Andre Agassi: over the top

Da poche ore ha compiuto 51 anni. Il tempo è volato da quell’esordio a 16 anni e dai successi: Wimbledon (1992), Roland Garros (1999), Us Open (1994, 1999), Australian Open (1995, 2000, 2001, 2003) e la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta. L’amore, da un lato e l’odio, dall’altro, per il tennis (“per quanto voglia fermarmi, non ci riesco”). Prendere o lasciare: questo è – è stato e sarà – Andre Agassi.

Flipper, così veniva chiamato il genio di Las Vegas, non ha mai lasciato nulla al caso. Come raccontato su Open, La mia storia, un viaggio senza fiato nella storia dell’atleta. A cominciare dagli esordi e dal rapporto con il padre-padrone, che lo vuole numero uno al mondo (risultato che raggiungerà, come è ovvio). Gli allenamenti di Mike Agassi sono estenuanti: 2500 palle colpite al giorno, ovvero 17500 a settimana. In parole povere: un milione all’anno.

Metodi disumani che danno il là a un fuoriclasse della racchetta, un animo punk che ha regalato spettacolo a ogni latitudine, con abbigliamento fluo, catenazzo da tamarro vero, orecchini e chioma mashata. Una carriera travolgente, con match incredibili e la rivalità con Pete Sampras (“credo che il nostro peggior incubo sia svegliarsi il mattino seguente e ritrovarsi nei panni dell’altro”).

Un libro che affonda le radici nell’uomo Andre Agassi. Una storia da non perdere. Con una riflessione che, forse, appartiene a un po’ a tutti noi. Se non a tutti, a molti: “Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita”. Game, set, match.

(*) Andre Agassi, “Open. La mia storia”, Einaudi

Aggiornato il 04 dicembre 2022 alle ore 09:37