C’è una costante presente nel “metodo Gratteri” che accomuna le modalità con cui il noto procuratore conduce certe maxi-operazioni antimafia con quelle con cui lo stesso tende a reperire le informazioni in rete o nelle varie chat di messaggistica. In ambedue i casi vi è infatti, alla base, una sfrenata esigenza di spettacolarizzazione finalizzata alla spasmodica ricerca del consenso tra i media e l’opinione pubblica.
In entrambe le situazioni considerate, il modus operandi adoperato da Nicola Gratteri risulta pressoché il medesimo. Lo stesso che, nel periodo di tempo compreso tra il 2018 e il 2024, è costato ai contribuenti italiani qualcosa come 78 milioni di euro, denari gentilmente erogati dalle casse dello Stato come forma di risarcimento per le ingiuste detenzioni in Calabria. Un dato, quello relativo agli indennizzi corrisposti negli ultimi anni ai cittadini calabresi vittime degli allegri metodi delle cosiddette “procure d’assalto”, principalmente quelle di Catanzaro e Reggio Calabria, che fa ancor più specie se raffrontato con quello nazionale. A fronte di una popolazione che ospita meno di due milioni di abitanti, la Calabria ha assorbito, dal 2018 ad oggi, il 35 per cento dell’intera spesa destinata a risarcire le vittime di ingiusta detenzione.
Scendendo più nel dettaglio, si scopre inoltre che le operazioni condotte dalla Dda di Catanzaro coordinate da Nicola Gratteri dal febbraio 2017 al settembre 2023, con riferimento ai soli procedimenti per i quali è già intervenuta almeno una sentenza di primo grado, riportano il numero di 1.121 persone arrestate, delle quali ben 423 assolte, corrispondente ad una percentuale del 37,4 per cento, circa quattro volte più alta rispetto alla media nazionale. Dati indubbiamente disastrosi, che evidenziano chiaramente come, almeno nella fase cautelare, il “metodo Gratteri” non tenga minimamente conto delle garanzie e dei diritti del cittadino.
Con la stessa inappuntabile accortezza il procuratore di Napoli si dimena nei salotti televisivi per cercare dei possibili appigli utili ad avvalorare la sua personale battaglia contro la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati promossa dall’Esecutivo di centrodestra. Accade così, che l’incauto Gratteri si ritrovi nel bel mezzo di una diretta televisiva ad attribuire al compianto Giovanni Falcone delle dichiarazioni da questo mai pronunciate. Il tutto, al solo scopo di avvalorare la propria narrazione sullo spinoso tema della riforma giudiziaria, rispetto al quale il procuratore continua ad ergersi in ogni occasione utile quale ultimo baluardo a sostegno del No alla separazione. Il risultato che deriva da tale condotta è a dir poco impietoso: una colossale figuraccia per il magistrato di origini calabresi, figlia dell’eccessiva foga e di una scadente capacità di discernimento che lo induce a fondere e confondere le più alte verità con le menzogne più artefatte.
Aggiornato il 17 novembre 2025 alle ore 09:40
