Fallimento “nazionale”, come rialzarsi

Una figuraccia che rischia di diventare molto di più. La sconfitta per 3-0 maturata venerdì scorso contro la Norvegia, nelle qualificazioni per i Mondiali di calcio del 2026, ha scoperchiato un vaso di Pandora per la Nazionale di calcio italiana e per la Figc. La disfatta cocente contro una Norvegia molto forte e decisamente più organizzata dell’Italia, ha portato all’esonero lampo – ufficializzato ieri – del commissario tecnico Luciano Spalletti e alla ricerca di un allenatore in grado di portare la Nazionale a vincere – e anche bene – le prossime sette partite del girone di qualificazione e sperare in un playoff. Nel 10° anniversario della vittoria dei Mondiali del 2006, una Coppa del Mondo senza Italia sarebbe lo smacco definitivo (e anche il terzo mondiale di fila saltato dagli azzurri).

Al momento, l’allenatore più quotato per prendere il posto del tecnico ex Napoli e Roma è Claudio Ranieri. Ufficialmente, mancherebbe solo il “” del giallorosso che già due volte si è ritirato in carriera, che dopo un colloquio con la Roma – di cui è un dirigente – sarebbe stato autorizzato ad accettare l’incarico azzurro. Sebbene per Ranieri questo sarebbe il clamoroso terzo ritorno, come si fa a dire di no alla chiamata prima della squadra del cuore e poi del proprio Paese? Quindi, la probabile Italia di Sir Claudio dovrà ripartire dal prossimo ritiro con l’obiettivo di vincerle tutte e con tanti gol di scarto, per sperare di arrivare almeno secondi nel girone e accedere ai playoff. Comunque, se Ranieri alla fine dicesse di “no”, il piano B sarebbe un ritorno nello Stivale di Stefano Pioli.

Comunque, il fallimento del calcio italiano è molto più grande della sconfitta contro la Norvegia. I punti critici sono sempre i soliti: i giovani che stentano a esordire, i settori giovanili che pensano al risultato invece che giocare a pallone, la mancanza di investimenti, il rifiuto dei progetti a lungo termine e, soprattutto, l’immobilità della Federazione italiana. La Figc, sotto la guida di Gabriele Gravina (a capo del calcio dal 2018) ha portato a casa un Europeo nel 2021, ma è riuscita a far registrare un calo generico della qualità della Serie A in campo europeo – a parte le vittorie di Atalanta e Roma in Europa e Conference League – e a mancare clamorosamente la qualificazione alla Coppa del Mondo nel 2022. Dati alla mano, aiutati dalla logica e dal senso comune, Gravina dovrebbe dimettersi dal suo incarico. Anche perché il presidente della Figc è al suo terzo mandato, e in Italia c’è un bisogno disperato di una ventata d’aria fresca.

Aggiornato il 09 giugno 2025 alle ore 16:19