Manchester City: i marziani di Pep

A volte tutto ciò che serve a un uomo, è una seconda possibilità. La vittoria schiacciante del Manchester City sul Real Madrid per 4-0 di ieri sera sa di rivincita, inutile nasconderlo. Salto indietro nel tempo a un anno fa, quando i Blancos hanno rimontato i Citizens – avanti con un parziale di 2-0 – nei minuti di recupero. Pep Guardiola, da quel momento in poi, ha meditato la vendetta – probabilmente in maniera inconscia – fino alle 21 di ieri, quando nei 90 minuti dell’Ethiad Stadium ha impartito a tutto il mondo una lezione di calcio. Una delle sue. Dati alla mano, il Real Madrid per la prima metà di gara non ha praticamente toccato palla (al 34esimo minuto il possesso era diviso 79 a 21). È pur vero che se il missile terra-aria partito dal destro di Toni Kroos non avesse colpito in pieno la traversa, ora si parlerebbe di un’altra partita. Ma la stessa sorte che ha tolto la gioia di una finale al City un anno fa, adesso sorride alla squadra di Manchester, che si giocherà a Istambul la possibilità di vincere la prima Champions League della sua storia.

Pep in finale c’era già arrivato, due anni fa, contro il Chelsea di Thomas Tuchel, di cui i Blues della stagione 2022-2023 sono la copia (decisamente) sbiadita. A quel tempo, nella città di Porto, è stato Kai Havertz a gettare in porta il pallone del 1-0 finale. Una vittoria di “corto muso”, che ha consegnato il trofeo alla compagine londinese, non la favorita alla vigilia. Due anni fa, come l’anno scorso, Guardiola ha masticato amaro, ma non ha rifiutato la sconfitta, l’ha accolta a braccia aperte come un vecchio amico imparando dai propri errori. Il 10 giugno prossimo, il tecnico avrà la sua seconda chance per redimersi, per portare nel centro dell’Inghilterra una Coppa dei Campioni, che finora è stata alzata solo dagli acerrimi nemici del Manchester United.

L’allenatore spagnolo ha dalla sua parte una squadra di soldati che lo seguirebbero fino in capo al mondo: presi, voluti, allenati, coccolati e al bisogno “sgridati”. 22 titolari plasmati a immagine e somiglianza di Pep, che si sono sempre fidati del suo processo di crescita, e che quest’anno proveranno a raccogliere, in Europa, i frutti del loro seminato. La prima regola del City di Guardiola: il pressing. Lo ha capito, su tutti, il Real Madrid, che per tutta la semifinale di ritorno non è riuscito a costruire un’azione che avesse un capo e una coda, sempre costretto alla frenesia – e quindi, all’errore – dagli 11 “cani malati”, per usare una frase di José Mourinho, di Manchester. Ma il vero asso nella manica del tecnico di Santpedor è la panchina. Ieri all’84esimo e all’89esimo minuto sono scesi in campo due classe 2000, Phil Foden e Julian Alvarez (la punta titolare dell’Argentina campione del mondo, per rendere l’idea), per mettere minuti nelle gambe. Al 91esimo, passaggio filtrante no look dell’inglese per il campioncino, che con un colpo da biliardo ha regalato il 4-0 ai suoi.

C’è un problema però. Guardiola per raggiungere la vetta d’Europa deve “passare” sopra l’Inter di Simone Inzaghi, che finora ha eliminato dalla Champions il Barcellona, il Porto, il Benfica e il Milan. Come nel 2010, per citare ancora una volta lo Special one, “per loro è un’ossessione, per noi è un sogno”. Sono 13 anni che i nerazzurri bramano una finale di Coppa dei Campioni, e il loro desiderio, e di tutti i tifosi, si è finalmente avverato. Chiunque abbia visto la semifinale di ritorno tra City e Real, direbbe che il Manchester è a tratti ingiocabile, ed effettivamente è la squadra favorita per il titolo, ma l’Inter non uscirà dall’Atatürk Olympic Stadium senza lottare con tutte le sue forze e, perché no, senza provare a vincere la coppa.

La “redenzione” di Pep Guardiola si articola in tre atti. Il primo, di cui si è discusso a lungo, è il desiderio di portare la Champions agli emiri, che hanno ingaggiato il tecnico spagnolo proprio per questo motivo. Il secondo, è la vittoria della Premier League, per la quinta volta, e per la terza consecutiva. Un sogno che è (quasi) diventato realtà dopo che l’Arsenal ha gettato al vento un campionato quasi perfetto. In Inghilterra, d’altronde, il livello è così alto che la differenza tra un trofeo in bacheca e una stagione fallimentare è il “quasi”. Poi, il terzo e ultimo atto, è la finale di Fa Cup, da giocare il 3 giugno contro i “cugini” del Manchester United. Un derby di coppa che, se tutto va alla perfezione, potrebbe significare Triplete per Pep.

Aggiornato il 18 maggio 2023 alle ore 18:06