Maturità: l’importanza del voto

Ho letto il bellissimo pezzo di Vito Massimano, argomentato, lucido, chiaro, carico di spunti che rinviano a riflessioni profonde sul sistema scuola nella sua interezza. Ho apprezzato molto il pezzo ma non ne condivido l’impostazione e la logica interna costruita su una manifesta voglia di autocritica e di autoflagellazione della generazione dei boomers che a suo dire abbiamo sbagliato tutto quando conclude “voi siete giovani e sta a voi essere incoscienti e coraggiosi. Noi lo eravamo molto meno e abbiamo fatto un vero casino. Noi vecchie carampane dobbiamo solo chiedervi scusa”. Mi sento autorizzato ad intervenire solo perché credo di avere le carte in regola per parlarne: ho fatto l’amministratore pubblico (sono stato sindaco di Taranto) appartengo a quella generazione di studenti che ha fatto il Sessantotto, ha occupato l’università, le ha buscate dai fascisti, si è preso pure qualche manganellata dalla polizia e, durante le assemblee studentesche, da parte di quelli di Lotta continua o di Potere operaio, i soliti “più puri che ti epurano” come diceva Pietro Nenni, si è preso più di qualche “socialdemocratico di merda traditore della classe operaia” solo perché era un socialista. E infine, cosa dirimente, nella vita sono stato un insegnante che ha fatto innumerevoli volte il commissario e il presidente nelle commissioni per gli esami di maturità.

Bene, forte di questo insieme di esperienze io dico che la mia generazione non ha nulla da rimproverarsi né da chiedere scusa a questi giovani e non condivido la colpevolizzazione di una generazione che invece ha fatto di tutto per cambiare le cose anzi che voleva cambiare il mondo, poiché aveva intuito che non bastava cambiare la scuola e l’università ma bisognava cambiare la società e i rapporti di forza all’interno di essa ribaltandoli e sostituendo il sistema dei diritti a quello dell’imposizione. Ci siamo riusciti? In parte si. Abbiamo cambiato la scuola e l’università, abbiamo posto all’attenzione dello Stato il tema dei diritti e delle libertà, abbiamo posto al centro l’individuo e la persona, abbiamo lottato insieme alle donne e abbiamo imposto la parità dei sessi. Non siamo riusciti a cambiare il mondo perché molti di noi sognavano il socialismo e invece ci troviamo ancora a combattere un capitalismo selvaggio che impone la giungla dei mercati e ricorre alle guerre per risolvere i suoi problemi.

Abbiamo commesso degli errori? Si. Le Brigate rosse e la lotta armata sono il frutto della inevitabile deriva di quella giusta ma malintesa “contestazione globale”. Nella scuola grazie a quella generazione è cambiato tutto. Vito Massimano non ricorda il suo esame di maturità. Io invece lo ricordo benissimo e tra quell’esame e quello di oggi c’è una differenza abissale. Io ricordo perfettamente il mio esame di maturità come un incubo che cominciava a maggio si studiava fino a luglio e finiva ai primi di agosto. Esami scritti di italiano, latino, greco, programmi ciclopici con i riferimenti di quarta, quinta ginnasio e di tutti e tre gli anni del liceo, esami rigorosissimi per ogni singola materia financo di educazione fisica. E quanto al rapporto con i docenti, zero comunicazione. Mai che qualcuno ci chiedesse un giudizio personale, un’opinione, uno stato d’animo. Numeri, date, teoremi, versioni in prosa della Commedia, traduzioni letterali di Cicerone e di Senofonte, pensiero di Immanuel Kant e Friedrich Hegel con precisione senza interpretazioniopinioni. I commissari d’esame erano degli extraterrestri impenetrabili e inarrivabili che si aveva il timore perfino di salutare. Venivano da lontano, da Torino, da Milano, da Bologna e di essi non si conosceva nulla e quando i giornali pubblicavano paginate intere con i nomi dei commissari nelle diverse commissioni d’esame si indagava ricorrendo a informazioni di fortuna per avere qualche notizia su ogni commissario, che tipo di insegnante era nella scuola della sua città, se era “buono”, se era “stretto di voti”, quale orientamento politico avesse, soprattutto per i commissari di Filosofia. E l’esame era rigoroso, durava anche un paio d’ore, perché ogni commissario ti “teneva sotto” almeno una mezz’ora e ti guardava dall’alto in basso. E per quanto riguarda i voti c’era il voto per ogni singola materia. La maturità si raggiungeva se si conseguiva la sufficienza in tutte le materie. Con un cinque eri rinviato a ottobre, come successe a me per un cinque in matematica, materia nella quale riconosco onestamente che ero un somaro.

Orbene, rispetto a quel tipo di esame di maturità è innegabile che le cose siano cambiate e in meglio, anzi è stata fatta una vera rivoluzione. Sono spariti i commissari esterni limitati solo al presidente, sono stati introdotti i crediti conseguiti nel corso dell’anno, sono valutati i risultati conseguiti negli anni precedenti, sono sparite le interrogazioni su ogni singola materia, sono spariti i voti e al loro posto sono subentrati i giudizi complessivi sulla personalità e la maturità degli studenti, l’esame si riduce ad un colloquio su una materia scelta dal candidato, su una tesina preparata sulla quale lo studente dimostra le sue capacità di ricerca e di analisi e su una materia scelta dalla commissione, nel corso dell’esame si discute con lo studente e si cercano le sue opinioni più che interrogarlo. Alle fine tutto questo si concretizza in un voto come è ovvio e giusto che sia, esattamente come avviene dappertutto dall’esame di laurea, all’esito di un concorso, ad una gara sportiva.

Sbagliano gli studenti a contestare il voto poiché il voto riassume il risultato di una valutazione della personalità e maturità dello studente, della sua capacità di analisi e di critica, della prestazione e dei risultati raggiunti negli studi come nello sport come in un concorso pubblico. Sbagliano gli studenti a prendersela con il voto, mentre invece il voto devono essere loro a pretenderlo perché il non voto significa una indistinta valutazione non personalizzata sull’individuo, valutazione individuale che invece lo studente deve pretendere. Se gli studenti vogliono esprimere la loro insoddisfazione non devono prendersela con il voto (che tra l’altro è una vecchia, noiosa e datata polemica superata già negli anni Ottanta del secolo scorso) ma devono avere il coraggio di affrontare la questione in radice e chiedere l’abolizione dell’esame di maturità tout court, devono pretendere che faccia fede e sia elemento di valutazione solo quello prodotto nell’ultimo anno del liceo dal Consiglio di classe.

Ma gli studenti devono essere consapevoli che questo significa abolire tout court l’esame di maturità, e poi a cascata gli esami di laurea perché con la stessa logica farebbe testo il libretto degli esami sostenuti di ciascun studente nel suo corso di studi. “Ma, sostiene lo studente che ha contestato il voto alla maturità, non c’è rapporto tra commissario d’esame e studente”. Ma di che parliamo? Ma vogliono o no capire questi ragazzi che la vita non è una passeggiata e che devono abituarsi a sostenere prove importanti il cui esito è sempre incerto, vogliono rendersi conto questi ragazzi che nella vita alla quale vanno incontro non è tutto è facile né la pappa è sempre pronta e le vittorie, i propri obiettivi, vanno conquistati con l’impegno e con lo studio che vanno provati e dimostrati, perché nella vita non c’è nessuno che te li regala. Questi ragazzi pensano che tutto sia loro dovuto perché i loro genitori (questa si è forse la vera colpa di noi genitori) non hanno saputo dire dei no, non hanno abituato i loro figli a conquistarsi i loro obiettivi, perché li hanno abituati ad avere sempre e comunque il piatto pronto probabilmente per i sensi di colpa nei loro confronti.

E su questo do ragione a Vito Massimano quando scrive “nessuno vi chiederà se siete d’accordo con le regole del gioco. Nessuno si interesserà alla vostra umanità o vorrà indagare in profondità il vostro animo. La vita non è così, che vi piaccia o meno, le regole del gioco dovrete accettarle provando gradualmente a cambiarle non appena ne avrete la possibilità. Credete forse che il vostro capo, il vostro cliente, il vostro vicino di casa, il vostro collega sia meno sadico del vostro professore? Credete che rifiutandovi di accettare le regole il vostro datore di lavoro vi batterà le mani apprezzando il vostro senso critico? No, sarete purgati senza pietà per molto meno e allora è il caso che ne prendiate atto proprio ora che è l’ultimo momento in cui siete adolescenti”. E allora ha ragione il ministro Giuseppe Valditara a non accettare questo tipo di contestazione e a stabilire per legge che chi si rifiuta di sostenere l’esame di maturità venga bocciato. Accettare di promuovere uno studente che si rifiuta di sostenere l’esame di maturità significa delegittimare la scuola, non accettare il sistema delle regole che sovraintendono non solo alla scuola ma a tutti i settori della società, significa ancora una volta non fare i genitori e i maestri che hanno invece il dovere di insegnare ai loro figli e ai loro studenti che i propri obiettivi si si conquistano e si raggiungono nel rispetto delle regole. Significa continuare con quella forma di lassismo nella scuola, nell’università, nella cultura, che, qui ci vuole davvero una sana autocritica, abbiamo inaugurato noi nei Sessantotto con il 18 politico, il 36 per tutti alla maturità, l’abolizione dell’esame individuale.

Il risultato è stato quello di assistere ad uno scadimento generale del livello culturale del Paese, vedere somari in cattedra nelle scuole, incompetenti salire in cattedra all’università, avvocati riempire le loro arringhe di un cumulo di errori di grammatica, geometri e ingegneri non essere in grado di redigere una decente relazione tecnica. Bene, se vogliamo che il livello culturale del nostro Paese scenda a livelli ancora più bassi aggiungiamo quest’altra picconata del rifiuto degli esami di maturità e la frittata di una scuola che licenzi ignoranti e incompetenti è bell’e fatta.

Aggiornato il 14 luglio 2025 alle ore 10:59