Supercoppa, un male necessario

Napoli e Fiorentina hanno aperto le danze della nuova Supercoppa italiana, sul modello spagnolo a quattro squadre. I partenopei guidati da Walter Mazzarri hanno trovato la loro seconda vittoria consecutiva – dopo quella al fotofinish contro la Salernitana – grazie al gol di Giovanni Simeone e alla doppietta di Alessio Zerbin, subentrato nella ripresa. La Fiorentina, che non riesce a segnare, mette a referto solamente un rigore sbagliato da Jonathan Ikoné, tanti errori e una manovra troppo lenta per impensierire Pierluigi Gollini. Ma non è stata la partita – a tratti altamente soporifera – a rubare l’occhio agli spettatori, ma la cornice in cui si è giocata. Il flop annunciato della Supercoppa in Arabia Saudita è stato tristemente confermato, visto che lo stadio di Riad ha fatto registrare una delle più basse affluenze della stagione, in termini di presenza di tifosi. La massima capienza dell’Al-Awwal Park Stadium – che di solito ospita i sostenitori dell’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo – è di 25mila persone, ma solo 9.762 paganti si sono messi comodi sui seggiolini dell’impianto per assistere alla sfida tra Napoli e Fiorentina. Solamente al Castellani, a Empoli – che comunque può ospitare solamente 16mila tifosi – è stata registrata un’affluenza più bassa.

Ma i sauditi volevano Milan e Juventus, altro che Napoli e Fiorentina. Non è stato facile spiegare al pubblico pagante di trovarsi – come da regolamento – davanti alla squadra campione d’Italia e alla finalista della Coppa nazionale. Il deserto di Riad ha fagocitato il calcio italiano, ora e per i prossimi quattro anni, durata del contratto siglato dalla Lega e dall’Arabia Saudita. Certo, non è stata la prima volta che una Supercoppa sia stata giocata fuori dai confini nazionali per motivi pubblicitari: a Gedda, a Riad, a Doha e nel 1993 – la prima edizione a essere giocata fuori dallo Stivale – a Washington D.C., e 30 anni fa il Corriere della Sera scriveva Milan-Torino: per qualche dollaro in più. Checché ne dicano i nostalgici dello sport “puro”, ieri come oggi a spostare gli equilibri è il fattore economico, prima ancora del fattore campo.

L’Arabia Saudita ha messo sul piatto 6,8 milioni per la Serie A, mentre 8 milioni andranno alla squadra vincitrice del torneo e 5 milioni alla seconda classificata. Infine, 1,5 milioni entreranno nelle casse di ciascuna delle altre due concorrenti. L’allenatore della Lazio Maurizio Sarri – che oggi giocherà contro l’Inter di Simone Inzaghi per un posto in finale – ha detto che “andiamo a elemosinare” in un torneo da “prendi i soldi e scappa”. Ma il vile denaro è necessario, per un campionato come quello italiano, che fa dei diritti televisivi la sua principale (e praticamente unica) fonte di guadagno. E se il prezzo da pagare sono lo stadio vuoto, le partite di Serie A rimandate, i viaggi, e il caldo al posto della Tuborg, ben venga. Al giusto prezzo, ci si può sempre mettere d’accordo.

Aggiornato il 19 gennaio 2024 alle ore 17:21