Un tifoso morto, molti feriti, nove arresti, Daspo per recidivi, cori razzisti di gruppo: un bilancio tragico di una partita di calcio che riapre riflessioni e ripercussioni sulla violenza, di ogni tipo, dentro e fuori gli stadi. A San Siro il giorno di Santo Stefano si è perduta una grande occasione: gestire, senza incidenti, un evento sportivo di cartello come Inter-Napoli e dare una lezione a quei “pochi beceri” che hanno ricoperto d’insulti il difensore senegalese del Napoli Kalidou Koulibaly. Un gigante in gara ma anche dopo gara, quando è stato espulso per un fallo tattico e aver applaudito polemicamente, ancora non è molto chiaro, verso l’arbitro o verso gli ultra che lo stavano svillaneggiando. L’arbitro Mazzoleni inflessibile nel tirare fuori il cartellino rosso non ha saputo cogliere l’entità dei continui “buuu” razzisti che tutti hanno ascoltato sugli spalti e quanti si trovavano davanti ai televisori.
Il regolamento del calcio è preciso: cacciare i tifosi razzisti (ci sono gli steward che vedono tutto lungo le scalinate) e non chi li subisce reagendo, magari scompostamente. Eppure, erano stati effettuati tre avvertimenti attraverso gli altoparlanti nel primo tempo. Quando la situazione stava diventando insopportabile l’allenatore del Napoli Carlo Ancelotti e il dirigente della società hanno chiesto per tre volte alla Procura federale (presente) di far sospendere la partita. Niente. La procedura è precisa. Basta applicarla: avvertimento al pubblico, sospensione dell’incontro con le due squadre a centrocampo. Ultima ratio se i cori razzisti non finissero partita persa a tavolino per il club dei tifosi colpevoli. Con Ancelotti, una vita sui campi di gioco e Nazionale, si è detto s’accordo subito l’altro campione e allenatore Rino Gattuso. Ha fatto sentire la sua opinione anche Cristiano Ronaldo: “No al razzismo e a qualunque offesa e discriminazione”. Ma, come accade spesso in Italia, è polemica sulle interpretazioni dei regolamenti. “La Seria A gioca”, ha subito dichiarato il presidente della Figc Gabriele Gravina. Ma la Procura ha messo il dito nella piaga. Il giudice presidente Giuseppe Pecoraro ha spiegato che “gli uomini della Procura hanno segnalato ai funzionari dell’ordine pubblico e al quarto uomo che la squadra napoletana chiedeva lo stop”. Ha subito reagito il presidente degli arbitri Marcello Nicchi che si è sentito messo sotto accusa. Una brutta pagina per il calcio italiano ma anche per i giornali e le televisioni (salvo qualche eccezione), che hanno sottovalutato la pericolosità di possibili scontri, tanto è vero che a dare man forte agli ultras nerazzurri erano arrivati a Milano tifosi del Varese e del Nizza, gemellati. Siamo stati sommersi da fiumi d’inchiostro, da immagini di violenza e dai cori razzisti.
Le sanzioni adottate dal giudice sportivo della Federcalcio (due giornate di squalifica per Koulibaly, due a Insigne per offese all’arbitro, due gare a porte chiuse per l’Inter, stop alle trasferte dei tifosi nerazzurri) arrivate dopo l’indignazione dell’opinione pubblica hanno un difetto: per ora non intaccano il problema alla radice come fecero in Inghilterra quando dominavano i famigerati hooligans. È stato anche ricordato che già a settembre, durante Napoli-Juventus, Koulibaly era stato sommerso dai “buuu” razzisti, mentre i tifosi bianconeri alzavano caratelli tipo “Napoli usa il sapone”. “Non si può morire per andare a vedere una partita di pallone”, ha detto Matteo Salvini. Così, il ministro dell’Interno ha deciso di convocare tutte le società di calcio e i responsabili dei tifosi di tutta Italia. Meglio tardi che mai.
Aggiornato il 19 dicembre 2022 alle ore 15:56