venerdì 27 giugno 2025
La scorsa settimana si sono svolti gli esami scritti della maturità, l’esame finale con cui si consegue il diploma di scuola secondaria superiore.
Una delle tracce proposte per la prova di italiano propone una riflessione sulla parola rispetto, parola dell’anno 2024 secondo la Treccani.
La tematica del rispetto è stata scelta da oltre il 40 per cento dei 524mila maturandi del 2025, nella vasta offerta proposta per la prima prova prevista, che constava in tutto di 7 tracce. Un argomento, a quanto pare, molto sentito dalla generazione dei giovani maturandi, dato che ha spopolato in tutti i tipi di percorsi scolastici con anche qualche sorpresa. Se nei licei ha avuto il 39,3 per cento delle preferenze, nei professionali è stato scelto addirittura dal 45,7 per cento degli studenti. O forse è stato solo il tema ritenuto più semplice e facile da svolgere, dato che la prova dell’analisi del testo letterario sul “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa ha suscitato l’interesse di appena il 2,3 per cento dei ragazzi?
Il dubbio potrebbe essere ragionevole e legittimo, nella misura in cui ci è ben noto il fatto che il rispetto è un valore che non pare essere in cima al setting valoriale di gran parte del paese, e quindi l’idea di proporre ai giovani, che sono il futuro di questo sgangherato paese, parlare di rispetto, è davvero un’iniziativa lodevole da un lato, quasi ardita dall’altro. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, in un’intervista, ha dichiarato che si tratta un tema fondamentale nei percorsi formativi ed educativi degli studenti. Generazioni allevate al rispetto proprio e altrui sono decisamente migliori di generazioni prive della capacità di mettere in relazione diritti e doveri, rispetto, responsabilità e libertà.
Proporre una riflessione articolata sul rispetto, quindi, dovrebbe dare come risultato la possibilità di comprendere bene il grado di maturità di chi ne parla, dovrebbe e potrebbe essere indice sintomatico del valore che questa parola ha per i giovani che una volta superati gli esami e concluso il ciclo scolastico obbligatorio, si affacciano al mondo adulto.
Tuttavia, se dal ministero si pone l’accento sul valore civico del rispetto, sulla funzione collettiva dell’esercizio del valore del rispetto (i valori, lo ricordiamo, per essere realizzati prevedono competenze, cioè bisogna imparare a rispettare, il che prevede la realizzazione di azioni concrete), da liberali possiamo affrontare la questione da un altro punto di vista.
L’individualismo metodologico, tipico della cultura liberale classica, ci dice che esistono solo gli individui, mentre le strutture collettive di fatto non esistono. Come affermava il professor Antiseri a lezione, le strutture collettive non mangiano, bevono e dormono, sono gli individui che vivono e quindi sono gli individui che agiscono, per cui un risultato “collettivo” è, e può essere solo, la somma dei comportamenti individuali. Quindi, maggiore sarà il grado di rispetto esercitato dagli individui, maggiore sarà il rispetto che si registrerà in quel dato momento storico in quel certo gruppo di individui che i collettivisti amano chiamare, convenzionalmente, società.
Ma qual è il valore liberale del rispetto? La libertà liberale è l’assenza di coercizione, e dunque il rispetto dell’ambito di esercizio di libertà dell’altro.
La mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro e viceversa, rispettare tale spazio di libertà, esercitare dunque la competenza di rispettare ̶̶̶̶̶ o far rispettare ̶̶̶̶̶ lo spazio di esercizio dell’individualità altrui ̶̶̶̶̶ e/o propria ̶̶̶̶̶ consente di concretizzare il raggiungimento del maggior grado di libertà – liberale ̶̶̶̶̶ altrui (o propria).
Il rispetto, in relazione alla libertà non è funzionale tanto all’ampliamento della propria sfera di libertà (ne è una conseguenza), quanto piuttosto alla delimitazione dell’arbitrarietà altrui ad impossessarsi di sfere di libertà che ci sono proprie. Lo sanno bene i ragazzi, questo concetto. Lo apprendono, quasi istintivamente quando ad un certo punto iniziano a chiudersi in camera, dove nessuno può entrare senza permesso, dove vogliono poter fare quello che voglio senza il controllo degli adulti. Così cominciano a delimitare i propri spazi, a chiedere autonomia e a escludere i propri genitori da una parte della loro vita quotidiana. Chiedono rispetto, delimitano le aree della propria libertà ed assaggiano i primi bocconi di vita da grandi.
Se questo modo di relazionarsi nel tempo e nello spazio familiare, consente loro di apprendere ed esercitare la libertà quale forma concreta di comportamento “adulto”, nel senso di consapevole, altrettanto purtroppo non accade quando esercitano il loro ruolo di appartenenti alla community virtuale dei social, in cui sembrano totalmente incapaci di definire un proprio spazio di libertà, ossia di assenza di coercizione da parte degli altri, e di riconoscerne e concederne agli altri, quanto meno altrettanta. Se a casa si invoca il diritto di avere la propria stanza, il proprio spazio autonomo dal controllo esterno, nel gruppo dei pari si annulla tutto, ed il risultato del gruppo o del branco diventa più importante di quello individuale. Tutto viene condiviso, anche a costo di violare i propri valori più profondi, al prezzo, molto alto, del sacrificio della propria libertà individuale quale misura del rispetto personale.
Auspichiamo dunque che almeno quel 40 per cento di maturandi, abbia ben compreso come rispetto, responsabilità e libertà vadano a braccetto e senza la responsabilità di rispettare la libertà altrui e di far rispettare la propria, si vive peggio.
(*) Leggi il Taccuino liberale #1, #2, #3, #4, #5, #6, #7, #8, #9, #10, #11, #12, #13, #14, #15, #16, #17, #18, #19, #20, #21, #22, #23, #24, #25, #26, #27, #28, #29, #30, #31, #32, #33, #34, #35, #36, #37, #38, #39, #40, #41, #42, #43, #44
di Elvira Cerritelli