
Violenza, un concetto complesso che purtroppo sempre più riguarda la vita degli esseri umani evoluti, manifestazione di disagi individuali e sociali. Violenza è sopraffazione, costrizione, maltrattamento fisico e psicologico, è prevaricazione, ricatto, soprusi in famiglia, a lavoro, sul web, nello sport, nei gruppi religiosi. La violenza non contempla rispetto, confronto e reciprocità ma è figlia dell’ottusità, dell’egoismo, del rancore, dell’invidia e della totale mancanza di considerazione dell’altro. Esiste un tipo di violenza che è diretta conseguenza della nostra contemporaneità ed è il frutto di una profonda mancanza di informazione e formazione all’uso dell’Ia che sostituisce la capacità di pensiero e si pone al servizio di disagi emotivi, della solitudine e della mancanza di una efficace rete sociale ed educativa. Informare e formare su un complesso sistema “artificiale” che incrocia un’infinità di dati non è dargli il nome di “Intelligenza artificiale”, nome che ha alterato l’informazione e la formazione creando l’illusione di poter interrogare l’algoritmo su qualsiasi argomento con fiducia e affidandoci alle sue risposte visto che è “intelligente”! Tale informazione e formazione falsata ha creato l’illusione che l’Ia possa essere di aiuto anche per quanto riguarda le emozioni, le problematiche esistenziali e che possa essere utilizzato per trovare soluzioni ai problemi affettivi, relazionali e chi ne ha più ne metta nel paniere dell’affidarsi ad un sistema “artificiale” come fosse il miglior consigliere, quello più obiettivo e giusto.
Consigliere che non considera il valore più prezioso che appartiene a ciascun essere umano: la propria unicità. Consigliere che fa di tutt’erba un fascio, incrocia i dati in base alla domanda posta e fornisce consigli e direziona il pensiero e l’agire. Ecco fatto che ci si fida e ci si affida e se l’Ia, per un incrocio di dati che non hanno nulla a che fare con la complessità e l’unicità della storia di vita di chi lo ha interrogato, gli suggerisce che forse dovrebbe ammazzarsi o dovrebbe eliminare il problema che gli crea disagio anche se il problema è un altro essere umano. Ecco, compiuta la disumanizzazione dell’intelligenza, ecco che è in atto la realizzazione di un processo di annientamento totale del patrimonio più prezioso che appartiene ad ogni essere umano, in ogni angolo della terra e in ogni epoca della storia umana che si traduce in tre coordinate: unicità, multifattorialità e complessità. Coordinate che non hanno nulla a che vedere con un incrocio di dati prodotto da una macchina. Macchina alla quale abbiamo concesso il trono dell’intelligenza, della sapienza, della potenza, della saggezza, dell’umanità.
Umanità che sta violentando se stessa, Freud direbbe un’umanità che ha eletto come pulsione principale la pulsione di morte e che sta compiendo il processo di autodistruzione. Autodistruzione che colpisce le frange più fragili della nostra società, che si aggancia al senso di solitudine, di disperazione, di disagio che sempre più avvolge questa nostra contemporaneità che da valore all’avere e non all’essere. Autodistruzione che contempla sempre più livelli di violenza che manifestano rabbia, aggressività, mancanza di capacità di pensiero, di ragionamento, di discernimento. Agire senza pensare, senza contemplare alternative, senza emozioni. Assistiamo ad un profondo stato di alessitimia tra i giovani che si accoltellano, tra gli adulti che si uccidono per rabbia, gelosia, senso di possesso, tra chi amministra la cosa pubblica e non si preoccupa delle conseguenze delle decisioni prese, tra i campi di battaglia di guerre che declinano la totale mancanza del rispetto della vita umana che viene barattata con il potere a tutti i costi. A tutti i costi bisogna informare e formare in modo corretto sull’uso dell’Ia che ci fornisce risposte in modo generalizzato e non in modo specifico cominciando a non chiamarla Ia e informare su quanta violenza può generale e su quanto potremmo invece beneficiare di una rete sociale ed educativa di supporto soprattutto per tante persone che si trovano in uno stato di bisogno emotivo e sono sole, si sentono sole e nella solitudine pensano di potersi affidare e fidare di una macchina.
Non permettiamo alla nostra umanità di perdere il senso preciso che ciascun essere umano ha di essere unico, complesso e il cui stato emotivo è determinato da una multifattorialità di elementi che in modo soggettivo si combinano tra loro e danno vita ad uno stato di benessere o di malessere che non ha nulla a che fare con una sterile combinazione di dati.
(*) Maura Ianni psicoanalista, docente universitario e socio di Medea odv e Francesco Longobardi, presidente Medea odv
Aggiornato il 04 settembre 2025 alle ore 16:20