Si è perso il conto di quante volte durante i playoff di Nba i Miami Heat siano passati dal paradiso all’inferno, e poi di nuovo in paradiso. Dopo le sette partite della finale di Conference, la squadra di coach Erik Spoelstra ha staccato il pass per le Finals, ma non senza soffrire. Fino a lunedì 22 maggio, la franchigia della Florida comandava la serie per 3-0 contro i Boston Celtics. Jimmy Butler e i suoi erano a una partita dalla gloria, dalla terza finale in 10 anni. Ma il motto della squadra del Massachusetts è “bleed green”, ovvero sanguinare verde, e non si sarebbero mai fatti da parte facilmente. E così è stato. Da 3-0 a 3-3, un’amnesia di Miami che poteva costarle il sogno finale, che la squadra del Sunshine State si era costruita passo dopo passo entrando ai playoff come sfavorita, da ottava del seed Nba.

Stanotte, gli Heat hanno performato l’ennesimo miracolo della stagione. Complice sicuramente l’infortunio di Jayson Tatum, la stella dei Celtics – probabilmente anche il giocatore più forte di tutta la Eastern conference – che si è fatto male nella prima azione di gioco. Sul piano dell’attacco e della difesa, nessuno dei due quintetti ha brillato particolarmente: ritmi tesi e azioni poco spettacolari. Miami però, a differenza di Boston, è riuscita a segnare la maggior parte delle triple tentate. Per Jaylen Brown e i suoi invece, stanotte il canestro pareva essere stregato. Neanche un motto di spirito al terzo quarto, che ha fatto tremare le gambe ai giocatori in maglia nera e rossa, è riuscito a migliorare la situazione del quintetto con la canotta verde. Nell’ultimo quarto di gara, i Celtics hanno staccato definitivamente la spina. Comunque, applausi per gli sconfitti, che si sono battuti fino all’ultimo uomo come gli spartani, eliminando sul loro cammino una delle favorite al titolo, i Philadelphia 76ers.

Ma quest’anno Miami, come dicono negli Stati Uniti, “it’s something different”, è qualcosa di diverso. Un quintetto titolare definito dagli opinionisti come “ok”, adesso si trova in finale contro i Denver Nuggets di Nikola Jokić, che hanno giocato tre partite in meno rispetto agli Heat. La franchigia del Colorado non ha mai vinto il titolo di Campione Nba, e quest’anno sembra avere tutte le carte in regola (riposo compreso) per una splendida prima volta. Ma coach Spoelstra e i suoi non vanno sottovalutati, come ci hanno ricordato i Boston Celtics e i Milwaukee Bucks prima di loro.

Il presidente Pat Riley e l’allenatore degli Heat – che potrebbe, con l’ennesimo anello al dito, chiudere definitivamente la questione su chi sia il più forte di sempre – hanno costruito, con colpi mirati, una squadra di guerrieri (e non di figurine) che ricorda a tutti i tifosi di come il basket, prima dell’All-star game, prima dello Slam dunk contest, prima delle superstar, sia un gioco di squadra, in cui dieci gambe e dieci braccia si muovono all’unisono, come in un complesso strumento musicale. E i Miami Heat di questi playoff suonano come la Nona di Beethoven. Dirige l’orchestra il maestro Erik Spoelstra.

Aggiornato il 30 maggio 2023 alle ore 17:07