
“L’obbedienza del cattolico si è tramutata in un’infinita docilità a tutti i venti del mondo”. Così Nicolás Gómez Dávila ha brillantemente sintetizzato la contemporanea deriva al ribasso dei cattolici che invece di seguire l’eterno preferiscono adattarsi alle mode e alle ideologie del mondo. I cattolici, in sostanza, sono sempre più propensi a seguire in discesa il mondo anziché faticosamente inseguire in salita la verità. Del resto, il fatto in sé non è di certo nuovo: dei dodici apostoli soltanto uno si ritrovò in ginocchio ai piedi della verità crocifissa, mentre gli altri in un modo o in un altro, anche se temporaneamente, si dileguarono. Il canovaccio ritorna quanto mai attuale sul tema del fine vita in approdo al Senato, per il quale larga parte dell’associazionismo cattolico milita in senso favorevole sull’assunto che sarebbe meglio una legge del centrodestra, piuttosto che una peggiore proposta dal mondo progressista. Sul punto alcune osservazioni. Posto che l’esistenza degli orrori progressisti non è di per sé legittimante per gli errori di tutti gli altri, ci sono specifici motivi di ordine dottrinale, magisteriale e logico per cui i cattolici dovrebbero opporsi ad una legge sul fine vita invece di assecondarla.
Dal punto di vista dottrinale per un cattolico dovrebbe essere chiaro e cristallino, infatti, l’insegnamento della Congregazione per la dottrina della fede per la quale “la laicità indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società. Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall’insegnamento morale e sociale della Chiesa” (Nota sull’impegno dei cattolici in politica, III, 6). In questo senso i politici e le associazioni cattoliche che credono di compiere il male minore sostenendo l’iniziativa del centrodestra sul fine vita stanno equivocando il proprio ruolo e il concetto di laicità, scambiando l’integrità della verità dottrinale con l’ambiguità dell’opportunità politica. Dal punto di vista magisteriale, inoltre, emergono gli insegnamenti di San Giovanni Paolo II per il quale “la difesa categorica, ossia senza cedimenti e compromessi, delle esigenze assolutamente irrinunciabili della dignità personale dell’uomo, deve dirsi via e condizione per l’esistere stesso della libertà” (Veritatis splendor numero 96).
Il santo pontefice in sostanza ricorda come sulla verità non è possibile pattuire alcunché: o si riconosce la cogenza della verità, e quindi le soluzioni al ribasso non sono possibili; o si accettano i compromessi, ma si disconosce la verità. Non si può pretendere di compiere compromessi che all’un tempo siano anche rispettosi della verità: è necessaria una buona dose di onestà intellettuale. Dal punto di vista logico, infine, bisognerebbe che il mondo cattolico comprendesse la gravità di una simile iniziativa che per quanto possa essere animata dalle migliori intenzioni, cioè quelle di limitare i danni della parallela iniziativa delle forze progressiste, costituisce di fatto una resa, l’ultima resa, sui temi eticamente sensibili. Valicato il confine della indisponibilità della vita e della disponibilità della morte, infatti, tutto il resto perde automaticamente la sua rilevanza.
Perché dovrei potermi autodeterminare fino alla morte, ma non potrei utilizzare sostanze stupefacenti leggere o pesanti? Perché potrei decidere di morire secondo le modalità offerte dal centrodestra, ma non potrei sposare una persona del mio stesso sesso con il matrimonio egualitario? Perché potrei porre fine alla mia esistenza attraverso la strumentalizzazione di un eventuale medico volontario, ma non potrei affittare un utero per dare inizio ad una nuova vita sempre tramite la strumentalizzazione di un altro medico volontario? Come si intuisce fin troppo facilmente, tranne che ci si trovi in una condizione di grave incapacità di intendere e volere, varcato l’argine della vita e della morte tutto diventa possibile, anche ciò che non dovrebbe esserlo. In conclusione, un interrogativo inesorabile: i cattolici sono in grado di capirlo o, oltre ad aver anemizzato la propria stessa fede, hanno anche smarrito il loro buon senso e perfino la ragione?
Aggiornato il 21 luglio 2025 alle ore 11:29