Ex agente dei Servizi: “Io in carcere ingiustamente”

La denuncia: “Adesso la mia vita è a rischio”

È un appello accorato quello lanciato con un video diffuso tramite i suoi profili social da Riccardo Sindoca, ex agente dei Servizi segreti del controspionaggio della rete Otan/Nato, come egli stesso si definisce, prossimo ad essere tradotto in carcere per scontare una condanna definitiva per il reato di calunnia nell’ambito dell’affaire Safond-Martini, gruppo finito al centro di un maxi scandalo ambientale che qualche anno fa ha letteralmente scosso l’alto vicentino. Proprio in virtù di una denuncia presentata nel 2017 presso la Procura della Repubblica di Vicenza nella veste di consulente d’impresa della Safond, hanno avuto origine i guai giudiziari che hanno coinvolto Riccardo Sindoca, arrestato e processato per direttissima prima per detenzione di tesserini considerati falsi, sebbene regolarmente emessi da enti o corpi di cui l’ex agente sostiene di aver fatto parte, accusa, questa, che ha comportato per Sindoca una condanna definitiva pari a un anno e sette mesi, poi, ancora, per reato di calunnia nei confronti di alcuni membri della Guardia di Finanza vicentina, con conseguente condanna definitiva a quattro anni e sei mesi di reclusione.

Proprio gli effetti di tale ultima condanna determineranno per Sindoca l’apertura delle porte del carcere, condizione, questa, che non lascia ben sperare l’ex agente dei servizi di intelligence, ora più che mai convinto che il suo prossimo status di detenuto possa rappresentare un vero e proprio invito a nozze per chi volesse, per ragioni legate al suo passato, attentare alla sua vita. “Il fatto che quando entrerò in carcere la mia vita sarà a rischio è un certezza”, fa sapere Sindoca, aggiungendo peraltro di essere già sfuggito in passato a un agguato subito presso la sua abitazione di Villa del Conte, nel padovano, tesogli con ogni probabilità con l’intento di “liquidarlo”. Su un’altra questione, infine, Riccardo Sindoca intende fare chiarezza prima di varcare le porte del carcere: “Mi appresto ad essere ingiustamente trasferito in carcere con in testa soltanto la voglia di riabbracciare i miei cari, mia moglie e il mio figlioletto di appena dieci anni. Temo per il loro futuro, e temo per la mia vita, per cui, si sappia, non ho alcuna intenzione di porvi fine in maniera volontaria. Pertanto, qualunque cosa dovesse accadere nella cella del penitenziario dove sarò mio malgrado trasferito già nelle prossime ore non potrà in alcun modo essere ascrivibile alla voce suicidio”.

Aggiornato il 07 luglio 2025 alle ore 11:36