Il Nobel per la Medicina 2025 è stato assegnato agli americani Mary E. Brunkow e Fred Ramsdell e al giapponese Shimon Sakaguchi per la scoperta del meccanismo con cui il sistema immunitario reagisce alle infezioni. Sono stati premiati, in particolare, per avere scoperto i meccanismi che regolano la tolleranza immunitaria periferica, ossia il processo che impedisce al sistema immunitario di danneggiare l’organismo. Hanno quindi aperto la strada alla possibilità di comprendere e di contrastare le cosiddette malattie autoimmuni, nelle quali il sistema immunitarie aggredisce l’organismo al quale appartiene. Il loro contributo maggiore è stato identificare le cellule T regolatrici, che agiscono come sentinelle tenendo a basa le cellule immunitarie, impedendo loro di aggredire l’organismo al quale appartengono. “Le loro scoperte sono state decisive per comprendere il funzionamento del sistema immunitario”, ha detto il presidente del Comitato Nonel Olle Kämpe.
La scoperta, ha aggiunto, permette di comprendere “perché non tutti sviluppiamo gravi malattie autoimmuni”. L’americana Mary E. Brunkow, 65 anni, ha conseguito il dottorato nell’Università di Princeton e attualmente è responsabile senior dei programmi dell’Istituto per la Biologia dei sistemi di Seattle Isb), un istituto di ricerca senza scopo di lucro per lo studio delle relazioni tra le varie parti dei sistemi biologici e che promuove un approccio interdisciplinare alla ricerca biologica. L’altro americano premiato, Fred Ramsdell, 66 anni il prossimo 5 dicembre, è direttore di ricerca dell’Istituto Parker per l’immunoretapia dei tumori. Nato nel 2016 a San Francisco, e lavora anche come consulente scientifico per l’azienda privata Sonoma Biotherapeutics di San Francisco. Per il secondo anno consecutivo fra i vincitori del Nobel per Medicina c’è un ricercatore impegnato in un’azienda privata, anche se nel caso di Ramsdell non in modo esclusivo. Il giapponese Shimon Sakaguchi, 74 anni, è il più anziano dei Nobel per Medicina 2025. Ha conseguito il dottorato nell’Università di Kyoto nel 1976 e lavora nell’Immunology Frontier Research Center dell’Università di Osaka. È noto soprattutto per la scoperta del ruolo delle cellule T regolatorie del sistema immunitario, che hanno finora trovato applicazioni nella lotta contro i tumori e le malattie autoimmuni. Risultato di una ricerca iniziata 30 anni fa, le cellule-guardiano del sistema immunitario premiate quest’anno con il Nobel per la medicina sono presto diventate molto importanti per il ruolo che giocano per combattere le malattie autoimmuni, nella quale il sistema immunitario aggredisce l’organismo cui appartiene, i tumori e in futuro potrebbero essere utilizzate anche per evitare la reazione di rigetto nei trapianti.
Ad aprire la strada è stato, nel 1995, l’immunologo giapponese Shimon Sakaguchi: convinto che il sistema immunitario fosse molto più complesso rispetto a come lo immaginavano allora gli altri immunologi, convinti che esistesse un meccanismo chiamato tolleranza centrale, per il quale le cellule immunitarie pericolose venivano eliminate nel timo, la ghiandola del sistema immunitario che si trova nel torace. Nonostante il parere contrario di molti colleghi, Sakaguchi ha seguito la sua idea fino a dimostrare che il sistema immunitario comprendeva cellule fino ad allora sconosciute. Ha scoperto in questo modo le cellule regolatorie T, specializzate nel controllare le altre cellule immunitarie e assicurare che il sistema immunitarie tolleri i tessuti dell’organismo al quale appartiene. Seguendo la via aperta da Sakaguchi, nel 2001 Mary Brunkow e Fred Ramsdell hanno completato l’appello dei componenti dell’immunità periferica: studiano un ceppo di tipi particolarmente soggetti una malattia autoimmune, scoprirono che in questa reazione era coinvolto anche il gene Foxp3, una sorta di regista delle cellule identificate nel 1995.
È emerso inoltre che la mutazione di questo gene ha un corrispettivo negli esseri umani, nei quali provoca la malattia autoimmune chiamata Ipex, una sigla che sta per “disfunzione del sistema immunitario, poliendocrinopatia ed enteropatia legata al cromosoma X”, nella quale il sistema immunitario aggredisce gli organi della persona malata. È stato ancora Sakaguchi, due anni più tardi, a collegare la sua scoperta a quella dei due americani, dimostrando che il gene Foxp3 controlla lo sviluppo delle cellule che lui aveva scoperto nel 1995. È stato inaugurato così il nuovo campo di ricerca sulla tolleranza immunitaria periferica, dando il via a sperimentazioni sulle possibili applicazioni contro i tumori e le malattie autoimmuni.
Aggiornato il 06 ottobre 2025 alle ore 16:33