
“Siamo condannati a morire con il nuovo decreto tariffe”, queste sono le parole forti, nette, pronunciate da Mariastella Giorlandino, presidente dell’Unione Nazionale Ambulatori, Poliambulatori, Enti e Ospedalità Privata (Uap), durante la nuova puntata del programma televisivo Societas, “La Voce Tv”, (canale 188 LCN Lazio, del digitale terrestre), registrata lo scorso giovedì 11 settembre.
Al centro dell’intervista, le conseguenze del nuovo nomenclatore tariffario sanitario, recentemente approvato dal Ministero della Salute, che sta già suscitando malumori e allarmi tra i professionisti della sanità privata.
Il decreto, secondo quanto stabilito, definisce l’elenco delle prestazioni sanitarie essenziali correlate ai Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) e i relativi rimborsi economici per tutte le strutture sanitarie italiane – pubbliche e private accreditate – che erogano servizi al pubblico.
Tuttavia, per molti operatori del settore, i numeri non tornano, in quanto i rimborsi previsti non coprirebbero i costi reali di gestione, mettendo a rischio la sostenibilità di interi ambulatori e poliambulatori.
“Le tariffe sono talmente basse da rendere impossibile garantire servizi di qualità”, ha spiegato la Giorlandino. Pertanto, “Si tratta di una riforma che rischia di azzerare l’autonomia della sanità privata e, di fatto, di condannare i pazienti più fragili a lunghe attese o a cure inadeguate”, afferma la medesima.
I problemi che subiscono gli operatori non lasciano dubbi, con le nuove tariffe, alcune prestazioni diventano economicamente insostenibili, tanto da trovarsi nelle condizioni di scegliere tra ridurre il personale, tagliare le ore di apertura o chiudere alcuni servizi e tutto questo, ovviamente, a scapito dei pazienti, che non potranno più contare su un’assistenza rapida e completa.
Il problema, secondo l’Uap, risiede nella uniformità dei rimborsi a livello nazionale, che ignora le differenze territoriali, come ad esempio, il costo di gestione di una struttura a Roma o Milano non è paragonabile a quello di un ambulatorio in provincia.
Infatti, senza adeguamenti, molte strutture rischiano di chiudere o di ridurre drasticamente i servizi, aggravando le disuguaglianze nell’accesso alle cure.
Inoltre, non si tratta solo di numeri, ma c’è anche un impatto umano concreto da tenere in seria considerazione, come quello che riguarda i pazienti affetti da patologie croniche, quelli che necessitano di esami periodici o di interventi tempestivi, i quali potrebbero subire ritardi significativi.
“Il rischio è che i cittadini più vulnerabili vengano lasciati senza alternative”, ammonisce Mariastella Giorlandino, aggiungendo che “Se le strutture private chiudono, il carico ricadrà tutto sul sistema pubblico già saturo, con tempi di attesa che possono superare mesi per prestazioni fondamentali”.
L’Uap sottolinea anche la mancanza di un dialogo strutturato con le istituzioni: “Abbiamo chiesto modifiche e correttivi, ma finora le nostre proposte non hanno ricevuto risposte concrete”, aggiunge la Giorlandino.
L’associazione punta a sensibilizzare il governo, chiedendo almeno una revisione dei rimborsi per renderli compatibili con i costi reali e garantire la continuità dei servizi.
Il dibattito ha sollevato anche questioni etiche e sociali, ossia fino a che punto è accettabile il fatto che una riforma tecnica abbia effetti così profondi sulla vita dei cittadini.
Invero, secondo alcuni esperti, la scelta del nomenclatore tariffario rischia di diventare un fattore discriminante, penalizzando chi vive in aree con minore presenza di strutture pubbliche efficienti e facendo ricadere la spesa sanitaria sui pazienti più fragili.
In un contesto già segnato da criticità strutturali, questa riforma sembra aggiungere un ulteriore elemento di pressione.
“Non possiamo permettere che un provvedimento tecnico si trasformi in una condanna collettiva per la sanità italiana”, conclude il presidente Giorlandino, lanciando un appello alle istituzioni: “Rivedete le tariffe, ascoltate chi ogni giorno lavora sul campo, e mettete i pazienti al centro delle decisioni”.
In sostanza, la sanità privata italiana si trova dunque davanti a un pericoloso bivio: adeguarsi a un sistema che rischia di renderla economicamente insostenibile o lottare per modifiche immediate, a rischio di tensioni con le autorità.
Nel frattempo, i cittadini osservano preoccupati, consapevoli che le scelte politiche di oggi determineranno la qualità e la disponibilità delle cure di domani.
Il nuovo decreto tariffe non è solo un provvedimento tecnico, ma è soprattutto un segnale di come la sanità italiana sta affrontando una fase critica, tra ristrettezze economiche e necessità di garantire servizi essenziali.
Al postutto, dopo quanto finora esposto, emerge una domanda fondamentale e drammaticamente attuale: quanti ambulatori sopravviveranno, e quanti pazienti pagheranno il prezzo più alto?
Aggiornato il 16 settembre 2025 alle ore 13:55