Niki Lauda, un posto fra i miti

Ogni epoca ha i suoi modelli. Attualmente però, rispetto al recente passato, il cambiamento di stile di vita, dovuto principalmente all’avvento dei social, ha del tutto trasformato il modo di idealizzare qualcuno, in particolare nello sport. Nell’automobilismo, di miti senza tempo ne ricordiamo solo due: Tazio Nuvolari e Gilles Villeneuve. Oggi è un brutto giorno, però. Perché è venuto a mancare proprio il pilota che ha cambiato il modo di essere amato. Poiché la sua aura non la emanava con la naturale personalità, come gli altri due, ma se l’era costruita attraverso una straordinaria forza di volontà, primo nel suo settore ad averlo fatto. È questo il merito di Niki Lauda, che lo rende uno dei pochi vincitori del passato ad essere conosciuto anche fra i giovani d’oggi.

Probabilmente la tristezza che cala in noi quando scompare un grande personaggio è dovuta anche alla rinnovata consapevolezza che anche i miti sono mortali. E dato che il suo sport, a quei tempi, era pericolosissimo e che lui aveva sconfitto addirittura il fuoco, fatichiamo ad accettarne la morte.

I suoi record in pista sono stati superati, ma ci sentiamo di dire che oggi è diverso. L’eliminazione quasi totale del pericolo (una volta morivano uno o due piloti di Formula Uno all’anno, fatto percentualmente spaventoso) fa sì che questo sport sia diventato un gioco di abilità, quasi un videogioco. Tanto che un campione proprio di videogiochi, Jann Mardenborough, è stato scelto per correre, davvero, a Le Mans con i top driver. All’epoca di Lauda, invece, i campioni erano soprannominati (dalla penna di Marcello Sabbatini, storico direttore di Autosprint) “i cavalieri del rischio!”.

Ci piace pensare che oggi ci abbia lasciato un vero “cavaliere del rischio”. Qualcuno capace di portare, sotto il viso sfigurato, il carisma di un personaggio unico, ponte simbolico fra i piloti uomini del passato e gli abili mestieranti di oggi.

Aggiornato il 03 dicembre 2022 alle ore 11:23