L’eccesso di affetto

Nessun errore, nessuno sbaglio. Un ammonimento e tutto come prima. Probabilmente, nell’agonismo è possibile – per citare Massimo Gramellini – snocciolare frasi ed epiteti che potremmo sentire direttamente dalla voce del sergente Hartman (interpretato da Ronald Lee Ermey) del film Full Metal Jacket diretto da Stanley Kubrick. Ovvero l’osso duro dei marine che, nella famosa pellicola, accoglie Leonard Lawrence (Vincent D’Onofrio) con un cordiale “Palla di lardo”. Qualche atleta, a sentire quelle parole, potrebbe risentirsi. E soffrirne. Ma c’è l’eccesso di affetto che mette tutti d’accordo.

La vicenda, per farla breve, è la seguente. C’è un processo sportivo, due ex ginnaste – Nina Corradini e Anna Basta – che parlano di presunti abusi psicologici. L’allenatrice della Nazionale di ginnastica artistica, Emanuela Maccarani (“undici mesi difficili e dolorosi, la mia coscienza resta pulita, è una ferita che resterà per tutta la vita”), riceve – per l’appunto – una ammonizione. La sua assistente, Olga Tishina, è assolta.

Nell’arringa finale il procuratore federale, Michele Rossetti, sottolinea: “Non c’è prova di un comportamento vessatorio nei confronti delle ginnaste”. Invece, se c’è stata una colpa da parte di Emanuela Maccarani, è quella di un “eccesso di affetto nei confronti di una di loro”.

Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, osserva: “Ho sempre rispettato ogni pronunciamento degli organi di giustizia, naturalmente compresa quella sportiva, tanto più nel ruolo di Governo che mi è stato affidato. Confermo questa mia impostazione anche in relazione al pronunciamento del procuratore federale della Federginnastica relativo alle denunce fatte da alcune ex atlete azzurre nei confronti della allenatrice Maccarani Nel rispetto dovuto, non posso non rilevare una mia perplessità su alcuni passaggi del dispositivo – osserva – nel quale si giustifica quanto accaduto e denunciato, per quanto ritenuto non provato, collegando eventuali abusi con il troppo amore nei confronti delle ragazze. Non c’è amore che possa spiegare e giustificare un abuso, anche verbale, nella vita come nello sport”.

Potremmo continuare a citare interventi su interventi. Però, in questa storia, – al netto di tutto – la parola “rispetto” esce fuori poco o nulla. Ecco, servirebbe rispetto. A grandi dosi, non un tanto al chilo. Rispetto della persona. Punto e basta.

Aggiornato il 02 ottobre 2023 alle ore 19:31