
Andrebbero presi quei disinformatori sempre in servizio che hanno commentato a caldo: “Trionfa Carlos Alcaraz. Fallimento per Jannik Sinner”, e cacciati per mettere in circolo il veleno della mistificazione. Dubito lo facciano per caso, perché questo di cui sto parlando è l’esempio della più subdola, strisciante ma potente distrazione di massa che s’insinua ovunque e trasforma qualunque aspetto, dalla super politica, alle legalità, alla cronaca, alle dimensioni internazionali fino allo sport, in un artificio a uso diabolico. Sfaldare tutto, disintegrare il bene convenzionale e conservatore, coi profili di quella parte storica esistenziale avversa al sovvertimento. Ancora nessuno reagisce?
Quello che è accaduto domenica scorsa sul campo rosso di Parigi nella Finale del Roland Garros 2025 non è la sintesi lanciata come un siluro. Ciò che è accaduto è “la Finale più bella di sempre”, come hanno detto subito i competenti per come Jannik Sinner ha giocato. Non solo perché noi siamo italiani e quindi dalla parte assoluta del nostro campione, che sia ricevuto, onorato e acclamato come merita. Perché è Jannik il protagonista indiscusso della “partita più lunga della storia del Roland Garros”. Carlos Alcaraz è il trionfatore, si può dire anche il re di Parigi, nulla da togliere. Ma “il vincitore morale” è lui. Una volta era così, dai greci, dall’epica e in tutta la storia fino ai partigiani. Sappiamo più cosa significa in un tempo in cui “morale” urtica le orecchie e fa venire il sangue negli occhi? Sinner è il più grande. Lo scrivo limpidamente perché al termine della competizione alcuni tecnici imparziali hanno detto che la Coppa andava data ai due, ad evitare stati d’accusa estranei al principio sportivo. E hanno obiettato che la sfida era vinta ai set in cui Sinner era in vantaggio. Non essendo apparentemente come gli sport in cui ci si può far male, si è andati avanti. Ma il tennis non è il calcio. Adesso attendiamo il doping e gli esami, che possono ribaltare la fama sul campo. Intanto rileviamo che anche nel tennis femminile si vedono trasformazioni del gioco e dei giocatori che stanno cambiando la disciplina più atletica per antonomasia in una mattanza di muscoli. Non solo. Fin qui i falli erano mandare la palla fuori dalla riga, ma forse andrebbero considerati aspetti per cui il tennis non è una corrida.
La partita disputata tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner è stata uno scontro tra titani, tra fuoriclasse, tra super tennisti, tra un toro e un alloro alato, dove fino a domenica aveva sempre vinto la virtù, non il toro. È talmente così che per la prima volta l’altoatesino non si è dimostrato l’atleta sui generis corretto e sportivo, ma ha chiuso la partita serio, pensieroso, disgustato. È vero che non c’è sempre il vento in poppa, figurarsi di questi tempi! Se hai ragione hai torto, se sei onesto ti trinciano, se hai vinto coi valori te la fanno pagare, se poco poco reagisci arrivano multe per ragioni che fanno saltare qualunque aplomb. Anche Sinner, anche il suo staff, anche parecchi si sono accorti che il tifo era del tutto anomalo. Jannik fischiato perché “italiano”, lo ha scritto anche Massimo Gramellini, di corsa la mattina dopo, finalmente spaventato da quello che l’allegra “banda non è reato” ha coperto. È così vero che le telecamere hanno ripreso continuamente la mamma di Sinner, e il gruppo di Alcaraz, muti, neri, a parte i boss. La mamma di Sinner a un certo punto ha pianto e dal labiale si è capito che ha detto “non ci vengo più se questo è giocare”. E al termine della partita lo spagnolo è andato dai boss, dei quali si è vista appena una smorfia dietro gli occhiali scuri.
Ecco cosa succede quando, come vado dicendo da tempo, i valori si invertono per partito preso e idee screanzate. Ed ecco dove il diavolo infila la coda. Sparigliare tutto e tutto avvelenare. Invece le partite e l’esempio sportivo vero andrebbero portate nelle scuole, proiettate e discusse con staff di tecnici, i protagonisti stessi, la migliore prevenzione per i giovani e per tutti i mali che girano. Dove c’è lo sport è chiara la ragione e le regole di chi vince e chi perde. Chi vince non vince per sempre e chi ha perso può tornare campione e talvolta eroe. Le ingiustizie non hanno campo e il merito non è in discussione. Non ci sono rabbia, violenza e mai e poi mai crudeltà per futili motivi. Questo manca nella vita e nell’educazione. Non gli staff di promotori Lgbt e poliziotti di sinistra, mai fino a questo sconvolgimento il non cedere aveva giustificato l’orrore. C’è gente che obietta che lo sport dell’era fascista va abolito fin dalla mentalità e hanno snaturato le Olimpiadi.
Mi pare che il tennis stia scivolando in quei parametri dove addirittura di maschi e femmine non si distingue più il genere, mentre il primato è non scavalcare il confine identitario. Per questo lo staff di Sinner ha contestato la punizione della Wada e hanno scritto “punito perché innocente”. Spetta a chi è istituzione oltre che ai controllori stabilire i criteri e valutare le violazioni. Non chi perde vince ed è un lasciar fare. Soprattutto per il Roland Garros, che non è un super slam come tutti gli altri, è la sfida intitolata a un aviatore francese, pioniere dell’aviazione e pilota di aerei da caccia durante la Prima Guerra mondiale, noto per aver stabilito vari record di volo, tra cui il primo attraversamento del Mar Mediterraneo in aereo nel 1913. La sua morte in guerra nel 1918 gli valse il titolo di eroe nazionale, e il suo nome è stato scelto per commemorarlo lo stadio di tennis di Parigi dell’Open di Francia.
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Aggiornato il 11 giugno 2025 alle ore 12:16