
Le Sezioni unite tra esigenze di tutela collettiva e garanzie del diritto penale
La sentenza numero 27715/2025 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha riconosciuto la configurabilità del reato di epidemia colposa anche nella forma omissiva impropria. Secondo la Suprema Corte, il soggetto titolare di una posizione di garanzia che ometta di impedire la diffusione di un’epidemia, pur avendone giuridicamente l’obbligo e la possibilità concreta, può rispondere penalmente a titolo colposo per l’evento verificatosi. Si tratta di una pronuncia destinata ad avere rilevanti ricadute teoriche e applicative, collocandosi al crocevia tra la crescente esigenza di tutela dell’incolumità pubblica e la necessità di preservare i principi fondamentali del diritto penale. Sul piano positivo, la decisione delle Sezioni unite risponde a un’evidente esigenza di attualizzazione dell’apparato repressivo in un contesto, come quello post-pandemico, in cui la gestione di fenomeni epidemici comporta un rilevante carico di responsabilità pubblica e sanitaria. L’estensione della responsabilità penale alla forma omissiva si fonda sull’articolo 40, comma 2, del Codice penale, che equipara l’omissione all’azione nei casi in cui il soggetto sia giuridicamente obbligato a impedire l’evento.
Tale principio, già consolidato in altri ambiti (ad esempio in materia di infortuni sul lavoro), trova ora applicazione anche rispetto a una fattispecie di reato particolarmente grave, come quella prevista dagli articoli 438 e 452 del Codice penale, che tutelano la salute pubblica contro il rischio diffuso e incontrollabile della propagazione epidemica. La Corte, in particolare, riconosce che il comportamento omissivo può assumere rilevanza causale quando il soggetto garante, ad esempio un dirigente sanitario, un amministratore pubblico o un medico, ometta atti doverosi che avrebbero potuto impedire o contenere la diffusione del contagio. Questo orientamento consente di evitare zone di impunità, valorizzando l’effettiva capacità impeditiva di alcuni ruoli istituzionali in situazioni di emergenza sanitaria. In tal modo, la pronuncia rafforza l’effettività del principio di solidarietà, sancito dall’articolo 2 della Costituzione, declinandolo anche in termini di responsabilità penale per omissione nei confronti della collettività. Tuttavia, l’innovatività dell’approccio adottato dalle Sezioni unite solleva anche interrogativi critici, tanto sotto il profilo della coerenza sistematica quanto rispetto ai principi costituzionali di legalità e colpevolezza. La fattispecie di epidemia colposa, in origine concepita per ipotesi commissive legate alla diffusione di germi patogeni, viene ora riletta in chiave omissiva senza un’espressa previsione normativa che disciplini tale evenienza. La trasformazione di una condotta omissiva in condotta penalmente rilevante, in mancanza di una specificazione legislativa, può generare incertezza applicativa e dubbi in ordine alla prevedibilità della norma da parte del cittadino.
Un altro elemento di potenziale criticità risiede nella definizione della “posizione di garanzia”. Sebbene il diritto penale conosca da tempo tale categoria, l’individuazione dei soggetti effettivamente gravati da un obbligo giuridico di impedimento dell’evento epidemico risulta complessa e suscettibile di valutazioni discrezionali. L’attribuzione di una responsabilità penale in capo a figure istituzionali potrebbe tradursi, in concreto, in una forma di etero-responsabilità per scelte organizzative, mancanze strutturali o carenze di sistema. Il rischio è che, nell’intento di individuare un responsabile per eventi di grande impatto sociale, si finisca per ampliare oltre misura l’area della colpa penale, con implicazioni significative per il principio di personalità della responsabilità e per il ruolo garantista del diritto penale. La pronuncia si inserisce, inoltre, in un quadro di crescente attivismo giurisprudenziale, in cui la Cassazione tende a colmare lacune normative o a rispondere a domande sociali di giustizia con strumenti interpretativi di ampia portata.
Questo fenomeno se, da un lato, consente una maggiore aderenza del diritto alla realtà e ai bisogni attuali, dall’altro espone il sistema penale al rischio di flessibilità eccessiva, mettendo in discussione la rigidità formale delle fattispecie incriminatrici, che dovrebbe costituire presidio fondamentale contro l’arbitrarietà punitiva. Dal punto di vista della politica criminale, la scelta di estendere la portata del reato di epidemia colposa alle omissioni appare coerente con un modello di prevenzione penale rafforzata, soprattutto in contesti di emergenza sanitaria globale. Tuttavia, essa deve confrontarsi con la necessità di evitare derive simboliche o esemplari, che potrebbero finire per attribuire al diritto penale un ruolo compensatorio rispetto all’inefficienza amministrativa o all’emotività collettiva.
In questo senso, la pronuncia delle Sezioni unite rappresenta una tappa significativa nel processo di evoluzione del diritto penale in senso funzionale, ma sollecita anche una riflessione critica sul bilanciamento tra esigenze di tutela collettiva e garanzie dell’individuo. In conclusione, la sentenza numero 27715/2025 costituisce un importante intervento nomofilattico volto a chiarire l’ambito di applicazione di una fattispecie penale particolarmente delicata, nel segno di una maggiore responsabilizzazione dei soggetti pubblici coinvolti nella gestione della salute collettiva. Tuttavia, proprio per l’impatto che essa è destinata ad avere sul piano sistematico e costituzionale, essa richiede un’attenta lettura critica e una riflessione profonda sulle modalità con cui il diritto penale può e deve rispondere alle sfide della complessità sanitaria senza smarrire la propria funzione di garanzia.
(*) Avvocato
(**) Professor avvocato (Già ordinario di Diritto dell’Unione europea presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Direttore della Rivista della Cooperazione giuridica internazionale (Fascia A, Avvocato del foro di Roma)
(***) Professore (Docente stabile di Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato presso la Ssml/Istituto di grado universitario “San Domenico” di Roma. Dottore di ricerca in Istituzioni di Diritto pubblico nell’Università degli Studi di Padova)
Aggiornato il 04 agosto 2025 alle ore 12:52