La storia non si fa “con i se e con i ma”. Questo è l’invito di professori, genitori e amici che dai primi aliti di vita ci consigliano di essere realisti. “Pragmatici”. Ecco, forse è questa la parola più amata da chi vuole farci intendere al più presto – per il nostro bene – che nella vita non si può perdere tempo. Non sono affatto d’accordo con quest’affermazione. Perché, soprattutto nello sport, sono i “se” e i “ma” a cambiare per sempre il corso della storia. E nel 2011, quando Derrick Rose ha vinto non ancora 23enne il titolo di Most valuable player dell’Nba, anche chi (come me) “puzzava ancora di latte” si è accordo che il gioco del Basket non sarebbe più stato lo stesso.
Il più grande What if? della pallacanestro, ieri, ha detto basta alle scarpette alte, al parquet e al pallone marcato Wilson. D Rose si è ritirato a 35 anni, dopo 15 stagioni di cui l’ultima passata tra le fila dei Memphis Grizzlies. Ma tutti se lo ricorderanno per quei quattro anni ai Chicago Bulls, durante i quali era certo che Derrick sarebbe diventato l’erede di Michael Jordan. Un ragazzo prodigio cresciuto nei sobborghi della windy city, che viene preso come prima scelta assoluta al Draft 2008, dopo anni di purgatorio sportivo, è stato ciò che i tifosi dei Bulls stavano aspettando da tempo. E Rose non ha disatteso le aspettative, vincendo nella stagione 2008-2009 il premio di Rookie of the season, prendendo ritmo nel 2010 e portando Chicago in Finale di Lega nel 2011. Poi persa contro i Miami Heat di LeBron James.
Chissà, se D Rose non si fosse rotto il legamento crociato anteriore sinistro – dicasi anche: se non si fosse distrutto un ginocchio – forse avremmo assistito a una rivalità stile Lionel Messi-Cristiano Ronaldo tra il ragazzo di Akron e il giovane prodigio del South Side. Ma la storia non si fa con i se e con i ma. Dopo il grave infortunio, perfino uno spot dell’Adidas aveva srotolato il tappeto rosso per il grande ritorno (The Return) del wonder kid dell’Illinois, ma niente da fare. Il gioco in Nba è sempre quello, ma le ginocchia del ragazzo di cristallo non sono più le stesse.
C’è chi dice che il basket è stato troppo crudele con Rose. lui, invece, sarà perennemente grato allo sport “che ha portato un ragazzo di Chicago in posti che non avrebbe mai visto”. Derrick ha persino comprato uno spazio sul giornale di ogni città in cui ha giocato, per ringraziare i tifosi del loro sostegno. Per chiudere con la pallacanestro in grande stile, proprio come aveva cominciato. “Il basket è stato solo l’inizio, ora voglio dedicarmi completamente alla mia famiglia, se lo meritano”, ha confessato alla Espn.
“È tempo di mostrare al mondo chi sono oltre la pallacanestro”, ha chiosato l’ex Bulls. Ed è tempo per noi di lasciar andare quel What if perché, mentre i tifosi hanno passato una vita a sperare in un sogno mai realizzato, non si sono che Derrick Rose è riuscito a realizzare il suo. “Il mio obbiettivo da bambino era diventare un giocatore di Nba. Il mio non è un addio, è un ringraziamento”.
Aggiornato il 27 settembre 2024 alle ore 19:08