Militari esclusi dall’Albo istruttori di volo: emergono le criticità pratiche e giuridiche

La recente entrata in vigore del Regolamento Enga 2025, emanato dall’Enac (Ente Nazionale Aviazione Civile), sta suscitando una forte polemica nel mondo dell’aviazione e tra le Forze Armate. La novità più contestata è l’introduzione dell’articolo 5 che impone, tra i requisiti per l’iscrizione all’Albo Nazionale degli Istruttori di Volo (registro disciplinato dal Codice della Navigazione, con gli art. 732, 736, 897 e 1250), la condizione di non essere in servizio militare attivo. Questa modifica esclude automaticamente i militari in servizio, anche se dotati delle qualifiche necessarie, generando proteste in vari ambienti istituzionali. La norma appare priva di una base normativa primaria che la giustifichi e contrasta con i principi generali del diritto italiano ed europeo, che vietano discriminazioni ingiustificate basate sullo stato di impiego. A sollevare l’attenzione giuridica sul problema è stato Lorenzo Midili, vicecommissario provinciale di Viterbo per “Noi Moderati”, che ha definito il provvedimento “non solo privo di fondamento tecnico e giuridico, ma anche profondamente discriminatorio”.

Midili ha osservato che la disposizione colpisce esclusivamente i militari, mentre non si applica ad altri corpi dello Stato ad ordinamento civile come la Polizia di Stato, i Vigili del Fuoco o la Polizia Penitenziaria, creando una disparità di trattamento ingiustificabile.

Il rappresentante politico si interroga apertamente sulla legittimità di tale esclusione, domandandosi per quale motivo siano stati esclusi proprio i militari e non, ad esempio, medici, avvocati o altri professionisti che, al pari loro, svolgono funzioni pubbliche. La norma, osserva Midili, rischia di generare un evidente squilibrio nei diritti individuali e professionali, colpendo una categoria che serve lo Stato e che, fuori dall’orario di servizio, non viola alcuna norma nell’esercizio di attività civili come l’istruzione al volo. Ma la questione sollevata è anche, e soprattutto, di natura costituzionale. Midili denuncia una possibile violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, sottolineando come non si possa discriminare i militari se in possesso delle stesse abilitazioni tecniche previste per i civili. Ricorda inoltre che l’accesso alle professioni, secondo quanto stabilito dall’articolo 33, comma 5, deve dipendere da titoli ed esami di Stato, non da una condizione soggettiva come lo status militare. Infine, richiama l’articolo 97 della Costituzione, che impone alla Pubblica Amministrazione di operare secondo criteri di imparzialità e buon andamento, evitando quindi esclusioni arbitrarie e prive di fondamento. “Su quale base Enac ha scelto di escludere proprio i militari e non, ad esempio, avvocati, medici o altri professionisti?”, si chiede, proponendo l’apertura di un tavolo di confronto con il Ministero della Difesa e le rappresentanze del settore.

Il regolamento Enga 2025 appare come un atto regolamentare interno dell’Enac, ma la sua legittimità può essere messa in discussione proprio perché introduce un vincolo che va oltre la semplice competenza tecnica, incrociando sfera individuale e libertà di professione. In assenza di una norma di rango superiore che autorizzi espressamente tale esclusione, la disposizione potrebbe essere impugnata per eccesso di potere o per violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e libertà professionale. In ambiente legislativo, non è chiaro se siano pronte proposte di legge per cancellare o modificare l’articolo incriminato. Tuttavia, la questione assume rilievo anche per i risvolti pratici: un sottufficiale membro delle Forze Armate che sia istruttore per passione e abbia i titoli richiesti rischia ora di perdere la possibilità di operare come docente nel settore, semplicemente a causa del proprio status di servizio. Questo divieto, contraddicendo le regole vigenti dei regolamenti militari che consentono attività extracurricolari nei limiti delle compatibilità, appare come una compressione ingiustificata della libertà individuale e professionale. Alla domanda su quanto questa esclusione possa influire sulla struttura complessiva del personale di volo in Italia, resta aperta la questione della sostenibilità operativa: se una categoria qualificata e con esperienza viene esclusa, la platea di istruttori rischia di farsi più ristretta, con possibili effetti sulla formazione e sul costo del servizio.

Per il futuro, l’auspicio da più parti è che l’Enac riveda la disposizione, eliminando il requisito discriminatorio e ristabilendo una parità di trattamento. Solo attraverso un dialogo tra istituzioni, ministeri competenti e rappresentanze militari potrà essere restituita certezza normativa e garantita la tutela dei diritti di coloro che servono lo Stato in uniforme, senza ostacoli ingiustificati all’esercizio delle proprie competenze civili.

Aggiornato il 13 ottobre 2025 alle ore 11:16