
Il Nobel per la Pace 2025 è stato assegnato all’attivista María Corina Machado. Lo ha annunciato l’Istituto Nobel durante la cerimonia a Oslo, in Norvegia. Il premio va alla “lady di ferro” venezuelana, la leader che si oppone al regime. È considerata la principale spina nel fianco del presidente de facto, Nicolás Maduro, esponente numero uno del chavismo al potere nel Paese sudamericano. Il Comitato del Nobel, leggendo la motivazione, l’ha definita una “coraggiosa e impegnata paladina della pace, una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente. Machado riceverà il premio Nobel per la pace per il suo instancabile lavoro nel promuovere i diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia. Machado è stata una figura chiave e unificante in un’opposizione politica un tempo profondamente divisa, un’opposizione che ha trovato un terreno comune nella richiesta di libere elezioni e di un governo rappresentativo”. E questo, sottolinea il Comitato, “è esattamente ciò che sta al cuore della democrazia: la nostra comune volontà di difendere i principi del governo popolare, anche quando non siamo d’accordo”.
Le motivazioni ricordano la catastrofica evoluzione del Venezuela negli ultimi anni “da un Paese relativamente democratico e prospero a uno stato brutale e autoritario che ora sta attraversando una crisi umanitaria ed economica”. Ricordando come Machado si batté “per elezioni libere e giuste più di 20 anni fa” e come lei stessa disse, si trattava “di una scelta tra schede elettorali e proiettili”. Il comitato ha voluto ricordare come Machado nell’ultimo anno, sia “stata costretta a vivere in clandestinità. Nonostante le gravi minacce alla sua vita, è rimasta nel Paese, una scelta che ha ispirato milioni di persone”. María Corina Machado è la leader dell’opposizione in Venezuela, diventata famosa in tutto il mondo durante le primarie nell’ottobre 2023, quando ha ottenuto il 90 per cento dei voti con oltre 3 milioni di voti, per sfidare la violenta dittatura di Maduro al potere dal 2013. Ma la lotta democratica al regime della “libertadora”, soprannome in omaggio al “libertador” Simon Bolivar, è stata bloccata dai tribunali venezuelani prima del voto e l’opposizione si è compattata intorno a Edmundo Gonzalez Urrutia. Da allora Machado vive in clandestinità. Nata a Caracas, capitale del Venezuela, nel 1967, Machado si è formata come ingegnere industriale prima di entrare in politica. Nel 2002 ha fondato Súmate, un gruppo di volontariato che promuove i diritti politici e monitora le elezioni. Freedom House, un gruppo di monitoraggio, afferma che le istituzioni democratiche del Venezuela si sono deteriorate dal 1999, “ma le condizioni sono peggiorate notevolmente negli ultimi anni” a causa della dura repressione da parte del governo del presidente Nicolás Maduro.
“Sono sotto shock!”, ha dichiarato María Corina Machado dopo l’annuncio del Premio Nobel per la pace, come rivela un video. Secondo il segretario del Comitato Kristian Berg Harpviken, ripreso dal Guardian, Machado ha affermato: “Questo è un premio a un intero movimento”. María Corina Machado pensa al futuro. “Sono sicura che vinceremo. Stiamo lavorando duramente per raggiungere questo obiettivo, ma sono sicura che vinceremo. Questo è, naturalmente, il più grande riconoscimento per il nostro popolo, che lo merita davvero”, ha aggiunto l’ex deputata al segretario del comitato Nobel, che l’ha informata della decisione telefonicamente. “Questo è un movimento, una conquista per tutta la società. Sono solo una persona, e di certo non lo merito”, ha detto un’emozionata Machado, a cui il capo dell’istituzione norvegese ha risposto: “Te lo meriti”. Machado ha parlato telefonicamente con l’oppositore in esilio a Madrid, Edmundo González Urrutia, considerato da gran parte della comunità internazionale il presidente eletto del Venezuela alle elezioni del 28 luglio 2024. La vittoria di queste ultime è stata assegnata a Maduro in un processo caratterizzato da ombre nella divulgazione degli scrutini e dal forte sospetto di brogli denunciati da varie entità indipendenti. La risposta di González a Machado è arrivata immediatamente dopo, utilizzando un’espressione colloquiale venezuelana per esprimere la portata dell’evento: “Questo è un carajazo” (un termine usato nel Paese per descrivere un “colpaccio”).
“Basiamo le nostre decisioni unicamente sul lavoro e la volontà di Alfred Nobel”. È stata questa la replica del presidente del Comitato del Nobel per la Pace, Jorgen Watne Frydnes, rispondendo alla domanda di un giornalista sulle richieste avanzate da Donald Trump negli ultimi mesi per ottenere il prestigioso riconoscimento che oggi è stato assegnato a Machado. “Nella lunga storia del premio Nobel per la Pace, credo che questo Comitato abbia visto ogni tipo di campagna, di tensione mediatica”, ha aggiunto. “Riceviamo migliaia e migliaia di lettere ogni anno di gente che ci vuole dire che cosa, secondo loro, porta alla pace. Questo comitato siede e prende la sua decisione in una stanza piena di coraggio e integrità”, ha sottolineato ancora il presidente del Comitato. “Il Comitato per il Nobel ha dimostrato che antepongono la politica alla pace”. È quanto ha scritto in un post su X Steven Cheung, portavoce della Casa Bianca, dopo l’assegnazione del Nobel a Machado. Intanto, si susseguono le reazioni. Come racconta oggi al corrispondente di Repubblica Antonello Guerra il segretartio del Nobel Kristian Berg Harpviken: “Abbiamo avuto il nostro ultimo incontro il 6 ottobre e non ce ne sono altre in programma. Quanto avvenuto prima del 31 gennaio 2025, per regolamento, non può mai costituire il motivo principale del premio. Generalmente la decisione finale sul premio viene presa, dopo mesi di incontri e confronti, tra agosto e settembre. “Non è che cambiamo idea la sera prima”, dice il direttore. E rassicura anche sul peso, nullo, delle pressioni esterne: “Ignoriamo il rumore esterno e valutiamo senza alcuna influenza”. Quanto si sono detti nelle segrete stanze di Oslo i membri della commissione del Nobel, o quanto si diranno il prossimo anno, quando sarà presa in seria considerazione la candidatura di Trump, lo sapremo tra 50 anni. Perché questa è un’altra regola: solo dopo mezzo secolo gli atti in questione possono essere “desecretati”. Eppure, il Premio Nobel per la Pace è stato già assegnato a un presidente americano. È avvenuto il 9 ottobre 2009. Quando l’alto riconoscimento è andato a Barack Obama, “per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”. Appena undici mesi dopo le vittoriose Presidenziali del 4 novembre 2008.
“Sebbene il Comitato norvegese per il Nobel abbia scelto un destinatario diverso quest’anno, la verità resta innegabile: nessun leader o organizzazione ha fatto di più per la pace nel mondo del presidente Donald J. Trump”. È quanto si legge in una nota diffusa dall’Hostages and Missing Families Forum dopo l’annuncio dell’assegnazione del premio. “Il presidente Trump sta lavorando instancabilmente in questo preciso momento per garantire la liberazione di tutti i nostri cari, vivi e deceduti”, prosegue la nota diffusa dalle famiglie degli ostaggi. “I risultati senza precedenti ottenuti dal presidente Trump nel processo di pacificazione nell’ultimo anno parlano da soli, e nessun premio, o assenza di premio, può sminuire il profondo impatto che ha avuto sulle nostre famiglie e sulla pace globale. Il suo impegno nel riportare a casa ogni singolo ostaggio e porre fine a questa guerra non dipende da premi o riconoscimenti’’, prosegue il Forum. ‘‘Continueremo a sostenere il presidente Trump nel suo impegno per portare a termine questa missione e la storia ricorderà i suoi successi come i contributi più significativi alla pace mondiale del nostro tempo”, conclude la nota.
“La decisione è stata presa prima dell’annuncio del cessate il fuoco. Machado è una donna coraggiosa, che si è battuta per la libertà e la democrazia nel suo Paese; quindi, credo sia giusto averle concesso il premio Nobel”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani commentando a margine di una iniziativa di Forza Italia a Roma l’assegnazione del premio Nobel per la pace a Machado. Trump merita anche lui il premio? “Per quanto riguarda Trump – ha replicato Tajani – aver raggiunto un obiettivo che si era prefissato, ovvero il cessate il fuoco, quindi la fine della guerra dopo più di 700 giorni di combattimenti tra Israele e Hamas, la fine della sofferenza del popolo palestinese e degli ostaggi israeliani, è un fatto storico. Quindi, indipendentemente dai giudizi che si possono dare su Trump, il raggiungimento della tregua e ora mi auguro della pace. I titoli per avere la prossima volta il Nobel lui li ha, poi toccherà alla giuria decidere, ma è incontrovertibile il risultato che ha raggiunto, indipendentemente dal fatto di chi è di centro, di destra, di sinistra”. La Lega ha depositato oggi alla Camera una mozione, a prima firma del capogruppo di Montecitorio, Riccardo Molinari, sottoscritta da tutti i deputati del partito guidato da Matteo Salvini, per “sostenere la candidatura del presidente Donald J. Trump al Premio Nobel per la Pace 2026, quale riconoscimento del suo ruolo di mediazione e del contributo alla pacificazione in Medio Oriente, condizionando tale sostegno al concreto svolgimento e alla realizzazione del piano di pace per Gaza”.
Aggiornato il 10 ottobre 2025 alle ore 16:07