Pizzaballa: la scalata dell’outsider

Il tempo dell’attesa è ufficialmente terminato. Tra poche ore i porporati riuniti in Conclave decreteranno il nome del successore di Francesco. I papabili con maggiori chances di ascendere al soglio di Pietro restano sempre due: il segretario di Stato Pietro Parolin e il cardinale filippino Luis Antonio Tagle. Leggermente più defilati, ma comunque ancora in lizza per la corsa al pontificato sono poi il cardinale ghanese Peter Turkson, il presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, il cardinale maltese Mario Grech, l’arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline, e, infine, momentaneamente più staccati, si trovano i “ratzingeriani” di ferro, l’arcivescovo di Budapest Péter Erdő e il cardinale guineano Robert Sarah. Più o meno i soliti noti, insomma. Tra questi, una menzione a parte la merita l’attuale patriarca di Gerusalemme dei latini Pierbattista Pizzaballa. Al pari dei nomi sopra citati, anche quello del cardinale italiano figura già da diversi giorni nella lista dei papabili, sebbene con quotazioni sensibilmente più basse rispetto ai grandi favoriti della vigilia.

Nelle ultimissime ore, tuttavia, qualcosa sembrerebbe essere cambiato. L’autorevolezza del patriarca di Gerusalemme, unitamente alla sua profonda conoscenza degli equilibri vigenti in Terra Santa e alle sue comprovate capacità di dialogo con israeliani e palestinesi hanno notevolmente contribuito a far lievitare le sue quotazioni, anche e soprattutto in un’ottica di pace e di stabilità nella martoriata regione mediorientale. Non solo. Perché nel corso della sua duratura esperienza in Terra Santa, il cardinale Pizzaballa è riuscito, anche grazie alla sua disciplina e al suo rigore, nella non semplice impresa di ripianare il gigantesco debito che era stato accumulato dai suoi predecessori per realizzare l’Università di Madaba. In quello specifico frangente, la sua gestione fu caratterizzata da scelte assai difficili, ma comunque alquanto efficaci, che hanno consentito di ridurre il debito precedentemente accumulato di circa il 60 per cento. Alla prospettiva di promuovere un dialogo interreligioso in Terra Santa, e a quella di ripianare i tanti debiti accumulati negli anni dalla Santa Sede, si somma inoltre una solida preparazione teologica e una notevole statura diplomatica, tutte doti che fanno oggi di Pizzaballa un candidato serio, credibile e autorevole. Il patriarca di Gerusalemme non è certo quello che si dice un conservatore in senso stretto, eppure rispetta la tradizione. E non è neppure un progressista radicale, anche se ha spesso mostrato ampie aperture sui vari temi, in primis in campo pastorale.

Insomma, Pierbattista Pizzaballa sembrerebbe possedere tutte le carte in regola per ascendere al soglio pontificio, trattandosi di un profilo moderato, autorevole, rigoroso, solido teologicamente, relativamente giovane, ma con una significativa esperienza internazionale. Certo, dalla sua non giocano né l’età (il cardinale ha appena compiuto 60 anni), né tantomeno la scarsa “presenza” negli ambienti della Curia romana. Una condizione che, per molti versi, ricorda quella di un certo Karol Wojtyła nel lontano 1978, allorquando l’allora 58enne cardinale polacco ascese al soglio di Pietro con il nome di Giovanni Paolo II. I presupposti affinché il patriarca di Gerusalemme dei latini possa ambire al papato ci sono pertanto tutti. Lui ci crede. E adesso ci credono anche i principali bookmaker, che nelle ultime ore hanno praticamente dimezzato le quote scommesse sulla candidatura di Pizzaballa. Sarà soltanto il frutto di una coincidenza, oppure veramente il cardinale italiano può finire in cima alla lista dei papabili?

Aggiornato il 07 maggio 2025 alle ore 09:35