#Albait. Infami, pietas, sorriso e buon governo

Riprende #Albait e pesco due notizie dall’Ansa. La prima: padre, davanti alla salma del figlio investito da un’auto, consola l’investitore. Lo aveva visto disperato, tanto quanto lui. Mi metto nei tuoi panni e lo so che non potevi fare nulla. Straziante e bello, umano.

La seconda notizia è molto poco edificante. Due ragazze accusano di stupro un trentacinquenne. La polizia lo arresta e perquisisce la casa. Lì trovano trecento grammi di droga dello stupro, cioè quel prodotto che riduce la capacità di comprensione e reazione delle persone e le lascia in balìa degli altri. Non sono solo fatti di cronaca. Sono trattati politici ed economici.

La società, l’amore e i saprofiti

Nel primo caso, c’è l’espressione più alta della socialità. Il padre ha davanti agli occhi il giovane figlio morto ma si rende conto che un’imprudenza o anche la sola fatalità hanno provocato la morte del ragazzo. Nel dolore, si mette nei panni dell’investitore. Si immedesima. Comprende che sarebbe potuto accadere anche a lui. Le regole sociali scorrono nelle nostre vene più ancora del sangue. Le siamo. La conseguenza è che non cerchiamo il conflitto con l’altro. Nel dolore, chiediamo tranquillità. Questo aspetto non ha nulla a che fare con la legge. È pre-legale. Le regole sociali sono ereditate attraverso l’educazione, soprattutto familiare e scolastica, nell’ordine. Senza educazione, manca la società. Perché manca la trasmissione dei valori e delle regole che tengono insieme conosciuti e sconosciuti per convivere non solo nel miglior modo possibile, ma anche nel modo più produttivo. Anche le regole in amore sono sociali. Io amo te e per te farei qualsiasi cosa. Nel sottinteso mi aspetto che tu faccia lo stesso per me. Se non è così, presto o tardi l’amore finirà.

Nel secondo caso di cronaca, l’uomo ha rinunciato alle regole sociali. Sfrutta quelle degli altri. Usa le regole sociali perché si sente invincibile. Le viola in modo anche vigliacco. Magari si giustifica perché non usa la violenza fisica per stuprare le proprie vittime. Usa una droga estremamente diffusa e pericolosa. Quell’uomo, che pare colpevole anche se non ne abbiamo la certezza, è un saprofita sociale. Anche in questo caso la legge verrà dopo. Chi lo conosce, se comprende il valore dell’umanità, cioè se conosce il ruolo fondamentale che hanno il rispetto tra gli uomini e la necessità solidaristica e cooperativa, lo escluderà dalle proprie frequentazioni. Lo disprezzerà.

Giustizia, ingiustizia, il sorriso

L’amore, il disprezzo, la cooperazione sociale sono frutto delle regole che viviamo quotidianamente e alle quali ci affidiamo molto più che alla legge. Il richiamo alla legge arriva quando l’ingiustizia che riteniamo di aver subito ci spinge a chiedere un giudizio terzo. Se questo ricorso è continuo, vuol dire che la società non funziona granché bene. O che, all’ombra delle leggi, si proteggono troppe ingiustizie.

Quando le norme scritte sono centinaia di migliaia, se non milioni, le ingiustizie legali sono più frequenti. Si può sopravvivere senza leggi? Abbiamo già visto che lo facciamo quotidianamente. Ma le leggi talvolta sono necessarie come i tribunali.

A patto che il sistema giuridico sia capace di distinguere tra normalità, fatalità, reato e violazione amministrativa.

Se si diffonde il dubbio che la giustizia sia impossibile, nasce la convinzione di poter usare le regole sociali e scritte contro gli altri. Ma segna l’arrivo del caos e dell’arbitrio. La vita diventa impossibile.

Gli infami chiedono vita tranquilla

Chiamiamo infami il truffatore, lo stupratore, il borseggiatore, il corruttore, il colluso, il corrotto e il concussore, lo schiavista e il suo più moderato ma gemello sfruttatore e tanti, tanti altri, fino al terrorista. Loro vogliono minare la nostra capacità di convivenza. Sono alleati contro di noi, ma anche contro la loro stessa bella vita. Violano gli altri, ma poi vogliono le case in un altrove dove possano vivere in una bella dimora al mare e i cornetti caldi. Ecco perché chi fa strage di ucraini a un paio di migliaia di chilometri da casa nostra poi ha la villa in Versilia o lo yacht a Portofino. Combattono la libertà e la democrazia, ma poi pretendono di averle a pagamento. Lavorano contro di noi che amiamo la vita tranquilla e sociale. Ma queste cose non si comprano con i soldi, ma con l’uguaglianza. Per esempio, espressa quando ci aspettiamo che alla cassa chi lavora per noi ci dica grazie quando prende i nostri soldi, in cambio di un sorriso. E se il sorriso non arriva, magari chiediamo se la giornata è stata dura. Fa anche questo parte della capacità di cooperazione sociale.

Pietas e libertà

Il povero padre che consola l’investitore del figlio è la moderna versione della pietas virgiliana. Testimonia quanto antica sia la volontà di vivere in pace che l’uomo per sua natura ricerca, senza che divinità o leggi risultino necessarie. Anche perché diciamolo: nell’immediato la capacità di decisione umana è molto più immediata e tangibile della speranza nel divino. Ed è per questo che quell’azione deve essere rispettosa della libertà e della democrazia tra noi tutti. È questa la libertà che vogliamo. E che non si può avere senza cooperazione, amore, sentimenti e la voglia di essere soddisfatti da un buon gelato o da uno struggente tramonto.

Aggiornato il 25 agosto 2025 alle ore 12:40