Ci sono i miti, i fuoriclasse, i grandi campioni ma anche i gregari, “i subentrati che decidono una partita a pochi minuti dal triplice fischio dell’arbitro”. E lo fanno “sfruttando le occasioni a loro disposizione”. A raccontarlo è il libro “Riserve di lusso. Storie dalla panchina” a cura di Maria Luisa Spera e Cesare Milanti (edito da Ultra) con la prefazione di Giuseppe Pastore, che ammette: “Personalmente impazzisco per le storie sportive di follia senza rete: quelle in cui un giocatore o un allenatore prendono una decisione senza alcun senso apparente, mettendo in conto che si esporranno a guardia bassa al fuoco incrociato di chi li massacrerà se le cose andranno male, o invece li innalzerà a geni del pensiero se andranno bene. Tutto o niente, intuito puro, vivere o morire con la propria idea”.
Titolari, sostituti, rivalità: dalla staffetta tra Gianni Rivera e Sandro Mazzola (Mondiali in Messico nel 1970) a José Altafini, che a 34 anni approda alla Juventus: “rimpiazzo” di Roberto Bettega e Pietro Anastasi, in due stagioni realizza 25 gol. Fino ai giorni nostri con Felipe Caicedo: l’ex attaccante della Lazio (ora al Genoa) fa scintille specialmente nei minuti di recupero, una fascia temporale poi ribattezzata, giustappunto, zona Caicedo.
Poi ci sono i grandi finiti in panchina – come Roberto Baggio, Alessandro Del Piero, Francesco Totti – fino a chi si rivela decisivo partendo di rincorsa come il cavallo del Palio di Siena. Tipo Daniele Massaro, l’uomo della Provvidenza, un Mondiale vinto in Spagna nel 1982 “seppur più vicino agli spogliatoi che alla porta avversaria”, due reti nella finale di Champions League contro il Barcellona di Johan Cruijff (in una stagione con 11 marcature in 29 presenze, di cui 12 da subentrato), una convocazione last minute per la Coppa del Mondo di Usa 1994, con un gol al Messico e il rigore fallito nella tremenda lotteria di Pasadena. Una faccia pulita ma senza pietà, per molti un “impiegato modello, sempre pronto ad assecondare la mission aziendale, che nel Milan targato Silvio Berlusconi era fare razzia di trofei”. Oppure Vincenzo Montella, l’Aeroplanino, fulgido esempio dell’essere “al posto giusto al momento giusto”, simbolo dello scudetto della Roma conquistato nella stagione 2000/2001, “la giusta ricompensa” per chi “con la sua voglia e la sua professionalità ha accumulato tutto quel karma positivo che poi, in una tenebrosa notte di Torino, che stava per diventare drammatica, ha saputo riscattare guadagnandosi la gloria eterna” (per chi non lo sapesse, o per chi ha rimosso quegli istanti, parliamo del gol del 2-2 dei giallorossi contro la Juventus. Ah, chi ha segnato? Montella, ndr).
Senza dimenticare Baby-faced assassin, al secolo Ole Gunnar Solskjaer, norvegese, testa fredda ma cuore caldo: “Prima delle rose profonde, delle panchine lunghe e degli specialisti del subentro, c’era lui. Più che una Riserva di Lusso, il titolare di partite che non duravano mai più di 25 minuti, create su misura per permettergli di mostrare al mondo la sua abilità nel rendere ancora più relativo il concetto di tempo”. Perché il puntero del Manchester United “era una miscela esplosiva di intelligenza naturale applicata al calcio e istinto del killer elevato all’ennesima potenza in area piccola”, che mette il timbro nella finale di Champions contro il Bayern Monaco del 1999: sotto di una rete, i Red Devils ribaltano il corso degli eventi tra il 91esimo e il 93esimo. E il match winner è proprio il ragazzo messosi in mostra al Molde, osannato dai tifosi britannici al ritmo di “Your are my Solskjaer, my Ole Solskjaer, you make me happy, when skies are grey”.
“Riserve di lusso” parla pure di Sergio Goycochea, che spegne riflettori sulle notti magiche della banda di Azeglio Vicini, Luis Muriel e l’occasione chiamata Atalanta, le treccine di Edward Henrik Larsson, Ray Parlour e quel ruolo di attore non protagonista nell’Arsenal di Arsène Wenger. Insomma, tanti capitoli carichi a pallettoni, come quello su Walter Pandiani, il fucile del Deportivo de La Coruña, squadra che schiera anche il pistolero olandese Roy Makaay o sullo spietato giardiniere Julio Ricardo Cruz. Un libro da leggere, per conoscere – come ben descritto da Giuseppe Pastore – quelli che “giocano partite tutte loro, di mezz’ora al massimo”, che “vivono e muoiono su frequenze cardiache e pulsazioni diverse dagli altri”. Ossia, chi dà origine “a grandi storie”. E “il calcio, spietata metafora della vita, non poteva certo fare eccezione”.
(*) “Riserve di Lusso. Storie dalla panchina”, a cura di Maria Luisa Spera e Cesare Milanti, Ultra, 256 pagine, 16,50 euro
Aggiornato il 02 dicembre 2022 alle ore 22:40