Il docente faccia quello che vuole e sia disposto a prendere legnate
“Stanotte, non potendo dormire per la tosse, ho pensato tutt’a un tratto che era meraviglioso veder sgorgare dalla mia scuola un virgulto vigoroso e diverso, con tutti i suoi segreti gelosi, con un’infinità di ideali in comune con me e con un’infinità di segreti suoi che non spartisce con nessuno, nemmeno col fratello prete babbo che io sono per lui. Che era meraviglioso da vecchi prendere una legnata da un figliolo, perché è segno che quel figliolo è già un uomo e non ha più bisogno di balia, e qui è il fine ultimo di ogni scuola: tirar su dei figlioli più grandi di lei, così grandi che la possano deridere. Solo allora la vita di quella scuola o di quel maestro ha raggiunto il suo compimento e nel mondo c’è progresso”.
A questa lettera indirizzata da don Milani a Michele, ex scolaro di Barbiana, nel dicembre del 1963 (e consultabile in Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, Mondadori, 1970, pp. 198-202), ho pensato dando una scorsa alla versione definitiva delle Indicazioni per il curricolo della Scuola dell’infanzia e delle Scuole del primo ciclo di istruzione (una scorsa, dicevo, che leggere un centinaio di pagine di, perlopiù, competenze e obiettivi generali e specifici è cosa al di sopra delle mie forze).
Sul documento ministeriale si è acceso un dibattito sulla visione occidentalocentrica e culturalmente conservatrice di cui sarebbe portatore.
Dibattito certamente interessante poiché l’opera di cesellamento delle discipline, soprattutto quelle umanistiche, nella scuola dell’obbligo, è sempre stata nella storia di ogni Stato nazionale, proiezione delle sensibilità e delle aspettative della classe dirigente del momento.
Ciò non toglie che gli insegnanti, sol che lo vogliano, abbiano una via d’uscita per vanificare gli obbiettivi tutti etico-politici affidati alla scuola da questo come dai governi futuri, di qualsivoglia segno politico (una via d’uscita, garantita dall’autonomia scolastica e prospettata proprio dalle Indicazioni quando ricordano che l’insegnante resta libero di apportare “le integrazioni e le modifiche che riterrà opportune”).
E allora? Allora, limitando qui lo sguardo alla Storia, l’insegnante progressista a cui è particolarmente cara la Resistenza, richiamata dalle Indicazioni già nei primi due anni della primaria, potrà dedicarle tutte le giornate che vorrà. Il reazionario, convinto che quella pagina di storia sia stata gravata da una guerra civile tra italiani, potrà rievocare i martiri di Belfiore e le Cinque giornate di Milano per insufflare ardori unitari e patriottici.
Nel gran bazar delle Indicazioni nazionali ognuno potrà cercare ciò che più risponde ai suoi gusti e qualora non lo trovasse potrà sempre portare in classe quello che nel documento ministeriale non c’è.
Se poi, a distanza di anni, il docente conservatore dovesse apprendere che il “virgulto”, ora adulto, è incappato in guai giudiziari perché dopo molte letture era arrivato alla conclusione della legittimità e della necessità della rivoluzione proletaria e quello progressista venire a sapere che un suo ex allievo ha curato, considerandolo il maggiore filosofo italiano novecentesco, una nuova edizione dell’opera omnia di Julius Evola, non dovrebbero crucciarsi ma rallegrarsi entrambi di aver preso la milaniana legnata. I maestri, come i propri genitori, vanno, metaforicamente, uccisi.
Aggiornato il 18 dicembre 2025 alle ore 14:31
