
Domani cambierà la guida del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni). Giovanni Malagò ha lasciato l’incarico dopo aver superato otto governi e sette premier, portando in alto la Nazionale azzurra alle ultime due Olimpiadi e lo sport italiano in generale. Alla vigilia dell’elezione del suo successore, il presidente del Coni degli ultimi 12 anni ha rivendicato con fierezza quanto costruito: “Lascio un prestigio altissimo sia nazionale sia internazionale dello sport italiano. Risultati sportivi mai ottenuti prima, i conti in ordine, un consenso che a guardare le imminenti elezioni mi sembra difficile da ottenere e un’offerta di eventi sportivi incredibili, uno su tutti i Giochi olimpici di Milano Cortina 2026”. Il fiore all’occhiello della sua amministrazione, simbolo della proiezione globale raggiunta dal sistema sportivo italiano.
Non manca un accenno ai rapporti con i due principali rivali nella corsa alla presidenza, Angelo Binaghi e Paolo Barelli: “Non ci andrei a cena o in vacanza, ma per difendere lo sport sono pronto a entrare nel pacchetto di mischia al loro fianco”. Un’affermazione che ben sintetizza lo spirito di Malagò: istituzionale, ma mai disgiunto dalla competizione. Resta sullo sfondo la questione dei rapporti tra politica e sport, tema ricorrente durante il suo mandato: “Dipende dalle persone. Ho molto apprezzato come il Governo sia rimasto fuori dalla campagna elettorale, pur se qualcuno ne aveva prima pronosticato l’intervento e poi pure millantato. Credo che debba essere sempre lo sport ad eleggere i propri rappresentanti, il che non significa non poter andare a braccetto con la politica. Dipende sempre da che uso e consumo se ne fa, ho visto da parte di qualcuno una straripante attività in quel senso”.
Una riflessione più ampia tocca anche il contesto socio-politico del Paese. “L’Italia è molto più arrabbiata, meno tollerante e con minor fiducia nel futuro. Diversamente da me. Premesso che il nostro sport va molto meglio del Paese, faccio il tifo per Giorgia Meloni e spero che vinca la sua scommessa a medio-lungo termine. Io sono un patriota. Definizione scivolosa? Non me ne frega nulla. E poi patriota non significa nazionalista”, ha ragionato Malagò. Un messaggio che traccia un solco netto con qualsiasi forma di estremismo, riaffermando una visione dell’identità nazionale come appartenenza e responsabilità. Infine, il saluto e un augurio a chi prenderà il suo posto: “Agisca diversamente da me, garantisca la trasparenza, non abbia paura di sbagliare e sia disponibile con tutti. La mia porta è sempre stata aperta”. E sul possibile esito dell’elezione, Malagò non ha dubbi: “Chi vince domani? Luciano Buonfiglio”.
Aggiornato il 25 giugno 2025 alle ore 12:44