
Il Media Freedom Report denuncia rischi per l’informazione libera in Italia, ma dimentica che la vera minaccia nasce dalle sue logiche centralizzatrici.
Il Media Freedom Report 2025, pubblicato il mese scorso dalla Civil Liberties Union for Europe, ha riacceso i riflettori sullo stato della libertà di stampa in Europa, con particolare riferimento all’Italia.
Il nostro Paese è stato collocato tra quelli “a rischio” per il pluralismo informativo: le principali criticità indicate riguardano la gestione politica della Rai, l’abuso di querele per mettere a tacere i giornalisti, la concentrazione della proprietà editoriale e la scarsa trasparenza nei finanziamenti ai media. A preoccupare è anche l’atteggiamento del governo italiano verso il nuovo regolamento europeo per i media, il European Media Freedom Act, che mira a rafforzare la supervisione pubblica e a regolamentare governance e indipendenza.
L’impalcatura del rapporto poggia su una visione che, pur presentandosi come difesa della libertà, si traduce in una sofisticata forma di controllo. Dietro l’intento di garantire pluralismo e indipendenza si cela l’idea che la libertà d’informazione debba essere amministrata, regolata e certificata da autorità pubbliche. È un ribaltamento concettuale: si parte da una preoccupazione legittima e si approda a soluzioni che rafforzano il potere centrale, perpetuando la dipendenza dei media da logiche politiche e istituzionali.
Un caso recente rafforza questa lettura. Il giornalista Tommaso Cerno, direttore de Il Tempo ed ex parlamentare, è stato escluso dalle audizioni del Parlamento Europeo sullo stato del diritto e la libertà di stampa in Italia. Invitato come relatore dal gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, la sua partecipazione è stata bloccata con motivazioni pretestuose, suscitando l’accusa di censura ideologica. Cerno ha parlato di “unico fascismo rimasto in Italia”, quello esercitato da chi pretende di decidere chi può e chi non può parlare, rivelando come l’invocazione di pluralismo si traduca spesso nella soppressione di voci scomode.
La situazione italiana, che il rapporto denuncia, è in larga parte frutto dell’interventismo che si vorrebbe ora intensificare. Vi è infatti che la Rai è una televisione pubblica i cui vertici sono decisi dal governo. Molti giornali, inoltre, ricevono contributi statali, mentre la pubblicità pubblica segue logiche opache. L’accesso all’etere, alle frequenze e alle piattaforme digitali, poi, dipende da concessioni amministrative. Aggiungasi ancora che la burocrazia che circonda il settore dell’informazione costituisce una barriera all’ingresso per nuovi operatori, rendendo difficile l’affermazione di voci autonome, libere da condizionamenti.
In argomento, Ludwig von Mises ha scritto: “La libertà di stampa è un puro inganno se l’autorità controlla tutti gli uffici stampa e le cartiere. E così sono tutti gli altri diritti dell’uomo”, lasciando intravedere come il controllo materiale sia spesso più insidioso di quello esplicito: anche quando si proclama la libertà, se gli strumenti per esercitarla sono monopolizzati o concessi a discrezione, essa diventa illusoria.
A sua volta, Friedrich A. von Hayek ha osservato: “Chi controlla i mezzi di produzione determina anche quali fini devono essere perseguiti. (…) Dove il controllo materiale è nelle mani dell’autorità, non può esserci vera libertà di pensiero”. Questo principio vale anche per l’informazione: lì dove lo Stato è editore, regolatore, finanziatore e garante, è inevitabile che l’autonomia si riduca a una finzione.
La tanto denunciata concentrazione editoriale non è pertanto una conseguenza della libera concorrenza, bensì dell’ambiente normativo che favorisce chi è già dentro il sistema. Le nuove testate, soprattutto se non allineate al pensiero dominante, incontrano ostacoli economici e amministrativi che le rendono marginali. Le testate maggiori, già strutturate, godono di una posizione privilegiata: accedono più facilmente alla pubblicità pubblica, ai contributi, alle reti di distribuzione e agli spazi di visibilità. In questo contesto, non sorprende che il pluralismo sia più proclamato che vissuto.
I sussidi pubblici, nati per “sostenere la libertà”, finiscono per selezionarla. Chi ottiene fondi, sopravvive; chi ne è escluso, viene spinto fuori dal mercato. Si crea un sistema informativo formalmente pluralista, ma sostanzialmente omologato. Non si premia la qualità, l’innovazione o la capacità di conquistare lettori, ma la vicinanza ai criteri richiesti per ottenere finanziamenti e visibilità. Così, l’indipendenza cede il passo alla conformità.
Alla luce di quanto evidenziato, è innegabile che la vera alternativa non sia più regolazione, ma più libertà. Un mercato aperto, senza licenze arbitrarie, contributi selettivi e controlli preventivi, è la condizione necessaria per far emergere voci nuove e indipendenti. Occorre restituire agli individui la capacità di informare e informarsi senza dover passare dal vaglio dell'autorità. Solo in un contesto realmente competitivo è possibile che la qualità prevalga, che la diversità trovi spazio e che la critica al potere non sia subordinata a criteri politici.
Un’informazione davvero libera non ha bisogno di tutele, ma di indipendenza. Dove vi è concorrenza tra idee e strumenti per esprimerle, non c’è bisogno di bilanciamenti imposti dall’alto. L’autonomia si costruisce quando chi informa non dipende da chi governa, e chi legge o ascolta può scegliere tra più voci, senza che qualcuna venga silenziata in nome dell'equilibrio.
In conclusione, il Media Freedom Report coglie sintomi veri ma propone cure sbagliate. Non è nella regolazione che si trova la soluzione, ma nella rinuncia del potere a dirigere la verità.
Una società libera ha bisogno di una stampa che non solo esista, ma possa scegliere quando, come e perché parlare. Una stampa che risponda solo ai propri lettori, non ai parametri di conformità dettati dalle istituzioni. Solo lì dove la libertà è esercitabile anche contro il potere, esiste un pluralismo autentico. Il resto è una coreografia sotto sorveglianza.
Aggiornato il 16 maggio 2025 alle ore 10:06