, codici visivi che traducono dati vitali in segnali immediati, comprensibili in un solo battito di ciglia. È così che una moto dialoga con il suo pilota mentre affronta pieghe e staccate al limite, con muscoli tesi a contenere la violenza del motore e restituire equilibrio, controllo e precisione. Nessuno spazio per numeri o lettere: in quel turbine di forze e tensioni, l’occhio umano ha bisogno di semplicità assoluta. Ma l’informazione, in pista, è potere. E per questo Ducati lavora – insieme a Lenovo – a un dispositivo che potrebbe riscrivere le regole dell’interazione uomo-macchina: un casco con visiera a proiezione dati, capace di restituire in tempo reale i parametri essenziali. Nessuna conferma ufficiale, ma a margine del Gran premio del Mugello, durante un incontro con la stampa, nessuno si è affrettato a smentire l’indiscrezione.
In Moto Gp, il regolamento è persino più severo di quello della Formula 1: nessuna comunicazione radio con i box, nessun suggerimento a distanza. Ma la tecnologia ha trovato altri canali per affermarsi. Da qualche anno, chi guida bolidi da oltre 200 cavalli può contare su un arsenale digitale sempre più sofisticato. Alla meccanica pura – pistoni, bielle, alberi a camme – si affiancano sensori, chip e chilometri di cablaggi che percorrono la moto come una seconda rete nervosa. Mostri come la Panigale, dominatrice delle ultime stagioni di Moto Gp, sono oggi organismi cibernetici in cui la potenza grezza viene imbrigliata, raffinata e trasformata in decimi di secondo. E dietro le quinte di questa metamorfosi si muove Lenovo, partner tecnologico e forza silenziosa dell’innovazione Ducati. Ogni weekend di gara è un esperimento ad alta velocità. Da ogni moto vengono estratti oltre 100 gigabyte di dati, un’enormità rispetto al singolo gigabyte che si raccoglieva nei primi anni Duemila. A bordo ci sono circa 50 sensori fisici, ma attraverso modelli predittivi e simulazioni, il team Ducati lavora come se ne avesse oltre 1.200. Niente telemetria in diretta – vietata in Moto Gp – ma appena la moto rientra ai box, inizia un’operazione chirurgica. I dati vengono scaricati, elaborati, confrontati. Tutto accade in pochi minuti: il pilota è ancora nel garage, il sudore non si è ancora asciugato, e gli ingegneri hanno già tra le mani l’anatomia digitale del giro appena concluso. In pista come a Borgo Panigale.
In questa corsa contro il tempo, la tecnologia Lenovo è la leva strategica. Workstation ad altissime prestazioni, server Edge progettati per resistere al calore, alla polvere e al rumore del paddock. Ma è l’Intelligenza artificiale a fare davvero la differenza: oggi, grazie a modelli matematici sempre più raffinati, Ducati è in grado di individuare la miglior configurazione del motore in un solo giro. Un’operazione che, fino a qualche anno fa, richiedeva almeno quattro tentativi. Significa più tempo per lavorare sul passo gara, sull’usura delle gomme, sulla strategia.
E ciò che accade in pista non resta confinato tra i cordoli. Il reparto corse di Ducati è anche una fucina di innovazioni per la produzione di serie. Le Panigale stradali di oggi incorporano molte delle tecnologie affinate nei circuiti: sistemi di controllo di trazione, gestione elettronica del freno motore, piattaforme inerziali sviluppate per il Moto Gp. In alcuni casi, gli stessi sensori usati per la gara vengono impiegati per ottimizzare le prestazioni delle moto di tutti i giorni. Perché, in fondo, ogni curva affrontata a 300 chilometri all’ora può insegnare qualcosa anche a chi guida molto più lentamente – ma con la stessa passione.
Aggiornato il 28 giugno 2025 alle ore 10:09