Non è facile avere più di un’occasione nella vita. Non è facile che il treno che passa, poi, ti faccia salire. Non è facile soprattutto se il tuo Paese ti ricorda per un rigore sbagliato in un 26 giugno del 1996. Sono gli Europei di calcio: la semifinale, a Wembley, è tra Germania e Inghilterra. Il risultato al termine dei tempi regolamentari è 1-1 (reti di Alan Shearer e Stefan Kuntz). Poi la proverbiale lotteria dagli undici metri. Non sbaglia nessuno, tranne lui, Gareth Southgate, all’epoca 25enne, difensore centrale diventato in poco tempo un punto fermo del pacchetto arretrato accanto alla leggenda Tony Adams. Subito dopo Andreas Möller, invece, gonfierà la rete. Tedeschi in finale (alzeranno il trofeo contro la Repubblica ceca) e i Tre Leoni – organizzatori del torneo – a casa.
Sempre a Londra, nell’ultima edizione del torneo continentale, la Perfida Albione si gioca la posta in palio più alta nuovamente dal dischetto del penalty. Manco a dirlo, i tempi regolamentari vedono nel tabellino un pareggio, 1-1 (reti di Luke Shaw e Leonardo Bonucci). Perderà ancora – contro l’Italia – e altro dramma collettivo per un Paese che già cantava it’s coming home, it’s coming home it’s coming football’s coming home dei Three Lions. C’è sempre lui, Southgate, ma stavolta nelle vesti di tecnico. Ct britannico, peraltro, presente anche nel 2018, ai Mondiali in Russia, quando gli inglesi sono sconfitti 2-1 dalla Croazia in semifinale, pur essendo andati in vantaggio dopo 5 minuti con Kieran Trippier, superati in seguito da Ivan Perisic e Mario Mandzukic.
Domenica, per Gareth Southgate, un altro capitolo della sua storia che assomiglia tanto a quella dell’eterno secondo, o giù di lì. O, per essere più schietti, dell’inguaribile perdente. La finale dei Campionati europei, in Germania. Dall’altra parte del campo la Spagna, squadra che finora ha espresso il miglior gioco. Per l’allenatore, nato a Watford, due coppe di Lega, da giocatore, vinte con Aston Villa e Middlesbrough, è l’ennesima occasione per togliersi quel tarlo dalla testa. Che pesa come un macigno. E che ha quasi 30 anni. Come ricorda in una circostanza: “Ho giocato vent’anni, ma vengo ricordato solo per quell’episodio. Ora alla guida della Nazionale mi sento di avere un debito da ripagare”.
Aggiornato il 12 luglio 2024 alle ore 15:46