
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Si è riusciti a fissare un’udienza post mortem per un imputato. Per quanto forse non sia la prima volta, questa notizia ha fatto stavolta rumore perché l’imputato è il defunto ex criminale Graziano Mesina, scomparso il 12 aprile scorso a 83 anni. La data sul calendario per l’udienza è l’11 giugno, ma lo storico volto del banditismo sardo, è morto il mese scorso all’ospedale San Paolo di Milano, dov’era ricoverato in regime di arresti domiciliari. Eppure, il Tribunale di sorveglianza del capoluogo lombardo ha comunicato in queste ore alle sue legali – le avvocate Maria Luisa Vernier e Beatrice Goddi – la convocazione per decidere sul differimento della pena per gravi motivi di salute. Un’udienza che arriva fuori tempo massimo e che apre nuovi interrogativi sull’operato della giustizia. “Ci hanno comunicato l’udienza di differimento poche ore fa – conferma all’Ansa l’avvocata Vernier – La cosa strana è che nell’avviso c’è scritto che Mesina è deceduto il 12 aprile ma poi si dice che l’imputato può essere presente in aula, per questo non capiamo il motivo dell’avviso: visto il decesso del nostro assistito l’udienza poteva essere soppressa”, dice giustamente l’avvocata. Un paradosso burocratico che si somma, secondo le legali, a una gestione opaca del caso fin dall’inizio del peggioramento delle condizioni cliniche di Mesina.
Il 14 febbraio, giorno del ricovero in ospedale, avrebbe dovuto rappresentare il punto di svolta per un intervento urgente. Invece, come sottolineano Vernier e Goddi, le richieste di rinvio pena per motivi di salute sono rimaste lettera morta. “Noi – spiega l’avvocata – nel corso del tempo abbiamo presentato sette istanze al magistrato di sorveglianza per il differimento della pena per gravi motivi di salute. La procedura prevede che il magistrato, quando rigetta, trasmetta gli atti al Tribunale di sorveglianza, che poi decide collegialmente”. In questo caso, però, il trasferimento degli atti è avvenuto solo dopo l’ennesimo rigetto, senza che venisse mai disposta una perizia medico-legale. Una possibilità che i giudici avevano, ma che non è stata percorsa. Anche la richiesta di anticipare l’udienza – avanzata dalle difensore quando le condizioni di Mesina si sono ulteriormente aggravate – è rimasta senza risposta.
Ora, con la comunicazione dell’udienza post mortem, le legali si diconono pronte a riaprire il fronte legale. “Adesso però c’è questa convocazione e siamo pronte – annuncia la legale – a presentare delle memorie in cui verranno messe in evidenza le nostre richieste di differimento. Abbiamo fatto richiesta delle cartelle cliniche e dell’intera documentazione sanitaria, poi – precisa – valuteremo cosa fare con i familiari”. La vicenda di Graziano Mesina, già nell’immaginario collettivo per via delle sue fughe, arresti e condanne, potrebbe ora diventare anche l’emblema (ennesimo) della mala giustizia italiana, scollegata dalla realtà e incapace di rispondere in tempo a situazioni di evidente emergenza umana.
Aggiornato il 23 maggio 2025 alle ore 16:20