La difesa di Bari e il contesto del 9 settembre 1943

Dopo l’annuncio dell’armistizio l’8 settembre 1943, l’Italia piombò nel caos. Le forze armate italiane, senza ordini chiari, si trovarono tra l’incudine delle ex-alleate tedesche, che ora le consideravano nemiche, e il martello degli alleati anglo-americani, che avanzavano da sud. Bari, città strategicamente importante per il suo porto, divenne subito un punto nevralgico.

Il generale Nicola Bellomo, all’epoca comandante della 14ª Divisione Costiera, aveva il compito di difendere la piazza di Bari. La situazione era estremamente confusa. I tedeschi, presenti in forze nella zona, stavano attuando il loro piano di ripiegamento, cercando di bloccare le vie di comunicazione e di impossessarsi delle risorse. La popolazione civile, nel frattempo, era terrorizzata e cercava di proteggere le proprie case e i propri beni dai saccheggi e dalle violenze, sia da parte tedesca che, in alcuni casi, da parte di soldati italiani sbandati.

In questo contesto, Bellomo assunse un atteggiamento che fu interpretato in modi molto diversi. Da un lato, ordinò la difesa del porto di Bari contro i tedeschi, impedendo loro di distruggere le infrastrutture portuali e di impadronirsi delle navi presenti. Questo atto è considerato un importante contributo alla Resistenza e alla successiva operazione alleata di sbarco e rifornimento. Dall’altro lato, però, emise anche ordini per fermare e disarmare soldati italiani che, secondo alcune testimonianze, stavano saccheggiando le abitazioni civili, o che venivano percepiti come tali. Questo aspetto, unito ad alcune sue dichiarazioni e al suo passato, fu quello che gli costò caro.

L’ACCUSA, IL PROCESSO E LA FUCILAZIONE

Poco dopo l’arrivo degli Alleati a Bari, il generale Bellomo fu arrestato con l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi e, in particolare, di aver favorito l’eccidio di alcuni ufficiali italiani che avrebbero tentato di opporsi ai tedeschi o che sarebbero stati da lui consegnati agli stessi. L’accusa più grave riguardava la morte di quattro giovani ufficiali, tra cui il capitano Giuseppe Romanazzi, fucilati dai tedeschi il 9 settembre. La tesi era che Bellomo avesse permesso o addirittura ordinato la loro consegna ai tedeschi.

Il processo si svolse in un clima di forte tensione e di giustizia sommaria. I giudici militari alleati, e in particolare inglesi, erano desiderosi di dimostrare la fermezza e la determinazione nel punire i traditori e i collaborazionisti. Le testimonianze furono contrastanti e spesso influenzate dal clima del momento. Bellomo si difese con energia, sostenendo di aver agito solo per la difesa della città e dell’ordine pubblico, e di aver sempre cercato di contrastare i tedeschi.

Tuttavia, le prove contro di lui, sebbene non schiaccianti secondo alcuni storici revisionisti, furono ritenute sufficienti dalla corte marziale alleata. Il 28 novembre 1943, il generale Bellomo fu condannato a morte e fucilato dagli inglesi nel Forte di Collalto, vicino a Bari.

PERCHÉ FU FUCILATO DAGLI INGLESI?

Le ragioni della sua fucilazione sono complesse e ancora oggi oggetto di dibattito storico. Possiamo individuare diverse concause:

1) L’urgenza della “giustizia” alleata: gli Alleati, appena sbarcati, avevano la necessità di ripristinare l’ordine e di dimostrare la loro autorità. La condanna e l’esecuzione di un generale italiano per collaborazionismo serviva anche come monito.

2) L’interpretazione degli ordini: gli ordini dati da Bellomo in quei giorni concitati furono interpretati in modo ambiguo. La sua decisione di disarmare e arrestare soldati italiani sbandati (con l’intento di ripristinare l’ordine) fu vista da alcuni come un atto favorevole ai tedeschi, in quanto indeboliva la resistenza italiana.

3) La tragedia degli ufficiali fucilati: la morte dei quattro ufficiali italiani fu un elemento cruciale. Sebbene Bellomo abbia sempre negato di averli consegnati ai tedeschi, l’accusa di averli in qualche modo agevolato o non protetti fu determinante.

4) Clima di sospetto e vendetta: il passaggio repentino da alleati a nemici da parte tedesca e l’armistizio avevano generato un clima di profondo sospetto. Le rappresaglie tedesche erano ancora vive nella memoria, e c’era la volontà di vendicare i morti.

5) Comunicazione inefficace e caos: nelle prime ore successive all’armistizio, la comunicazione era frammentata e caotica. Questo impedì a Bellomo di chiarire le sue intenzioni in tempo reale e creò malintesi che si rivelarono fatali.

COSA RESTA DEL SUO CONTRIBUTO STORICO ALLA RESISTENZA?

Il contributo di Nicola Bellomo alla Resistenza è un aspetto controverso della sua figura. Gli storici concordano sul fatto che la sua decisione di difendere il porto di Bari contro i tedeschi fu un atto di resistenza significativo. Impedì la distruzione di infrastrutture vitali e la cattura di importanti risorse, facilitando le successive operazioni alleate. Questo fu un gesto di insubordinazione nei confronti dei tedeschi e di fedeltà, seppur complessa, al Regno del sud.

Le accuse di collaborazionismo e l’esecuzione per mano alleata hanno gettato un'ombra persistente sulla sua figura, rendendola difficile da inquadrare nella narrazione tradizionale della Resistenza italiana. Per molti anni, Bellomo è stato visto come un traditore.

Negli ultimi decenni, grazie a nuove ricerche e alla declassificazione di documenti, la figura di Bellomo è stata in parte riabilitata. Molti storici oggi tendono a vederlo come un uomo che agì in una “zona grigia”, prendendo decisioni difficili e ambigue in un contesto di estrema confusione. Si riconosce che il suo intento principale non era il tradimento, ma piuttosto il tentativo di mantenere l’ordine e difendere la città, pur con modalità che in seguito furono giudicate severamente.

In sintesi, il generale Nicola Bellomo rimane una figura emblematica delle complessità e delle tragedie che caratterizzarono l’Italia all’indomani dell’8 settembre 1943. La sua vicenda ci ricorda che la storia, soprattutto in tempi di guerra, è raramente in bianco e nero, ma ricca di sfumature e di interpretazioni contrastanti.

Aggiornato il 11 settembre 2025 alle ore 11:32