
C’è tensione nel mondo dell’editoria. I giornalisti hanno deciso un pacchetto di 5 giorni di sciopero a seguito dell’interruzione delle trattative del rinnovo del contratto, scaduto 9 anni fa. Le proposte della Federazione degli editori sono state considerate inaccettabili dalla segretaria della Fnsi Alessandra Costante (nella foto). L’inflazione calcolata dall’Istat al 19,3 per cento ha reso più povera la categoria. La Fieg inoltre chiede d’inserire un contratto d’ingresso (salari più bassi per i nuovi assunti) senza la certezza di stabilizzazioni in organico. Ancora più grave è la situazione dei poligrafici. Sono circa due anni di battaglie dopo la liquidazione del Fondo di previdenza integrativa, ma obbligatorio, Casella. È accaduto che il 2 dicembre 2024 le confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e la Federazione editori hanno sottoscritto un accordo collettivo per la sua liquidazione volontaria e per la prosecuzione della forma pensionistica complementare presso il Fondo Byblos, un istituto nazionale complementare per i lavoratori delle aziende esercenti l’industria della carta e del cartone, delle aziende grafiche ed editoriali. Il grave errore di prospettiva avvenne nel 1958 quando nel 1958 il Fondo Fiorenzo Casella venne considerato il fondo delle vedove.
Va ricordato che eravamo ancora nel periodo delle tipografie con linotype a caldo, dove si respiravano vapori di piombo, tra rumori, sudore e inchiostro. Si pensò che a fronte di una riduzione delle aspettative di vita la pensione integrativa diventava una necessità per i sopravvissuti e per le vedove. Poligrafici e giornalisti fecero un passo avanti nella tutela della salute quando nel corso degli anni Ottanta avvenne la rivoluzione portata dalla fotocomposizione. Addio lingotti di piombo, addio bottiglie di latte. Il risvolto del miglioramento delle condizioni di lavoro fu l’inizio di una profonda crisi del settore dell’editoria. Nell’agosto del 1981 il presidente della Repubblica Sandro Pertini firmò la nuova legge che conteneva gli ammortizzatori sociali. Con le norme della “416” era consentito agli editori di dichiarare lo stato di crisi ed ottenere i finanziamenti dello Stato, prepensionare i cosiddetti “esuberi”. Il numero dei giornalisti diminuisce, i contrati sono sempre più leggeri, avanza la precarietà.
Per i poligrafici, dopo un primo taglio, il Fondo Casella venne trasformato, favorendo l’uscita anticipata dagli organici e l’utilizzo della cassa integrazione. La governance del Fondo pensionistico (integrativo ma obbligatorio) divisa al 50 per cento tra editori e la triplice sindacale fa registrare per decenni una cattiva gestione e la svendita del patrimonio immobiliare, fino al suo azzeramento. Anche l’Inpgi vendette centinaia di case. Tra una sofferenza e l’altra si arriva all’accordo del 2 dicembre 2024 quando le confederazioni sindacali decidono di abbandonare uno dei pilastri della previdenza sociale. La storia del Fondo e le sue conseguenze sono stati illustrati dal commissario Eugenio Ruggiero nell’audizione presso la Commissione parlamentare di controllo delle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, presieduta da Alberto Bagnai. La sfavorevole evoluzione iscritti-pensionati del comparto editoriale ha inciso sulla sostenibilità dell’organismo. Oggi il Fondo Casella ha in essere l’erogazione di 17.285 trattamenti pensionistici in favore di 11.488 pensionati diretti o indiretti. Da qualche anno è stato costituito un coordinamento di poligrafici che chiede la tutela di quanti hanno versato consistenti somme di denaro e i pochi lavoratori rimasti nel settore.
Aggiornato il 28 luglio 2025 alle ore 10:48