
“Per molti di noi, lo stadio è diventato una seconda casa, un posto dove andare quando non sapevamo dove altro andare”.
Così il protagonista di Febbre a 90, il romanzo calcistico di Nick Hornby, descrive lo stadio dell’Arsenal riuscendo a dare una definizione in cui qualunque tifoso può riconoscersi.
Gli stadi italiani sono però, da troppo tempo e nella maggior parte dei casi, dimore malandate e pericolanti nelle quali si trascorre soltanto il tempo necessario a vedere la partita. È stata proprio la Premier League, a partire dal Taylor report commissionato da Margaret Thatcher per risolvere i problemi della violenza degli hooligans, a spiegare al mondo quale tesoro possa essere un impianto sportivo moderno, dotato di negozi, ristoranti e altre attrazioni legate alla squadra che lo gestisce direttamente o in proprietà o con forme di concessione di lungo periodo.
Lo stadio come “bene pubblico”, legato a una concezione dello sport quasi dilettantistica, è una visione anacronistica che non può più essere giustificata. Il calcio professionistico è un’industria importante all’interno del settore sportivo che ormai a livello europeo vale oltre il 2% del Pil. Proprio avendo presente la necessità di riammodernare gli stadi e fare ordine tra le diverse iniziative delle singole squadre nei confronti dei Comuni proprietari del bene, il Governo si appresta a varare il Decreto Sport.
Il provvedimento, fra le altre cose, introdurrà una procedura commissariale per sbloccare i procedimenti di rinnovo degli stadi esistenti e per procedere alla costruzione di nuove strutture. Gli investimenti già programmati sono circa 5 miliardi ma pare che la cifra sia destinata a crescere. Si tratta di un primo passo certamente necessario per provare a sbloccare un tassello fondamentale per il consolidamento e lo sviluppo del calcio professionistico in Italia.
Da tempo si vedono arrivare investimenti stranieri in squadre di calcio italiane che testimoniano dell’interesse che ancora la Serie A suscita a livello internazionale. La carenza di infrastrutture adeguate e moderne, che consentano di aumentare i ricavi non confinandoli a quelli da biglietti durante gli eventi va affrontata e risolta.
Speriamo che le misure del Governo e la spesa pubblica conseguente siano solo il primo passo perché gli stadi possano essere ceduti a chi può gestirli professionalmente e con profitto. Ne guadagnerebbe lo Stato, recuperando i soldi spesi, e tutti noi tifosi, follemente innamorati di una maglia e di un pallone e pronti a trasferirci armi e bagagli nelle nostre scintillanti case calcistiche.
(*) Direttore Osservatorio economia digitale Ibl
Aggiornato il 28 aprile 2025 alle ore 13:24