L’Inter ha vinto il suo 20° scudetto con cinque giornate di anticipo. Due i gol – di Francesco Acerbi e di Marcus Thuram – che hanno regalato la seconda stella ai nerazzurri di Simone Inzaghi, che hanno raggiunto questo storico traguardo battendo per 2-1 il Milan nel derby della Madonnina. La squadra di Stefano Pioli, fortemente contestata dopo essere uscita ai Quarti di Europa League contro la Roma, nulla ha potuto contro la formazione più forte, più organizzata e più determinata d’Italia. Il gol all’80° minuto di Fikayo Tomori ha riacceso la speranza per un pareggio dei rossoneri, ma solo per un momento. Molto nervosismo nel finale di gara, con l’espulsione diretta di Theo Hernandez e Denzel Dumfries – non esattamente due chierichetti prestati al mondo del pallone – che si sono messi le mani addosso. Rosso anche per Davide Calabria agli sgoccioli del recupero per aver tirato un colpo al volto di Davide Frattesi.
Da un lato, quello rossonero, di Milano c’è molta tensione e nervosismo – come può capitare – mentre dall’altro la gioia è incontenibile. A fine partita, i giocatori sono corsi a festeggiare con la Curva Nord, che ha portato in trionfo i suoi calciatori, reduci da un cammino in campionato pressoché perfetto. Poi i festeggiamenti si sono protratti per tutta la notte, in Piazza Duomo, dove neanche il maltempo è riuscito a fermare il popolo nerazzurro, letteralmente un fiume in piena.
“Bellissima serata e bellissime emozioni, da condividere col mondo nerazzurro, dai dirigenti al presidente, che purtroppo non può essere qui, ma l’ho sentito. Tutti felicissimi”, ha esordito ai microfoni dei giornalisti Simone Inzaghi, uno dei principali artefici della seconda stella dell’Inter. L’allenatore nerazzurro ha costruito una macchina perfetta, i cui ingranaggi (i giocatori) raramente hanno sbagliato il loro movimento. E la facilità – apparente – con cui l’Inter ha vinto, prima le partite e poi il campionato, è valsa al tecnico il soprannome di Demone di Piacenza. Non male per chi veniva appellato come provinciale e successivamente Re di coppe, per i suoi successi in Coppa Italia e Supercoppa italiana. Insomma, quando da bordo campo Inzaghi dice “salite”, l’Inter recupera palla. Quando il Demone dice “tira”, allora la sua squadra segna. Sic et simpliciter.
Ma uno scudetto, l’allenatore, non può vincerlo da solo. Ogni tecnico ha bisogno dei suoi pallini, che mettano in campo le idee del mister in maniera efficace. Primo fra questi Lautaro Martínez, con 23 gol, è anche il capocannoniere della Serie A (e probabilmente resterà tale, visto che Dušan Vlahović – al secondo posto – ne ha segnati fin ora 16). L’attaccante argentino, in coppia con Marcus Thuram, ha guidato il Biscione sul tetto d’Italia a suon di reti, segnate con una facilità apparentemente disarmante. Il figlio d’arte classe 1997, preso a parametro zero in estate, ha segnato in campionato 12 gol e fornito 7 assist. Uno dei migliori acquisti del calciomercato estivo. Menzione d’onore anche per il mediano Hakan Çalhanoğlu, con 11 gol segnati quasi tutti su rigore, senza sbagliare mai, che ha dato sicurezza e solidità in mezzo al campo, ereditando il posto di Marcelo Brozović in maniera esemplare.
Discorso a parte va fatto per la difesa dell’Inter, che definirla granitica è dire poco. Francesco Acerbi, Alessandro Bastoni, Benjamin Pavard e il jolly Matteo Darmian hanno difeso egregiamente la propria area di rigore, e grazie alle ottime prestazioni del portiere Yann Sommer – nella sua prima stagione italiana – i nerazzurri hanno subìto solamente 18 reti, mettendo a referto 19 clean sheet stagionali. Miglior attacco, miglior difesa, una sola sconfitta e una media di quasi due gol e mezzo a partita. L’Internazionale infine può ancora battere il record – detenuto dalla Juventus di Massimiliano Allegri – di 44 partite consecutive in gol. Per ora, Lautaro e compagni sono a quota 41. C’è chi continua a chiamarla Inter, ma da oggi il termine adatto è “campione d’Italia”.
Aggiornato il 04 maggio 2024 alle ore 12:15